Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1140 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
Oggetto: revocazione – errore percettivo – presupposto – riguardante un fatto controverso – necessità.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 11019/24 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte di cassazione 7 novembre 2023 n. 30980 ; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE nel 2010 concesse in locazione un immobile alla società RAGIONE_SOCIALE
A garanzia del puntuale adempimento dell’obbligo di pagamento dei canoni la FACE stipulò con la RAGIONE_SOCIALE (che in seguito muterà ragione sociale in RAGIONE_SOCIALE; d’ora innanzi ‘la RAGIONE_SOCIALE) una polizza fideiussoria.
In virtù di tale contratto la Generali si obbligava a pagare alla RAGIONE_SOCIALE le somme ad essa dovute e non versate dalla FACE a titolo di canoni di locazione, fino ad un massimo di sei mensilità ed un tetto di euro 240.000.
Nel 2011 la FACE venne meno all’obbligo di pagamento del canone.
La creditrice RAGIONE_SOCIALE invocando tale inadempimento chiese ed ottenne dal Tribunale di Genova un decreto ingiuntivo nei confronti della Generali, per l’importo di euro 240.000. A fondamento del ricorso monitorio invocò la polizza fideiussoria di cui sopra.
La Generali propose opposizione al decreto. Dedusse che il suo consenso alla stipula era stato carpito con dolo ex art. 1439 c.c.; che la creditrice RAGIONE_SOCIALE era decaduta dalla garanzia sia ai sensi dell’ art. 1957 c.c., sia per omissione dell’avviso di sinistro, giusta la previsione di cui all’art. 5 delle condizioni generali di polizza.
Con sentenza 27.2.2014 n. 721 il Tribunale di Genova, pur revocando il decreto ingiuntivo, condannò la Generali al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 240.000.
Il Tribunale ritenne che il contratto, alla luce della volontà dei contraenti e delle clausole 5 e 7 delle condizioni generali, andasse qualificato come ‘contratto autonomo di garanzia’; che di conseguenza sia l’eccezione di annullabilità per dolo, sia l’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. er ano inopponibili alla creditrice RAGIONE_SOCIALE che, infine, l’eccezione di decadenza per omesso avviso di sinistro era infondata, non trattandosi di termine perentorio ( sic ).
Il Tribunale, in particolare, a fronte delle deduzioni svolte dalla Generali, ragionò così:
la Generali sostiene che la clausola di inopponibilità delle eccezioni presente nel contratto (art. 5 e 7) riguardava il rapporto tra debitore e garante, non quello tra garante e creditore;
b) questa interpretazione è insostenibile perché a volerla condividere si perverrebbe all’assurdo che ‘ il garante possa opporre al creditore eccezioni connesse al rapporto principale, precluse invece al debitore in sede di regresso, con il risultato di ottenere una polizza che garantirebbe il garante più ancora del creditore a cui favore la garanzia è prestata ‘ .
La sentenza fu appellata dalla Generali la quale tornò a dedurre che:
il contratto di garanzia non impediva affatto al garante di opporre eccezioni al creditore garantito;
b) l’art. 5 del contratto infatti inibiva la facoltà di opporre eccezioni non al garante nei confronti del creditore, ma al contraente nei confronti del garante.
La Corte d’appello di Genova con sentenza 6.6.2019 n. 849 rigettò il gravame.
La Corte ritenne che ‘ l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta senza eccezioni vale di per sé qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia’ .
Quanto poi al problema se i patti contrattuali inibissero di sollevare eccezioni al debitore nei confronti del garante, oppure al garante nei confronti del creditore, la Corte territoriale da un lato condivise l’opinione del Tribunale; dall’altro osservò che comunque quella argomentazione ‘ non è oggetto di censura da parte dell’appellante, il che rende il motivo ai limiti dell’ammissibilità’ .
Ancora, la Corte d’appello rigettò la censura intesa a far valere il dolo decettivo della RAGIONE_SOCIALE (per avere omesso di riferire all’assicuratore che, al momento della stipula della fideiussione, era già creditrice da anni della FACE ), osservando che a contrattare con l’assicuratore fu la FACE, il che ‘ di per sé consente di escludere che abbia posto in essere comportamenti preordinati a realizzare un inganno ai danni ‘ dell’assicuratore .
