Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21195 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21195 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26526/2024 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 23318/2024 depositata il 29/08/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Parte ricorrente chiede la revocazione della ordinanza di questa Corte 23.3.18 del 24 (che aveva cassato la sentenza impugnata emessa dalla corte d’appello di Catanzaro di annullamento di licenziamento disciplinare irrogatogli e di reintegrazione nel posto di lavoro).
Nel ricorso per revocazione, il lavoratore deduce che la sentenza avrebbe trascurato l’assenza dell’attestato di ruolo dell’avvocato che rappresentava la banca datrice di lavoro, ciò che escluderebbe la sua riconducibilità ai soggetti destinatari dei poteri di firma e dunque ai soggetti investiti del potere rappresentativo della banca. Resiste la banca con controricorso. Le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Non sussistono i presupposti della richiesta revocazione.
L’errore di fatto prospettato a fondamento del ricorso afferisce all’ipotesi di cui all’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., inteso come errore di percezione, o mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa.
Tuttavia, ai fini della configurabilità della fattispecie denunciata l’errore deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, io sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di sussunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo (cfr, ex plurimis, Cass. civ. sentt. nn. 13915 del 2005 e 2425 dei 2006, v. anche Cass. civ. SS,UU. sent. n. 9882 del 2001). 6. Nel caso in esame, in realtà il fatto dedotto dalla parte oggi ricorrente non costituisce un fatto trascurato dalla Corte, perché la Corte ha valutato la legittimazione dell’avvocato, rappresentante validamente l’istituto sotto ogni profilo.
Come si rileva nella sentenza qui impugnata, la parte aveva in origine eccepito direttamente il difetto di procura sotto l’unico profilo del difetto di potere sostanziale in capo al deliberante con funzione legale in materia di rapporti di lavoro, dicendo di voler tenere in disparte la distinta tematica della pretesa mancanza dell’attestato di ruolo; tale questione era stata quindi sollevata solo nella memoria conclusiva.
In tale contesto, la Corte nella pronuncia oggi impugnata ha detto che ‘non può trovare ingresso ogni altra questione, pur agitata nella memoria’, la cui ‘funzione è solo quella di illustrare e chiarire le ragioni già espresse nei rispettivi alti introduttivi e non proporre nuove contestazioni o temi di indagine’.
L’errore revocatorio denunciato quindi non sussiste, non potendo esso coinvolgere l’attività di interpretazione e valutazione del contenuto delle domande ed eccezioni, non essendo idoneo a integrare errore revocatorio l’ipotizzato travisamento di dati giuridico fattuali acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi degli atti di giudizio e dunque mediante attività valutativa, insuscettibili in quanto tale di revocazione quand’anche risulti errata (Cassazione n. 14108 del 2016).
Ne deriva l’inammissibilità del ricorso.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 5.000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 giugno 2025.