Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16671 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16671 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16609/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in TARANTO ALLA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA SCPA, RAGIONE_SOCIALE,
-intimati- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 2364/2023 depositata il 25/01/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/05/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto notificato NOME propone ricorso per revocazione della ordinanza n. 2364/2023 con cui la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto coperta da un precedente giudicato la questione inerente alla presenza di un valido titolo esecutivo ai fini della procedura esecutiva avviata nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Più precisamente con un unico motivo il ricorrente ascrive a questa Corte un errore revocatorio rilevante ex artt.391 bis e 395, n.4 c.p.c., avendo ritenuto ‘… per una mera svista materiale che ha causato un errore di fatto revocatorio ex. art. 395 n. 4 c.p.c., che la questione fosse coperta dal giudicato costituito dalla sentenza della Corte Suprema n. 18074 del 5/07/2019’ , laddove ‘ Al contrario di quanto statuito nell’impugnata ordinanza, la Corte Suprema di Cassazione con la richiamata sentenza n. 18074 del 5/07/2019 non ha mai pronunciato alcunché sulla presenza in atti di un valido titolo esecutivo che potesse legittimare la gravosissima espropriazione immobiliare ‘.
Il ricorrente deduce , in sostanza, che la pronuncia costituente giudicato abbia pronunciato sulla deduzione di falsità delle copie degli atti utilizzati nella procedura esecutiva e non sulla validità del titolo fatto valere in sede di esecuzione. Parte
contro
ricorrente deduce l’inammissibilità del ricorso per il fatto che l’errore di fatto revocatorio non prevede un eventuale errore di diritto sostanziale o processuale, ovvero l’errore di giudizio o di valutazione, come dedotto da parte ricorrente; in via subordinata ne deduce l’infondatezza.
Motivi della decisione
Con un unico articolato motivo il ricorrente denuncia ex artt.391 bis-395 c.p.c. un errore revocatorio in tema di rilievo di giudicato esterno formatosi tra le medesime parti in merito alla validità dell’atto posto a fondamento del procedimento di esecuzione.
Il motivo è inammissibile.
Nell’ordinanza impugnata questa RAGIONE_SOCIALE ha espressamente affermato che ‘ Le censure di cui ai motivi dal primo al settimo sono coperte dal giudicato di cui a Cass. n. 18074 del 5/07/2019 (oggetto di massimazione, sul punto della produzione e mancato disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, in Italgiureweb Rv. 654564 – 01), avverso la quale era stata proposta impugnazione in revocazione, pure rigettata da Cass. n. 32132 del 5/11/2021, così in ordine ad essa non vi è più alcuna sollecitazione critica utilmente prospettabile ‘ .
Sul punto vale il principio per cui l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391-bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali; non
può, dunque, ritenersi sussistente l’errore revocatorio, allorché la parte abbia denunciato l’erronea presupposizione dell’inesistenza di un giudicato, poiché questo, essendo destinato a fissare la “regola” del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente, la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma attiene all’interpretazione delle norme giuridiche’ (cfr. Sez. 5 – , Sentenza n. 26141 del 16/10/2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 321 del 13/01/2015; Cass. 25 giugno 2008, n. 17443).
Il giudicato esterno, in quanto provvisto di ” vis imperativa ” e indisponibilità per le parti, va infatti assimilato agli “elementi normativi”, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme (e non già degli atti e dei negozi giuridici), in base agli artt. 12 ss. disp. prel. c.c., con conseguente sindacabilità degli eventuali errori interpretativi sotto il profilo della violazione di legge’ (cfr. Cass. 29 novembre 2018, n. 30838; Cass.Sez. U, Sentenza n. 11501 del 09/05/2008 ).
Va peraltro rilevato che la valutazione operata nell’ordinanza in esame circa la presenza di un giudicato impediente l’esame della validità del titolo portato in esecuzione è restata nel perimetro di valutazione del giudicato esplicito e implicito formatosi tra le parti sul titolo fatto valere in sede di esecuzione. Essa, difatti, non si pone in contrasto con il noto principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, e dunque non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscono, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione, così avendosi il giudicato implicito (cfr. Cass.Sez. 3 – ,
Ordinanza n. 1259 del 11/01/2024;Cass. 18 novembre 2021, n. 35137; Cass.Sez. 3 – , Ordinanza n. 5486 del 26/02/2019). Ed invero, la sussistenza di un idoneo titolo esecutivo costituisce un antecedente logico necessario delle tematiche, avanzate dal medesimo ricorrente, relative al disconoscimento delle copie del titolo esecutivo risolte nella pronuncia di rigetto passata in giudicato.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese , che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese , liquidate in € 3.2 00, 00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge/oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento all’ufficio competente , da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 31/05/2024.