Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15665 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14184/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME, come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE, in virtù della delibera della Giunta Comunale n. 190 del 10 luglio 2023, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, posta elettronica certificata EMAIL.
-controricorrente – e contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rapp. p.t.
-intimata- avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 10327/2023 depositata il 18/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.- Con ordinanza n. 10327 pubblicata il 18/04/2023 questa Corte ha rigettato il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. (di seguito, RAGIONE_SOCIALE.) avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 222/2017.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per revocazione ai sensi degli articoli 391 bis e 395, n. 4, c.p.c., deducendo che la decisione sarebbe affetta da «una serie di errori revocatori che la privano di una corretta base logico giuridica e che impongono di procedere al rinnovo dell’esame del merito della controversia.» ed ha depositato memoria.
Il Comune di Trento ha replicato con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
2. -E’ opportuno ricordare che la revocazione ex art. 391 bis c.p.c. è ammissibile solamente per i vizi ex art. 395 c.p.c., primo comma, n. 4, come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare, e che la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione dell’esistenza o inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare; non anche quando, come nella specie, la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata
valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle medesime (v. Cass. n. 20635/2017), idonea ad integrare semmai errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (v. Cass. n. 17179/2020; Cass. n. 20635/2017; Cass. n. 22080/2013; Cass. n. 19071/2012; Cass. n. 14608/2007; Cass. n. 13915/2005).
L’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, non denunciabile con ricorso per revocazione.
-Orbene, nella specie, la ricorrente censura l’impugnata ordinanza denunciando -non errori nella percezione dei fatti, ma -asseriti errore di valutazione con l’intento di provocare un inammissibile riesame del pregresso giudizio di legittimità.
Segnatamente, la ricorrente deduce che l’ordinanza di legittimità – a suo parere -sarebbe viziata in ragione di una serie di circostanze che prospetta come errori revocatori.
Tale assunto va disatteso.
4. -Innanzi tutto, risulta palesemente inammissibile la deduzione di errore revocatorio per avere la Corte di legittimità ritenuto inesistente la rinuncia al collaudo degli automezzi, oggetto del contratto, da parte del Comune di Trento.
In proposito, incontestata la circostanza di fatto costituita dal mancato espletamento di un valido collaudo, espletato cioè conformemente alle regole di cui agli art. 10 del Contratto e 17 del Capitolato Speciale allegato al Contratto di Appalto, va osservato che la qualificazione di tale mancato espletamento come ‘rinuncia’ ascrivibile alla parte contrattuale ‘Comune di Trento’ è una mera
ipotesi illustrata dalla ricorrente, che non ha riscontro in quanto accertato in fase di merito e che è sostenuta da apprezzamento di tipo giuridico sostenuto dalla stessa ricorrente, di guisa che non integra un errore di fatto.
5. -Risulta ugualmente inammissibile la deduzione di errore revocatorio per avere la Corte di legittimità ritenuto esistente il fatto ostativo all’adempimento da parte del Comune, e cioè il collaudo negativo degli automezzi, mentre tale collaudo, sia pure negativo, a parere della ricorrente, non vi era stato.
Anche sotto questo profilo, la censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi , tanto è vero che non trova alcun riscontro nei passaggi testuali dell’ordinanza revocanda riportati in ricorso e nel resto del provvedimento impugnato, l’assunto della ricorrente secondo il quale la Corte di legittimità avrebbe ritenuto esistente ‘il collaudo negativo degli automezzi’ quale fatto ostativo all’adempimento da parte del Comune e su ciò avrebbe fondato il rigetto del ricorso.
Invero, più volte è ribadito nell’ordinanza revocanda – non già che il collaudo ebbe esito ‘negativo’, ma -che il collaudo non venne eseguito secondo modalità e tempistica contrattualmente previste, anche se la circostanza dalla mancata esecuzione del collaudo non è stata ritenuta derimente rispetto alle ragioni fatte valere dall’appaltatrice, in conformità con i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità consolidata.
Segnatamente la Corte ha affermato «10. … Fermo restando quanto si è detto in precedenza relativamente all’indispensabilità del collaudo ai fini dell’accettazione dell’opera, quale atto da cui sorge il diritto dell’appaltatore al pagamento del corrispettivo, si osserva al riguardo che, come più volte ribadito da questa Corte in tema di appalto pubblico, l’Amministrazione committente, in quanto tenuta al rispetto dei canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, non può ritardare sine die le proprie
determinazioni, paralizzando per un tempo indefinito i diritti della controparte: pertanto, nel caso in cui il contratto preveda espressamente un termine per il compimento delle operazioni di collaudo, e lo stesso trascorra senza che sia stato adottato alcun provvedimento, tale comportamento dev’essere considerato equivalente al rifiuto del collaudo e si traduce in un inadempimento della committente, con la conseguenza che l’appaltatore è legittimato ad agire in sede giurisdizionale per ottenere l’accertamento della estinzione della propria obbligazione ed il riconoscimento dei propri diritti, senza necessità di costituire preventivamente in mora l’Amministrazione, né di assegnarle o chiedere che le sia assegnato un termine (cfr. Cass., Sez. I, 27/01/2015, n. 1509; 21/06/2012, n. 10377; 2/02/2001, n. 1494).
Nella specie, l’esistenza del predetto termine non è stata in alcun modo allegata dall’attrice, la quale, d’altronde, per quanto risulta dalla sentenza impugnata, non si è neppure curata di far valere la colpevole inerzia dell’Amministrazione nell’effettuazione delle operazioni di collaudo o nella comunicazione delle conseguenti determinazioni, ma si è limitata a chiedere l’accertamento dell’inesistenza dei difetti riscontrati negli autoveicoli e dell’esito positivo del collaudo. A sua volta, nel rigettare la domanda, la sentenza impugnata non si è limitata a dare atto del giudicato interno formatosi in ordine alla mancata effettuazione delle operazioni di collaudo nelle forme previste dal capitolato speciale d’appalto, ma ha aggiunto che l’appaltatrice non si era in alcun modo attivata per pretenderne il rispetto, avendo soltanto formulato, a giudizio ormai iniziato, l’invito a procedere ad una verifica dei difetti, in forme diverse da quelle prescritte. E’ rimasto d’altronde accertato, sia pure ai fini della dichiarazione d’illegittimità della risoluzione di diritto, che gli automezzi consegnati necessitavano effettivamente di modifiche ed interventi correttivi, per la cui effettuazione le parti avevano concordato un
differimento del termine fissato per la consegna, in tal modo rinviando anche il compimento delle operazioni di collaudo, il cui ritardo non avrebbe quindi potuto essere considerato imputabile ad un rifiuto o alla colpevole inerzia del Comune.» (ordinanza revocanda).
In sintesi, questa Corte ha motivato il rigetto del terzo motivo di ricorso originario, evidenziando: i) la mancanza di allegazione da parte della originaria attrice del termine per il compimento delle operazioni di collaudo, necessario affinché il comportamento inerte o dilatorio della Amministrazione potesse essere considerato equivalente al rifiuto del collaudo; ii) la mancata attivazione dell’appaltatrice per pretendere il rispetto della previsione contrattuale relativa al collaudo, atteso che la stessa – come accertato in fase di merito -aveva solo formulato, a giudizio ormai iniziato, l’invito a procedere ad una verifica dei difetti, in forme diverse da quelle prescritte.
6.- Ancora la ricorrente deduce quali errori revocatori, aver ritenuto inesistente l’inadempimento del Comune di Trento, aver ritenuto inesistente il tentativo di RAGIONE_SOCIALE di far rispettare le regole, aver ritenuto eseguibile il Collaudo anche dopo la consegna degli automezzi.
Queste deduzioni di errore revocatorio vanno trattate congiuntamente perché strettamente connesse, in quanto attengono al complessivo ragionamento giuridico posto a fondamento del rigetto del terzo motivo dell’originario ricorso per cassazione, volto a censurare il mancato accoglimento della domanda di pagamento del corrispettivo.
Esse sono inammissibili.
È decisivo osservare che, contrariamente a quanto assume la ricorrente nella quinta deduzione, la circostanza che il collaudo conforme alle regole di cui agli artt. 10 del Contratto e 17 del Capitolato Speciale allegato al Contratto di Appalto non fosse
oggettivamente realizzabile dopo il 05/03/2013, data che ricorrente indica come di consegna degli automezzi, non integra un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione dell’esistenza o inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare.
Invero, nell’ordinanza è specificato che era stato accertato in fase di merito che la data di consegna (alla quale era collegata l’espletamento del collaudo) era stata differita: risulta evidente, in disparte la novità, che la questione della possibilità di eseguire il collaudo dopo la consegna degli automezzi, non concerne una circostanza di fatto, ma attiene e consegue all’interpretazione del contratto e alla sua esecuzione (differimento della data di consegna), di chiaro valore giuridico/valutativo.
A differenza di quanto sembra sostenere la ricorrente, la Corte di legittimità ha escluso che al Comune potesse ascriversi una colpevole inerzia nell’espletamento del collaudo, proprio alla luce dell’esame delle vicende afferenti l’ esecuzione del contratto, accertate in fase di merito, perché il comportamento del Comune era stato indotto dal rinvio (autorizzato) della data di consegna degli automezzi, che necessitavano effettivamente di modifiche e di interventi correttivi. Da ciò si evince, quindi, che la data della consegna, all’esito degli accordi intervenuti tra le parti a seguito dei difetti riscontrati negli automezzi nel corso dell’esecuzione del contratto, non costituisce, nel caso in esame, ‘ un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o ad affermare’ e quindi rilevante sul piano revocatorio.
Infine, ancora una volta, impropriamente l’attenzione non è posta su un fatto, ma sulla qualificazione giuridica della condotta della parte ricorrente -già valutata dal giudice di merito – e ne viene sollecitata una diversa qualificazione, quale istanza di collaudo formulata in termini diversi, sulla pretesa identificazione del termine per la consegna come da originario contratto.
7.Anche l’ulteriore deduzione , circa l’aver ritenuto erroneamente esistente un giudicato interno in ordine alla mancata effettuazione del collaudo, è inammissibile perché la ricorrente riconosce di non aver impugnato la relativa statuizione in appello, salvo a prospettare una erronea valutazione del contenuto dell’appello incidentale proposto.
8. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza in favore del controricorrente costituito.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
-Dichiara inammissibile il ricorso;
-Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in euro 7.000,00=, oltre spese prenotate a debito in favore del Comune RAGIONE_SOCIALE Trento, controricorrente;
-Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 7 marzo 2024.