La sentenza d’appello fu impugnata per cassazione dalla Genera li.
Questa Corte, con ordinanza 7.11.2023 n. 30980, rigettò il ricorso, osservando che:
la qualificazione della fideiussione come contratto autonomo di garanzia fu ‘ correttamente argomentata dalla Corte territoriale ‘, sulla base di ‘ appigli testuali suscettibili di lettura nel senso della diversa qualificazione come fideiussione’ ;
la qualificazione della fideiussione come contratto autonomo di garanzia fu correttamente effettuata dai giudici del merito, ‘ avendo essi preso in esame le clausole contrattuali regolanti l’escussione a prima o semplice richiesta e la preclusione per la società garante all’opponibilità di eccezioni concernenti il rapporto principale, ossia quello tra la Face s.p.a. e la Black Oils s.p.a. ‘.
L ‘ ordinanza 30980/23 di questa Corte è stata impugnata per revocazione dalla Generali con ricorso fondato su un motivo ed illustrato da memoria. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
C on l’unico motivo di ricorso la Generali invoca l’esistenza nel provvedimento impugnato d’un errore percettivo, ex art. 395, n. 4. c.p.c.. La censura è illustrata con argomenti così riassumibili:
-) la Corte d’appello qualificò il contratto di fideiussione come ‘contratto autonomo di garanzia’, sul presupposto che esso inibiva al garante di opporre qualsiasi eccezione al creditore;
-) questa statuizione fu impugnata col secondo motivo del ricorso per cassazione originario ; con quel motivo si dedusse la violazione dell’art. 1362 c.c., perché la clausola ritenuta dalla Corte d’appello ‘limitativa dell’opponibilità delle eccezioni’ era riferita esclusivamente alle eccezioni relative al rapporto di regresso (tra debitore e Generali), e non al rapporto principale (tra Generali e creditrice Black Oils); quella clausola infatti recitava: ‘ l’importo del risarcimento verrà corrisposto dalla società dopo un semplice avviso al Contraente, senza bisogno di preventivo consenso da parte di quest’ultimo, che nulla potrà eccepire in merito al pagamento stesso’ ;
-) la Corte di cassazione ha rigettato questo motivo, rilevando che correttamente il giudice di merito aveva dato rilievo alla clausola che prevedeva ‘ la preclusione per la società garante all’opponibilità di eccezioni concernenti il rapporto principale, ossia quello tra la RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e la Black Oils s.p.a.’ .
Così giudicando, conclude la ricorrente, la Corte è incorsa nell’errore di ritenere esistente una clausola contrattuale che in realtà non esisteva affatto.
2. Il motivo è inammissibile.
L ‘ art. 395 n. 4 c.p.c. consente la revocazione delle sentenze incorse in un errore percettivo, ma a condizione che ‘ il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare’ .
Non è questo il nostro caso: su come dovessero interpretarsi gli artt. 5 e 7 del contratto infatti la Corte di cassazione si pronunciò espressamente (peraltro dopo che su tale questione si era ampiamente discusso anche nei precedenti gradi di giudizio).
Non mette conto dunque in questa sede stabilire se le valutazioni del provvedimento di cui si chiede la revocazione furono corrette o meno, in quanto qualunque errore fosse stato commesso al riguardo, esso ha investito un fatto controverso, come tale esulante dalla previsione di cui all’art. 395, n. 4, ultimo periodo, c.p.c..
Le deduzioni appena svolte non sono scalfite dalla memoria depositata dalla società ricorrente. Ivi infatti si torna a sostenere che l’ordinanza impugnata incorse in un errore percettivo per avere ravvisato nel contratto una clausola in realtà inesistente. Trascura, però, la Generali di considerare lo si ripete – che il contenuto del contratto e delle sue clausole costituirono un punto controverso sul quale la Corte di cassazione fu chiamata a pronunciarsi e si pronunciò : e tanto basta a precludere l’a mmissibilità del ricorso ex art. 395 c.p.c.
Infine, il Collegio rileva che la stessa tecnica di deduzione del motivo evidenzia una discussione non su un errore di fatto, ma su affermazioni che
sono espressione di valutazioni , e non di percezioni , compiute dalla pronuncia impugnata.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna Generali Italia s.p.a. alla rifusione in favore di Black Oils s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 8.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della