Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12851 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12851 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 13238/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME dall’avv. NOME COGNOME dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso i primi due nel loro studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 32431/2023 della Corte Suprema di Cassazione Seconda Sezione civile, depositata il 22-11-2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14-12025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
OGGETTO:
revocazione
ex art. 391-bis c.p.c.
RG. 13238/2024
C.C. 14-1-2025
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Treviso RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’esecuzione, su fondo di proprietà dell’attrice COGNOME, di opere di miglioria fondiaria consistite nell’asportazione di terreno sabbioso e ciottoloso e successivo ripristino del piano di campagna, in modo difforme da quanto previsto nel contratto concluso il 14-3-1994.
Il Tribunale di Treviso ha accolto parzialmente la domanda, condannando i convenuti soccombenti al risarcimento del danno quantificato in Euro 931.747,05.
Interposto appello dai soccombenti, con sentenza n. 1796/2016 depositata in data 11-82016 la Corte d’appello di Venezia , in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato i convenuti a pagare all’attore COGNOME Euro 196.413,29 e allo stesso COGNOME e all’attrice COGNOME la somma di Euro 66.292,00 a titolo di risarcimento del danno.
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Hanno resistito RAGIONE_SOCIALE, anche quale successore di RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME proponendo a loro volta ricorso incidentale sulla base di due motivi.
Con sentenza n. 32431/2023 depositata il 22-11-2023 la Corte di Cassazione -seconda sezione civile ha rigettato il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensando le spese del giudizio di legittimità.
Per quanto in questo giudizio interessa, la Suprema Corte ha rigettato il primo e il secondo motivo di ricorso, con i quali i ricorrenti avevano sostenuto la nullità della sentenza della Corte d’appello in conseguenza della nullità della consulenza tecnica d’ufficio svolta in grado di appello sotto diversi profili.
2.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per la revocazione ex artt. 391-bis e 395 n. 4 cod. proc. civ. della sentenza n. 32431/2023, sulla base di tre motivi, riproponendo altresì i primi due motivi dell’originario ricorso per cassazione , che sostengono meritevoli di accoglimento in ragione dell’accoglimento della revocazione.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno resistito con unico controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 1 4-1-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘ sulla tempestiva sostituzione dei CTP da parte dei convenuti in appello COGNOME e COGNOME, i ricorrenti censurano la sentenza revocanda laddove ha dichiarato: «La nomina dei nuovi consulenti di parte è avvenuta alla fine delle operazioni peritali, in violazione dell’art. 201 c.p.c. che dispone che il giudice con l’ordinanza di nomina del consulente assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare con dichiarazione ricevuta dal cancelliere un loro consulente tecnico».
I ricorrenti evidenziano che la nomina dei consulenti di parte era avvenuta entro il termine di cui all’art. 201 cod. proc. civ., come attestato dalla stessa relazione del consulente d’ufficio, mentre in data 21-1-2015 era avvenuta la sola sostituzione dei consulenti di parte già nominati nei termini; quindi, i ricorrenti lamentano che la Corte di Cassazione abbia ritenuto la sostituzione dei consulenti di parte una prima nomina di consulenti di parte, non rendendosi conto della precedente nomina dei consulenti di parte in persona di altri
professionisti. Evidenziano che il termine fissato dai consulenti d’ufficio per fare pervenire le osservazioni dei loro consulenti di parte scadeva il 22-1-2015 e gli appellati COGNOME e COGNOME dopo avere depositato la dichiarazione di nomina dei sostituti dei precedenti consulenti di parte alla Corte d’appello, comunicava no la sostituzione ai consulenti d’ufficio e trasmettevano loro le osservazioni il 21-1-2015. Dichiarano che tale ricostruzione dei fatti è stata completamente travisata dalla Cassazione , che ha perciò imputato alla parte la violazione dell’art. 201 cod. proc. civ. e quindi ha reputato corretta la valutazione della Corte d’appello di considerare le osservazioni dei consulenti di parte alla stregua di mere argomentazioni difensive; evidenziano che detto abbaglio ha comportato il rigetto del secondo motivo di ricorso, riferito alla nullità della sentenza quale conseguenza della nullità della consulenza d’ufficio, che non aveva né considerato né allegato le osservazioni dei consulenti tecnici di parte.
