Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6296 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6296 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
sul ricorso 22537/2022 proposto da:
COGNOME, elett .te domic. presso l’AVV_NOTAIO, dal quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, quale assuntore del concordato coattivo liberatorio della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa- nonché cessionaria degli attivi e dei passivi della suddetta società- in persona dei procuratori speciali, elett.te domic. in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO , dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avv erso l’ordina nza emessa dalla Corte di Cassazione, pubblicata in data 31.5.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con decreto del 2016, il Tribunale di Palermo respinse l’opposizione di NOME COGNOME allo stato passivo della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, in relazione al credito per alcuni compensi per prestazioni di consulenza, osservando che il creditore non aveva adempiuto l’onere probatorio, non avendo prodotto, neppure successivamente alla proposizione del ricorso, l’originale o copia conforme della propria domanda d’insinuazion e al passivo, e rilevando che il giudice non aveva il dovere di attivare alcun potere ufficioso di acquisizione degli atti o del fascicolo fallimentare.
Avverso tale decreto, fu proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, che, con ordinanza del 31.5.22, la Corte ha dichiarato inammissibile, osservando che la doglianza formulata, lamentando ‘ che con inesistente quanto errata ed illogica motivazione, non erano stati materialmente esaminati gli atti ed i documenti prodotti- tra cui la domanda d’insinuazione al passivo – traduceva un vizio revocatorio circa l’identificazione di ciò che era stato p rodotto, attingendo una questione che non aveva costituito punto controverso tra le parti, senza dedurre dunque un errore di valutazione di un fatto processuale; pertanto, la denuncia che la supposizione fosse erronea perché l’atto era stato prodotto assieme ai documenti, non era ammissibile in quanto tale censura avrebbe dovuto essere fatta valere col mezzo della revocazione ex art. 395, c.1, n.4, e 398 cpc .’
NOME COGNOME propone ricorso per revocazione, illustrato da memoria, avverso la suddetta ordinanza, affidato ad unico motivo. L’RAGIONE_SOCIALE, quale assuntore del concordato coattivo liberatorio della RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
L’unico motivo denunzia l’erronea valutazione della C orte di Cassazione in ordine ad un supposto errore di percezione in cui sarebbe incorsa nell’esaminare l’opposizione allo stato passivo, mentre avrebbe dovuto invece ravvisare un’erronea valutazione del fatto processuale.
Il ricorso è inammissibile.
In tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass., n. 10040/2022).
Nel caso concreto, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso sulla base di un giudizio circa il fatto che – avendo il Tribunale di Palermo ritenuto inammissibile l’opposizione allo stato passivo, per omessa produzione, neppure in coppia autentica, della domanda di insinuazione al passivo – il ricorrente, avendo lamentato l’omesso esame degli atti e documenti prodotti, tra i quali l’istanza di insinuazione, avrebbe dovuto proporre domanda di revocazione, non errore per cassazione.
Si tratta, all’e videnza, di un giudizio, fondato sulla valutazione della decisione impugnata e sul ricorso, non censurabile sub specie dell’errore revocatorio.
Le spese seguono la soccombenza.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nelle somme di euro 5.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29 novembre 2023.