Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13816 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13816 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11172-2023 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, tutte elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME, che le rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
Oggetto
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/02/2024
CC
avverso la sentenza n. 9513/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 06/04/2023 R.G.N. 31890/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME ed altri in epigrafe indicati proponevano ricorso per revocazione della sentenza n.9513/23 con cui la Corte di legittimità aveva rigettato il ricorso degli attuali ricorrenti proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della corte di appello Bari. Quest’ultima aveva respinto la domanda dei ricorrenti diretta ad accertare e dichiarare la nullità o inefficacia della disdetta azionata nei loro confronti da RAGIONE_SOCIALE ed accertare il loro diritto alla conservazione della riduzione dell’80% della tariffa di vendita dell’energia elettrica di cui all’art. 33 del ccl per i dipendenti elettrici.
La corte di merito aveva rigettato le domande e la Corte di cassazione aveva respinto il ricorso avverso detta ultima decisione.
Le parti avevano depositato successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’attuale ricorso per revocazione i ricorrenti deducono un errore revocatorio in cui sarebbe incorsa la corte di legittimità nella parte della decisione (pg 10 sentenza) in cui con riferimento al terzo motivo di censura, la corte non avrebbe considerat o il ‘fatto storico’ della soppressione dello sconto tariffario in questione già dal ccnl del1996 e quindi nella mancata valutazione del recesso secondo i criteri di correttezza e buona fede.
Premettendo che la questione non presenta le condizioni per la trattazione in pubblica udienza, non essendo in esame questioni di rilievo nomofilattico di ‘particolare importanza’, sul ricorso proposto si osserva quanto segue.
Nel valutare i motivi di revocazione diretti alle singole statuizioni espresse dalla sentenza, occorre partire dalla premessa che, come evidenziato dalle Sezioni Unite del Giudice di legittimità ‘Il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come
causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione’ (Cass. SU n. 8984/2018).
Soggiunge la Corte che ‘La giurisprudenza di legittimità ha perimetrato l’errore di fatto, tracciandone, in primo luogo, il confine rispetto alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziali o processuali, laddove l’errore di fatto riguarda solo l’erronea presupposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di fatti considerati nella loro dimensione storica di spazio e di tempo, non potendosi far rientrare nella previsione il vizio che, nascendo ad esempio da una falsa percezione di norme che contempli la rilevanza giuridica di questi stessi fatti e integri gli estremi dell’error iuris, sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime, riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione, sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione (vedasi tra le tante Cass., Sez. U., 27/12/2017, n. 30994 e sent. ivi cit. a § 3.4; conf. Cass., Sez. U., 27/12/2017, nn. da 30995 a 30997). Resta, quindi, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logicogiuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto (Cass., Sez. U., n.
30994/2017, cit.)’.
I principi richiamati fissano il discrimine tra vizio revocatorio ed error iuris, escludendo dal primo ogni asserita errata valutazione, sia in fatto che in diritto, svolta dal Giudice di legittimità.
Venendo al caso in esame si osserva in via preliminarmente che , come chiarito da questa Corte ‘u na sentenza della Corte di cassazione non può essere impugnata per revocazione in base all’assunto che abbia male valutato i motivi di ricorso, perché un vizio di questo tipo costituirebbe un errore di giudizio e non un errore di fatto ai sensi dell’art. 395, comma 1, numero 4, c.p.c. ‘ ( Cass.n. 8615/2017).
Deve osservarsi che nella sentenza oggetto di revocazione la Corte, con riferimento al terzo motivo di censura aveva espressamente
considerato la doglianza di mancato esame di valutazione del recesso secondo buona fede, ma aveva anche statuito che nella esposizione della censura esaminanda non era indicato il fatto storico decisivo per il giudizio. La corte aveva poi aggiunto che, comunque, le critiche fatte nella censura erano per lo più riferite a quanto assunto dal tribunale.
Si tratta all’evidenza di una valutazione espressa dalla corte di legittimità sul motivo di censura proposto e non di omessa considerazione di un fatto. Siamo quindi fuori dal perimetro dell’errore revocatorio per come sopra delineato dai principi espressi da questo giudice di legittimità.
Il ricorso deve quindi dichiararsi inammissibilmente proposto.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E.5.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 14 febbraio 2024.
La Presidente NOME COGNOME