Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10948 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10948 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13932-2024 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Ricorso pe revocazione
R.G.N. 13932/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 25/02/2025
CC
avverso l’ordinanza n. 35914/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 22/12/2023 R.G.N. 22013/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME.
RILEVATO CHE
con ordinanza n. 35914/2023, questa Corte ha rigettato il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’ Appello di Firenze, in sede di rinvio dalla Corte di cassazione (ordinanza n. 472/2021), che aveva respinto il suo appello nei confronti della Banca MPS, confermando la sentenza di primo grado che, pronunciando sull’opposizione a precetto di MPS, aveva annullato la transazione intervenuta tra le parti in occasione della cessazione del rapporto di lavoro nel 2013 e dichiarato l’inesistenza del diritto del l’ex -dipendente di procedere ad esecuzione forzata nei confronti della banca;
con il presente ricorso NOME COGNOME chiede la revocazione di tale ultima sentenza ai sensi degli artt. 391-bis e 395, n. 4, c.p.c.; la banca resiste con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
parte ricorrente deduce che l’ordinanza di questa Corte n. 35914/2023 si fonda sull’implicita supposizione di un fatto ( i . e . che il sig. COGNOME fosse coinvolto in condotte illecite commesse in danno della Banca) incontrastabilmente escluso dai documenti e dagli atti di causa che dimostrano il contrario
e, cioè, l’estraneità dello stesso rispetto a qualsiasi condotta illecita commessa in danno della banca, così come definitivamente accertato dalla piena assoluzione ottenuta in sede penale;
il ricorso è inammissibile;
questa Corte ha chiarito (da ultimo, Cass. S.U. n. 20013/2024) che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte;
osserva il Collegio che il dedotto errore revocatorio risulta già in astratto inconfigurabile in quanto in tesi riferito ad un elemento estraneo alle ragioni della decisione. La ordinanza della quale è chiesta la revocazione si è espressa nel senso della conformità dell’accertam ento del giudice di merito alle previsioni degli artt. 1429 e 1431 c.c., in tema di errore essenziale e riconoscibile, con riferimento al momento della stipula dell’accordo transattivo, momento rispetto al quale alcuna influenza può assumere la circostanza della successiva assoluzione in sede penale del COGNOME;
deve rilevarsi a riguardo che dalla ordinanza impugnata non è dato evincere alcuna supposizione in contrasto con il fatto,
successivo alla transazione, dell’avvenuta assoluzione dell’odierno ricorrente di talché non sussistono i necessari requisiti di evidenza assoluta e di immediata rilevabilità dell’errore revocatorio; nell’ordinanza in contestazione, invero, non è stato affermato, né esplicitamente né implicitamente, che l’assoluzione, successiva alla transazione, non sia rilevante; al contrario, il fatto oggetto dell’asserito errore ha costituito terreno di discussione delle parti (cfr. §§ 8 – 12 dell’ordinanza n. 35914/2023);
precisamente, la condizione della banca di errore essenziale al momento della sottoscrizione della transazione è stato qualificato come errore attinente alle qualità soggettive del ricorrente, per ignoranza della banca circa il suo coinvolgimento in indagini, errore verificatosi al momento della sottoscrizione della transazione e collegato a mancata informazione nei confronti della banca; dunque, l’errore è stato collocato e cristallizzato nello specifico momento della transazione e giudicato non dipendente o influenzato da eventi successivi; ciò significa che il ‘fatto’ rilevante per l’essenzialità dell’errore nella formazione della volontà contrattuale della persona giuridica è stato valutato al momento della transazione, e non basato su circostanze posteriori;
non è quindi riscontrabile nell’allegazione attorea la sussistenza di antecedente di un preciso determinismo causale rispetto alla concreta decisione adottata dal giudice sulla base di tale errore (cfr. Cass. n. 23469/2024), perché i fatti supposti sono diversi;
in secondo luogo, difetta anche il requisito, necessario per la rilevazione di errore revocatorio, che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti, perché, al contrario, come risulta dai passaggi motivazionali dell’ordinanza revocanda sopra richiamati, sono
il contenuto e la collocazione temporale dell’obbligo di informazione (non l’esito del procedimento penale) che sono stati posti a fondamento dell’errore essenziale che ha portato all’annullamento della transazione, questioni oggetto del primo motivo di ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 100/2022, quindi oggetto di contraddittorio e di specifica motivazione;
pertanto, le doglianze espresse in questa sede si risolvono, in realtà, in una critica delle conclusioni motivate cui è giunta l’ordinanza revocanda, le quali, all’evidenza, non possono essere riviste in sede di revocatoria, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla loro condivisibilità o meno, valutazione che qui sarebbe del tutto impropria; sollecitando un rinnovato giudizio sui disattesi motivi del ricorso per cassazione, tali doglianze non sono ammissibili;
stante l’inammissibilità del ricorso per revocazione, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio secondo la regola della soccombenza, liquidate come da dispositivo, nonché al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 9.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 25 febbraio 2025.