2.Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ sulla falsa affermazione che le osservazioni dei CTP dei convenuti in appello COGNOME e COGNOME sarebbero pervenute in ritardo”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata laddove dichiara: «Infatti, al contrario di quanto dedotto con il motivo di ricorso in esame, la Corte d’Appello ha fornito un’ampia motivazione sulla validità della consulenza tecnica di ufficio e sulla natura delle osservazioni dei consulenti di parte nominati in sostituzione dei precedenti allo scadere del termine per formulare rilievi». Lamentano che la Cassazione abbia condiviso la valutazione della Corte d’appello in ordine al fatto che le osservazioni dei consulenti di parte erano da ritenere mere allegazioni difensive sulla base dell’assunto errato che le osservazioni fossero pervenute allo scadere del termine; evidenziano che le osservazioni sono state trasmesse il 21-1-2015, il termine per le osservazioni delle parti scadeva il 22-12015 e i consulenti d’ufficio si erano riuniti per
valutarle il 22 e 23 gennaio. Sostengono che tale errata constatazione in fatto, smentita dagli atti di causa, abbia fatto pervenire la Cassazione alla conclusione che le osservazioni dei consulenti di parte fossero da considerare alla stregua di argomentazioni difensive e di conseguenza da non inserire obbligatoriamente nella consulenza d’ufficio; rilevano che, al contrario, le osservazioni dovevano essere allegate alla c.t.u. ai sensi dell’art. 195 cod. proc. civ. a pena di nullità e sostengono che, condi videndo l’errore di fatto già commesso dalla Corte d’appello, la Cassazione ha erroneamente rigettato il motivo di ricorso relativo all’omessa pronuncia e alla nullità della sentenza.
3.Con il terzo motivo di ricorso, intitolato ‘ sulla falsa affermazione che l’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio non sarebbe stata proposta nella prima istanza o difesa utile successiva al suo deposito’ , i ricorrenti censurano la sentenza revocanda laddove ha affermato «l’eccezione di nullità era anche tardiva in quanto eccepita solo con istanza del 25 febbraio 2016, ossia un anno dopo la conclusione della consulenza come evidenziato dalla parte controricorrente»; dichiarano che la ricostruzione e percezione del fatto processuale è errata, in quanto i consulenti d’ufficio avevano depositato la relazione all’udienza del 26 -12015, in quell’udienza era stato chiesto termine per esame della c.t.u., l’unica attività svolta all’udienza era sta ta la presa d’atto del deposito della relazione e quindi la difesa successiva non poteva essere che quella svolta con l’istanza del 25 -22016; aggiungono che la Suprema Corte è incorsa nel travisamento dei fatti, in quanto non si è avveduta del fatto che il termine a difesa era stato chiesto contemporaneamente al deposito della relazione, nel momento in cui, non essendo conosciuto o conoscibile il contenuto della stessa, non era neppure possibile sollevare l’eccezione di nullità. Evidenziano come da tale erronea percezione della Corte sia derivato il
giudizio di non tempestività dell’eccezione di nullità ex art. 157 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 195 cod. proc. civ.
4.Osserva la Corte come siano ampiamente acquisiti i principi in tema di revocazione ex art. 391-bis cod. proc. civ. delle pronunce della Corte di cassazione, secondo i quali l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ.:
deve consistere nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non ab bia costituito terreno di discussione delle parti);
non può concernere l’attività interpretativa e valutativa;
c)deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche;
deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato , la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso;
deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte e non sul contenuto della decisione (Cass. Sez. U 19-7-2024 n. 20013 Rv. 671759-01 e precedenti ivi richiamati).
Invece, non costituiscono vizi revocatori delle sentenze della Suprema Corte ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ. né l’errore di diritto sostanziale o processuale né l’errore di giudizio o di valutazione , per la scelta del legislatore finalizzata ad assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia, esigenze che la giurisprudenza europea e quella
costituzionale riconoscono necessario tutelare (Cass. Sez. U 11-4-2018 n. 8984 Rv. 648127-02, Cass. Sez. U 27-12-2017 n. 30994 Rv. 646963-01).
Dando continuità e applicazione a tali principi, i tre motivi di ricorso risultano inammissibili.
