Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30751 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30751 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/11/2025
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4.11.2025 dal Consigliere
18.09.2024, NNUMERO_DOCUMENTO; dott.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento RAGIONE_SOCIALE domande proposte da NOME COGNOME (dirigente di prima fascia a tempo indeterminato e Direttore Generale di ruolo del RAGIONE_SOCIALE), ha dichiarato cessata la materia del contendere riguardo alla richiesta di condanna al pagamento della retribuzione di risultato dell’anno 2012 ; ha condannato il RAGIONE_SOCIALE a versare al COGNOME quanto maturato a titolo di retribuzione di risultato per l’anno 2013 ; ha dichia rato l’illegittimità del provvedimento di conferimento di incarico di studio e ricerca, nonché il diritto di NOME COGNOME COGNOME conferimento di incarico gestionale di Direzione Generale dal 8.2.2014 ed ha condannato l’Amministrazione al conferimento di ta le ultima tipologia di incarico, nonché al risarcimento del danno, quantificato in euro 228.227,60 in favore del COGNOMECOGNOME
NOME COGNOME aveva chiesto, altresì, il pagamento della retribuzione di risultato non corrisposta per l’anno 2014 e l’accertamento del carattere mobbizzante RAGIONE_SOCIALE condotte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della dequalificazione professionale subite dal 2011.
La Corte di Appello di Roma, respinto l’appello incidentale proposto dal COGNOME avverso tale sentenza ed in accoglimento dell’appello principale proposto dal RAGIONE_SOCIALE, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato anche nel resto il ricorso di primo grado proposto dal COGNOME.
La Corte territoriale ha evidenziato che il COGNOME dal 1.2.2012 aveva ricoperto, su propria disponibilità, l’incarico di componente del Comitato RAGIONE_SOCIALE presso la RAGIONE_SOCIALE, optando per il fuori ruolo presso il RAGIONE_SOCIALE e rinunciando all’incarico di direttore generale ivi ricoperto; ha inoltre rilevato che, essendo venuti meno tutti gli incarichi dirigenziali per effetto
della riorganizzazione ministeriale imposta anche dalle modifiche introdotte dall’art. 2 del d.l. n. 95/2012, convertito dalla legge n. 135/2012, il RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto ad interpello per il conferimento di incarichi di livello generale.
Considerato che rispetto ai posti di direttore generale da lui richiesti erano stati ritenuti maggiormente idonei altri candidati, anch’essi dirigenti di prima fascia in servizio presso il RAGIONE_SOCIALE, era stata proposta al COGNOME la sua permanenza fuori ruolo presso la presidenza del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE o l’attribuzione di un incarico di studio.
Ha osservato che il COGNOME era rimasto fuori ruolo fino al 2015 per sua scelta, non avendo il medesimo accettato l’incarico di studio che gli era stato offerto; ha rilevato che le censure rispetto all’interpello avevano riguardato posizioni non richieste dal COGNOME o da lui non accettate in quanto di studio, essendo poi pacifico che nel 2015 gli erano state attribuite posizioni a lui gradite.
Con sentenza n. 25115/2024 questa Corte ha rigettato il ricorso per cassazione proposto avverso tale sentenza da NOME COGNOME.
La revocazione della pronuncia è stata domandata da NOME COGNOME sulla base di un unico motivo.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo il ricorso denuncia l’errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ.
Evidenzia che il ricorrente fin dal ricorso di primo grado aveva dedotto di non avere mai ricevuto proposte di incarico nell’ambito della riorganizzazione del RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2014 .
Lamenta che le pronunce di merito e quella di legittimità avevano erroneamente ritenuto che detto incarico fosse stato proposto e conferito.
Addebita alla Suprema Corte di avere fondato il proprio convincimento, riguardante la fungibilità degli incarichi, su un documento inesistente; sostiene che la decisione impugnata è stata il frutto di un’erronea supposizione.
Precisa che in assenza del conferimento di un incarico di qualsivoglia tipologia, la Suprema Corte non avrebbe potuto valutare la ‘consistenza’ ed il peso degli incarichi qualificati come fungibili dal giudice di appello.
2. Il ricorso è inammissibile.
L’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato.
L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni RAGIONE_SOCIALE stesso fatto, RAGIONE_SOCIALE quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio formatosi sulla base di apposita valutazione (Cass. n. 442/2018).
