Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1775 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1775 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7876/2021 R.G. proposto da :
FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE,RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
COMUNE DI COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 72/2021 depositata il 14/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/01/2025 dal Consigliere dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Sulmona accolse parzialmente la domanda della sRAGIONE_SOCIALE condannando il Comune di Corfinio al pagamento dell’importo di euro 19.250,00, per aver intrapreso un procedimento amministrativo volto all’accertamento della natura demaniale di un terreno appartenente all’attrice, senza che a quest’ultima ciò fosse comunicato .
La predetta decisione era gravata dall’amministrazione comunale di Corfinio . L’appellata resisteva e con sentenza n. 72 del 14 gennaio 2021 l a Corte d’appello dell’Aquila riformava la pronunzia del Tribunale, rigettando la domanda della società, nel frattempo fallita.
Sostenevano i giudici di secondo grado che, pur essendo pacifico che la RAGIONE_SOCIALE fosse intestataria catastale dei terreni in questione, senza che il Comune rendesse noto l’inizio del procedimento , la società non aveva fornito adeguata prova del danno subito e del nesso causale con la condotta.
Il Fallimento della società di fatto tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore, ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di tre motivi. Ha resistito con controricorso il Comune di Corfinio.
In prossimità dell’adunanza camerale, entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con la prima doglianza, proposta ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 291 c.p.c., giacché la Corte d’appello avrebbe erroneamente dato atto che, dopo l’interruzione della causa ed a fronte della rituale notifica del ricorso, il Fallimento era rimasto contumace, mentre in realtà
la Curatela si era costituita con comparsa del 29 settembre 2020, eccependo l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza del gravame, oltre che l’estinzione del giudizio per tardività della riassunzione . L’errore si era riflesso sull’esito della causa , giacché aveva impedito di esaminare la predetta eccezione che, ove accolta, avrebbe comportato la dichiarazione di estinzione.
Il motivo è inammissibile.
Il Fallimento ricorrente fa valere un’anomalia processuale che costituisce un caso scolastico di errore revocatorio. Si assume, realmente, che la Corte d’appello abbia dato per certa la mancata costituzione della Curatela -dichiarandone così la contumacia -laddove essa si era invece costituita, depositando la rituale memoria nei termini. La presenza di quest’ultimo documento nel fascicolo (telematico) d’ufficio determina il fatto che il giudice non ha correttamente esaminato gli atti di causa, i quali, ove invece verificati esattamente, lo avrebbero condotto a non dichiarare la contumacia.
Ricorrono in definitiva tutte le condizioni per ritenere la sussistenza di un errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, il quale presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Sez. 2, n. 16439 del 10 giugno 2021).
Il vizio in parola avrebbe dunque dovuto essere denunciato con un ricorso per revocazione, posto che l’omesso esame di atti difensivi della parte, nei cui confronti si sia regolarmente instaurato il contraddittorio, è riconducibile nell’ area dell’ errore di fatto, denunciabile con l’impugnazione per revocazione, ai
sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., quando si traduca in omissione di pronuncia su domande od eccezioni della parte medesima (Sez. 1, n. 3137 del 30 marzo 1994).
Attraverso la seconda censura, proposta anch’essa ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., il Fallimento deduce la violazione dell’art. 307 c.p.c.
I giudici di secondo grado avrebbero dovuto dichiarare d’ufficio l’estinzione del giudizio per la mancata riassunzione della causa nel termine di tre mesi previsto per legge.
Con il terzo mezzo di impugnazione, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 305 c.p.c. e 43 l.f., in relazione agli artt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.
L’intervenuta estinzione avrebbe dovuto essere accertata in forza della tardiva riassunzione, giacché il termine a quo doveva iniziare a decorrere dal momento in cui controparte ne avesse avuto conoscenza effettiva, a prescindere da quella legale.
I due motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente per la loro connessione logica, sono infondati.
In tal senso, il Collegio ritiene di aderire all’opinione delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali – componendo un precedente contrasto – hanno recentemente sostenuto che, in caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza, ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario (Sez. U. n. 12154 del 7 maggio 2021).
Traendo spunto da tale pronunzia, si deve dunque affermare che il termine a quo per la riassunzione decorre dal momento in cui il procuratore della parte ne venga a legale conoscenza, secondo quanto la costante giurisprudenza
successiva a tale pronunzia è andata predicando (Sez. 3, n. 322 del 5 gennaio 2024; Sez. 1, n. 15004 del 29 maggio 2024; Sez. 1, n. 18285 del 4 luglio 2024).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite, come liquidate in dispositivo.
Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il Fallimento della società di fatto tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in persona de Curatore, è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione civile, rigetta il ricorso.
Condanna il Fallimento della società di fatto tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore, al pagamento delle spese processuali a favore del Comune di Corfinio , liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 5.000 (cinquemila) per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2025, nella camera di consiglio delle Seconda