5.Con riguardo al primo motivo, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, la sentenza impugnata ha esattamente percepito il fatto che vi era stata la sostituzione dei consulenti di parte, e tale nuova nomina era avvenuta prima della scadenza del termine assegnato dal consulente d’ufficio per il deposito delle osservazioni di parte. Ciò si ricava in primo luogo da quanto si legge a pag. 8 della sentenza, laddove, esaminando il primo motivo di ricorso, la sentenza ha dichiarato che la Corte d’appello av eva fatto riferimento alla nomina dei «nuovi consulenti di parte» e al fatto che «la sostituzione dei tecnici di parte» era avvenuta «senza alcuna autorizzazione da parte della Corte e senza alcuna ragione che giustificasse al termine dell’indagine il cambiamento dei consulenti che a suo tempo erano stati indicati dagli appellati». La circostanza che la Cassazione abbia esattamente percepito che vi era stata una sostituzione dei consulenti di parte già nominati è confermato laddove la sentenza ha pronunciato sul secondo motivo di ricorso (pag. 11 in fine), dichiarando che «la nomina dei nuovi consulenti di parte è avvenuta alla fine delle operazioni peritali, in violazione dell’art. 201 c.p.c….» e di seguito (pag. 12) ha dichiarato «Nella specie i ricorrenti non avevano presentato alcuna istanza di nomina o sostituzione dei nuovi consulenti di parte e le operazioni peritali si erano quasi completate. Di conseguenza risulta corretta l’affermazione che tutta l’attività di indagine di p arte si era svolta senza alcun contradditorio e che non vi sia alcuna certezza circa la zona dove erano state eseguite le analisi e i metodi usati».
Con questo contenuto, la sentenza ha pronunciato sul presupposto che fossero stati nominati «nuovi» consulenti di parte, in sostituzione dei consulenti di parte già nominati, e che tali consulenti erano stati nominati pressocché alla fine delle operazioni peritali, ma non allorché le operazioni peritali erano già terminate, per cui la sentenza non è incorsa nell’errore di percezione lamentato dai ricorrenti. Invece, la sentenza ha ritenuto che anche la nomina di nuovi consulenti o la loro sostituzione dovesse avvenire nel rispetto dell’art. 201 cod. proc. civ. ; sotto questo profilo non si pone questione di errore percettivo, ma di interpretazione e applicazione dell ‘art. 201 cod. proc. civ. , che i ricorrenti contestano nei termini in cui è stata eseguita dalla sentenza impugnata, con argomenti che perciò si pongono al di fuori del perimetro dell’errore revocatorio.
Quindi, non sussistono i requisiti dell’errore revocatorio di cui a lla lett. a), perché non vi alcun errore di percezione, e alla lett. b), perché si lamenta un errore di interpretazione, ma non sussiste neppure il requisito di cui alla lett. d), riferito all’essenzialità e decisività. Dopo le affermazioni di cui si dolgono i ricorrenti, la sentenza (pag. 12 da ‘In proposito’) ha richiamato il principio di diritto secondo il quale, nel regime dell’art. 195 cod. proc. civ. precedente alla modifica di cui all a legge 69/2009, da applicare alla fattispecie in decisione, nessuna disposizione imponeva al c.t.u. di porre a disposizione delle parti una bozza della propria relazione e le parti potevano legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito della relazione da parte del consulente d’ufficio, in quanto i l diritto delle parti a intervenire alle operazioni tecniche a mezzo dei consulenti non era diritto a partecipare alla stesura della relazione, che era atto riservato al consulente d’ufficio, ma diritto di partecipare soltanto all’accertamento materiale dei dati da elaborare; ha rilevato che non era affetta da nullità la consulenza d’ufficio qualora il consulente d’ufficio, disattendendo le
prescrizioni del provvedimento di conferimento dell’incarico, avesse omesso di mettere la relazione a disposizione delle parti per eventuali osservazioni scritte; quindi ha dichiarato che la sentenza impugnata era conforme alla giurisprudenza di legittimità, laddove aveva dichiarato che la consulenza di parte era una allegazione difensiva di carattere tecnico e la mancata prospettazione al consulente tecnico di osservazioni e rilievi critici non precludeva alla parte di sollevare tali rilievi, non integranti nullità relative al procedimento, nel corso del giudizio. Sulla base di queste deduzioni, evidentemente assorbenti rispetto alla valutazione delle ragioni per le quali i consulenti d’ufficio non avevano esaminato la relazione dei nuovi consulenti di parte, la sentenza ha concluso che non vi era stata alcuna lesione del diritto di difesa e per questo ha escluso la nullità della consulenza d’ufficio sostenuta con il secondo motivo di ricorso. Quindi, seppure fosse possibile individuare un qualche errore revocatorio con riguardo alla questione della nomina dei nuovi consulenti di parte -errore revocatorio che, si ripete, non sussiste-, tale errore non sarebbe comunque essenziale e determinante; ciò perché la sentenza ha escluso che si fosse verificato una qualche lesione del diritto di difesa che comportas se nullità della consulenza d’ufficio e di conseguenza della sentenza d’appello , escludendo in radice che la parte avesse il diritto di presentare osservazioni alla bozza della c.t.u. e che perciò tali osservazioni dovessero essere allegate alla c.t.u. a pena di nullità della stessa.