L’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la RAGIONE_SOCIALE può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e RAGIONE_SOCIALE questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. n. 26643/2018).
Nel caso di specie la Suprema Corte non è incorsa in alcuna svista, né ha supposto la sussistenza di un fatto decisivo che non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato.
Dall’ordinanza n. 25115/2024 di questa Corte risulta infatti che nell’ambito del primo e del quarto motivo di ricorso, il COGNOME aveva dedotto che in esito
all’interpello non gli era stato proposto alcun incarico di studio ; tali deduzioni sono state oggetto di valutazione da parte dell’ordinanza impugnata.
L’ordinanza n. 25115/2024 di questa Corte ha infatti ritenuto generico ed inammissibile, in quanto ‘tale da involgere un giudizio di fatto del tutto sommariamente veicolato’, l’inciso formulato nell’ambito del primo motivo di ricorso (rubricato con riferimento alla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ.), con cui il COGNOME aveva affermato puramente e semplicemente che l’incarico di studio in esito all’interpello non sarebbe mai stato formalmente proposto.
La medesima ordinanza ha ritenuto generico per le stesse ragioni il richiamo alla mancanza di un’offerta dell’incarico di studio contenuto nella quarta censura, con cui era stata denunciata , ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. dell’art. 20 del CCNL di area e della legge n. 241/1990, anche in relazione all’art. 97 Cost., sul presupposto che la Corte territoriale ave sse travisato la doman da, incentrata sull’omessa proposta e attribuzione di alcun incarico al COGNOME in esito alla riorganizzazione del 2014, con omesso riscontro RAGIONE_SOCIALE manifestazioni di interesse inoltrate ed omessa comparazione tra i profili dei candidati risultati affida tari di incarichi in esito all’interpello.
Ha rilevato che la Corte territoriale aveva ritenuto non proposta la domanda riguardante la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di correttezza, imparzialità e trasparenza nell’operato della PRAGIONE_SOCIALE. ed ha evidenziato che il ricorso difettava sul punto di specificità, non avendo il ricorrente assolto agli oneri previsti dall’art. 366 cod. proc. civ. in quanto si era limitato a trascrivere numerose pagine del ricorso di primo grado senza individuare i profili di replica alla motivazione della sentenza di appello; ha, pertanto, ritenuto inconferenti i richiami a violazioni di regole sulla motivazione, sugli obblighi procedurali, nonché il riferimento all’art. 20 del CCNL, non assistito da alcuna precisa spiegazione, ma sostanzialmente sviluppato con la mera trascrizione del testo della norma contrattuale.
In ragione della ritenuta genericità RAGIONE_SOCIALE deduzioni secondo cui al COGNOME non era stato proposto alcun incarico all’esito dell’interpello, questa Corte ha ritenuto che i fatti come accertati dalla Corte territoriale non potessero essere
messi in discussione ed ha pertanto rilevato che il ricorso per cassazione aveva finito per non prendere posizione sul punto centrale dell’argomentazione giuridica svolta dal giudice di appello, costituito dall’assenza di un diritto all’assegnazione di certi incarichi dirigenziali (generali) in luogo di altri (di studio), a fronte della loro fungibilità normativa di essi.
Il preteso errore nel quale la Corte sarebbe incorsa (mancato rilievo dell’ omesso conferimento di un incarico di studio) non presenta alcuno dei requisiti richiesti dall’art. 395 cod. proc. civ. , non essendo detto errore interno al solo giudizio di cassazione (lo stesso ricorrente afferma che prima ancora nell’errore era incorso il giudice di appello) , e riguardando non un fatto incontrovertibile ed incontestato, ma una questione oggetto di discussione tra le parti, come reso evidente dal tenore RAGIONE_SOCIALE difese dell’Avvocatura e dalla sentenza di appello, nella quale si legge che l’incarico di studio era stato offerto al COGNOME all’esito della riorganizzazione del RAGIONE_SOCIALE, che lo aveva ritenuto dequalificante ed aveva di conseguenza optato per la prosecuzione del fuori ruolo.
Il preteso errore si riferisce dunque al l’accertamento di un fatto controverso, circostanza, questa, che esclude in radice la possibilità di configurare un errore revocatorio.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Nessuna pronuncia va adottata sulle spese di lite, in quanto il RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
A i sensi dell’art. 13 , comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, d ell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 -bis , RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13.
P. Q. M.
La Corte dichiara l’inammissibilità de l ricorso;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il 4 novembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME