Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16086 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9156-2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
ALTOMONTE NOME;
-intimato – avverso la sentenza n. 1462/2021 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 13/09/2021 R.G.N. 545/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/05/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari ha respinto il ricorso per revocazione proposto da NOME COGNOME
Oggetto
REVOCAZIONE
RNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/05/2024
CC
COGNOME avverso la sentenza n. 290/2021 della medesima Corte di appello che, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato il 20.3.2017 da NOME COGNOME al COGNOME per abbandono del posto di lavoro a seguito di diverbio e colluttazione con un proprio superiore gerarchico accaduti in data 13.2.2017.
La Corte territoriale ha rilevato che l’errore revocatorio indicato dal ricorrente (falsa rappresentazione in ordine alla domanda di nullità del licenziamento per violazione dell’art. 2110 c.c., dichiarata inammissibile dalla Corte territoriale in quant o tardiva) non integrava le condizioni richieste dall’art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c. non solo perché imputava, in realtà, al giudice di appello una inesatta valutazione di diritto ma anche perché non si avvedeva che la domanda (di nullità del licenzia mento per violazione dell’art. 2110 c.c.) era stata, comunque, delibata e respinta nel merito.
Il lavoratore ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il datore di lavoro è rimasto intimato.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. (ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato di esaminare la questione della omessa applicazione dell’art. 2110 c.c. e della domanda di nullità del licenziamento.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. (ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato l’errore compiuto nella percezione degli atti del giudizio e l’omessa
valutazione della domanda del lavoratore collegata alla violazione dell’art, 2110 c.c.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.4(ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) avendo, la Corte territoriale, deciso nel merito la questione posta (e relativa nullità del licenziamento per violazione dell’art. 2110 c.c.) incorrendo nel vizio di ultrapetizione.
Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha, per vero, precisato che, se il giudice di merito omette di pronunciare su una domanda che si assume essere stata ritualmente proposta, motivando la propria decisione col fatto che quella domanda non sarebbe mai stata formulata, la sentenza contenente tale statuizione dev’essere impugnata con la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., e non con i mezzi ordinari, in tal caso non sussistendo una relazione di alternatività tra errore revocatorio e principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. n. 12958 del 2011, Cass. n. 27555 del 2011. Cass. n. 30850 del 2018). Costituisce, invero, errore revocatorio quello del giudice che ha erroneamente percepito l’insussistenza della domanda che invece era stata ritualmente presentata (se invece il giudice semplicemente ne omette l’esame, senza affermarne espressamente (ed erroneamente) l’insussistenza della stessa, si ricade nella violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e quindi si tratta di un error in procedendo che deve 3 essere censurato con gli ordinari mezzi di impugnazione).
Nel caso di specie la sentenza impugnata per revocazione non ha omesso di statuire sulla domanda di nullità del licenziamento per violazione dell’art. 2110 c.c. in quanto, dopo averne rilevato l’inammissibilità per tardività, ha comunque esaminato la
domanda ritenendo che non era stato intimato alcun licenziamento ‘per malattia’ (posto che il lavoratore era stato sospeso dal servizio all’atto della contestazione disciplinare e che nessuna richiesta di giorni di malattia era mai stata inoltrata); statuizione che, infatti, è stata impugnata con ricorso per cassazione.
In conclusione, il ricorso è inammissibile, nulla sulle spese in assenza di controricorrente.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato -se dovuto – previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 maggio