6.Le ragioni esposte, che impongono di dichiarare inammissibile il primo motivo, comportano la dichiarazione di inammissibilità anche del secondo motivo.
Diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, che estrapolano dal contesto dell’intera motivazione l’affermazione contenuta a pag. 9 della sentenza revocanda, in ordine al fatto che le osservazioni dei
consulenti di parte nominati in sostituzione dei precedenti erano state eseguite «allo scadere dei termini per formulare rilievi», in nessun punto la sentenza ha dichiarato che le osservazioni dei nuovi consulenti di parte fossero state trasmesse ai consulenti d’ufficio dopo lo scadere del termine; del resto, neppure letteralmente l’espressione ‘allo scadere del termine’ significa che il termine era scaduto, ma solo che era in scadenza. Quindi, non vi è stato alcun errore di percezione in ordine al fatto che le osservazioni dei nuovi consulenti di parte erano pervenute ai consulenti d’ufficio dopo la scadenza del termine e nessuna pronuncia è stata determinata da tale errore di fatto. Diversamente l a sentenza, nell’esaminare il primo motivo di ricorso (pag.8), ha considerato che la Corte d’appello aveva evidenziato che la nomina dei nuovi consulenti di parte era avvenuta senza alcuna comunicazione ai consulenti d’ufficio e che i nuovi consulenti di parte avevano svolto un’attività parallela senza contraddittorio, che la sostituzione era avvenuta senza autorizzazione dell a Corte d’appello e senza ragione che giustificasse il cambiamento dei consulenti al termine dell’indagine; ha considerato che sulla base di quest i rilievi la Corte d’appello aveva ritenuto che lo scritto dei nuovi consulenti di parte era un’allegazione difensiva a contenuto tecnico . Pertanto, per questi motivi e non in ragione del fatto che le osservazioni dei consulenti di parte erano state ricevute dopo la scadenza del termine, la Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso con il quale si lamenta va la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e la relativa nullità della sentenza d’appello, per non avere esaminato e accolto l’eccezione di nullità della c.t.u.
7 .E’ inammissibile anche il terzo motivo di ricorso.
La sentenza revocanda non è incorsa in alcun errore di percezione neppure con riguardo alla questione della tardività dell’eccezione di nullità della consulenza d’ufficio.
La sentenza (pag. 14) ha rilevato che l’eccezione di nullità era tardiva in quanto sollevata solo con istanza del 25-2-2016, richiamando il principio secondo il quale la nullità relativa era soggetta alla preclusione di cui all’art. 157 cod. proc. civ. , che impone alla parte di sollevare l’eccezione nella «prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso»; ha aggiunto che solo in relazione ai vizi di merito della c.t.u. poteva valere il termine a difesa richiesto dalla parte, mentre le eventuali nullità avrebbero dovuto essere eccepite tempestivamente. Non si ravvede alcun errore di percezione, perché la sentenza ha espresso il concetto che l’eccezione di nullità avrebbe dovuto essere sollevata già all’udienza in cui la c.t.u. era stata depositata, in quanto era quella l’occasione della prima difesa. La diversa tesi dei ricorrenti, secondo la quale la prima difesa successiva al deposito della consulenza dovesse individuarsi nel primo atto svolto successivamente all’udienza in cui è stata depositata la c.t.u., risulta finalizzata a sostenere che la sentenza sia incorsa in un errore di giudizio, in quanto tale irrilevante in questa sede. Del resto, la stessa sentenza revocanda anche in questo punto (pag. 14 alla metà), in ordine alle nullità della c.t.u., ha aggiunto l’inciso «per quanto detto in ogni caso da escludersi nel caso di specie»; così ha richiamato quanto aveva già esposto nelle pagine precedenti -e che è già stato sopra consideratoin ordine al fatto che nella consulenza d’ufficio non vi era alcuna nullità. Quindi, l’errore lamentato non ha neppure il requisito di cui alla lett. d), riferito all’essenzialità e decisività, perché la pronuncia sull’esclusione di qualsiasi nullità della c.t.u. ha assorbito qualsiasi questione sui tempi della relativa eccezione.
8.In conclusione il ricorso è inammissibile e, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti sono condannati alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 12.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione