Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32804 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32804 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: errore materiale
sul ricorso iscritto al n. 6460/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo
NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ASP Agrigento, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME unitamente al quale è elettivamente domiciliata in INDIRIZZO Roma, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di cassazione n. 9244/2023 pubblicata il 4 aprile 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME quali suoi procuratori e difensori, ha proposto ricorso per correzione di errore materiale della sentenza n. 9244/2023, depositata il 4 aprile 2023, con la quale la Suprema Corte di Cassazione – Sezione Quarta Civile – nel rigettare il ricorso proposto dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento nei confronti, tra gli altri, di NOME COGNOME e avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 361/2019 depositata il 19 luglio 2019, ha condannato la parte ricorrente ‘ a rifondere le spese di lite ai controricorrenti, che liquida in Euro 8.000,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; ‘.
Ha affermato che il ricorso per Cassazione, che avrebbe condotto alla pronuncia della sentenza n. 9244/2023, sarebbe stato proposto dall’ASP di Agrigento nei confronti di venti medici.
Quattordici di tali medici sarebbero stati rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME uno, tale NOME COGNOME, dal solo avvocato NOME COGNOME mentre essa ricorrente si sarebbe avvalsa del patrocinio dei menzionati avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che avevano svolto nel corso del giudizio di cassazione, con proprio controricorso, autonome difese rispetto a quelle degli altri controricorrenti; i rimanenti quattro medici non si sarebbero costituiti in giudizio.
La ricorrente ha esposto che l’assenza di chiarezza del dispositivo della sentenza n. 9244/2023 avrebbe indotto la parte soccombente a ritenere che la somma liquidata di € 8.000,00, oltre accessori, a titolo di spese di lite, si riferisse a tutti i controricorrenti.
L’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento, di conseguenza, si sarebbe limitata a corrispondere ad essa NOME COGNOME sempre a titolo di spese di lite relative al giudizio di Cassazione conclusosi con la menzionata sentenza n. 9244/2023, la omnicomprensiva somma di €
610,50, sostenendo che la liquidazione della Suprema Corte si sarebbe riferita alle difese di tutti i controricorrenti.
L’istante ha rappresentato che, in base al D.M. 55/2014, così come modificato dal D.M. 147/2022, applicabile alla fattispecie, sarebbe stato pacifico che, ai sensi dell’art. 4 del D.M. 55/2014, ove in una causa l’avvocato avesse assistito più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso avrebbe dovuto essere unico.
Inoltre, per l’art. 8 dello stesso D.M. 55/2014, ‘ Quando incaricati della difesa sono più avvocati, ciascuno di essi ha diritto nei confronti del cliente ai compensi per l’opera prestata ma nella liquidazione a carico del soccombente sono computati i compensi per un solo avvocato ‘.
Alla luce di quanto dedotto, la ricorrente ha sostenuto che l’ASP di Agrigento le avrebbe dovuto corrispondere, a titolo di spese di lite liquidate dalla Suprema Corte con la sentenza n. 9244/2023, la somma di € 8.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Essa, quindi, poiché, per errore materiale, non sarebbe stato specificato che ai suoi legali spettava la somma di € 8.000,00 per compenso più € 200,00 per esborsi, oltre accessori dovuti per legge, ha chiesto di procedere alla correzione della detta sentenza.
L’ASP Agrigento si è difesa con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto, va respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dalla P.A. controricorrente, la quale si è doluta della mancata notifica dello stesso.
Infatti, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., la richiesta di correzione di errore materiale di una decisione della Corte di cassazione può essere avanzata in ogni tempo e può essere disposta anche d’ufficio, con la conseguenza che la sua notifica serve a rendere nota alla controparte la
proposizione di detta richiesta, in modo che possa difendersi sul punto, ma non a impedire la formazione di decadenze, che non sono previste.
Nella specie, la P.A. è stata informata della data dell’adunanza fissata per la discussione e ha depositato controricorso, con il quale ha anche resistito nel merito all’istanza della ricorrente , così godendo di tutte le garanzie del contraddittorio.
Se ne ricava che l’istanza di correzione non può essere dichiarata inammissibile, ma va esaminata dal Collegio.
2) La richiesta di correzione di errore materiale in esame è fondata.
Nella motivazione della sentenza n. 9244/2023 della Corte di cassazione è scritto che ‘Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo’.
Le parti vincitrici sono state NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME Marino, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e indicati nel frontespizio della sentenza come ‘controricorrenti’, e NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e individuata nell’intestazione della decisione come ‘controricorrente’.
La parte soccombente è stata, invece, l’ASP Agrigento, citata, nell’epigrafe, come ‘ricorrente’.
Pertanto, nel dispositivo avrebbe dovuto essere presente una condanna della parte ‘ricorrente’ a rifondere le spese di lite in favore sia dei ‘controricorrenti’ sia della ‘controricorrente’, con la relativa liquidazione.
Nel caso in esame, però, nel detto dispositivo è assente ogni riferimento alla ‘controricorrente’ e alle spese che la interessano.
Ne consegue che vi è stata un’omissione nella decisione, che ha riguardato la posizione di NOME COGNOME per la parte concernente le spese di lite, che può essere corretta ex art. 391 bis c.p.c.
Infatti, deve qualificarsi come errore materiale suscettibile di correzione quello che non riguarda la sostanza del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all’atto della formazione del provvedimento e si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza e come tale percepibile e rilevabile (per tutte: Cass., Sez. 1, n. 19601 del 26 settembre 2011; Cass., Sez. L, n. 5196 dell’11 aprile 2004).
Al riguardo, si rileva che, come chiarito da Cass., SU, n. 16415 del 21 giugno 2018, ‘a fronte della mancata liquidazione delle spese nel dispositivo della sentenza, anche emessa ex art. 429 c.p.c., sebbene in parte motiva il giudice abbia espresso la propria volontà di porle a carico della parte soccombente, la parte interessata deve fare ricorso alla procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e ss c.p.c. per ottenerne la quantificazione’.
Conformi, però, sono pure altre pronunce, come Cass., SU, n. 19137 del 6 luglio 2023 (in motivazione), Cass. , Sez. 6-5, n. 3968 del 18 febbraio 2020 (in motivazione) e Cass., Sez. 3, n. 29029 del 13 novembre 2018.
In concreto, la procedura di correzione di errore materiale è esperibile per rimediare all’omessa liquidazione delle spese processuali nel dispositivo della sentenza, qualora l’omissione non evidenzi un contrasto tra motivazione e dispositivo, ma solo una dimenticanza dell’estensore (Cass., Sez. 6 -1, n. 11215 del 9 maggio 2018; Cass., Sez. 6-2, n. 15650 del 27 luglio 2016).
Si deve ritenere che la liquidazione delle spese processuali abbia natura accessoria nell’economia della decisione, non incidendo sul contenuto sostanziale della stessa, in quanto totalmente estranea al
merito del giudizio e alla pronunzia principale, se non per il rilievo della soccombenza.
Essa è, allora, necessaria e obbligatoria, essendo prevista per legge, dato che l’art 91, comma 1, c.p.c. dispone che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese in favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare; ne deriva, appunto, che la condanna al pagamento delle spese processuali deve essere emessa d’ufficio dal giudice, anche in mancanza di un’esplicita richiesta della parte vittoriosa.
Al fine di evitare ulteriori dubbi, però, Cass., SU, n. 16415 del 21 giugno 2018 ha specificato che la parte motiva della sentenza deve contenere la statuizione che pone le spese a carico del soccombente, perché solo in tal caso la divergenza fra la motivazione, che regola il carico delle spese fra le parti e il dispositivo, ove è stata omessa la liquidazione delle stesse, rientra nella statuizione principale, e la menzionata divergenza non dà luogo a contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo, circostanza che escluderebbe la procedura di correzione di errore materiale.
L’attività di liquidazione delle spese processuali, in definitiva, finisce per consistere nello svolgimento di un’operazione tecnico esecutiva da realizzare sulla scorta di presupposti e parametri oggettivi fissati dalla legge e nei limiti quantitativi in essa previsti; quindi, la liquidazione vera e propria è un’attività di carattere materiale volt a a completare la statuizione.
Di conseguenza, una volta che nella motivazione della sentenza il giudice abbia provveduto col porre le spese a carico del soccombente, l’omissione degli importi contenuta nel dispositivo della sentenza deve essere integrata con il procedimento di correzione degli errori materiali.
Il dispositivo della sentenza in esame deve essere, quindi, completato, con l’indicazione anche della ‘controricorrente’ come destinataria dell’obbligo di rifusione delle spese di lite, e dell’ammontare de gli
importi che devono esserle corrisposti, in applicazione del principio di diritto per il quale ‘ la procedura di correzione di errore materiale è esperibile per rimediare all’omessa liquidazione delle spese processuali nel dispositivo della sentenza in favore dell’avente diritto, ove nella motivazione sia comunque presente una statuizione che ponga le spese a carico del soccombente ‘.
Siffatto ammontare è determinato, tenendo conto di quello riconosciuto ai controricorrenti – per i quali la liquidazione è già avvenuta, per un importo pari a € 8.000,00 per compenso e a € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15% -, nella misura di € 4.000,00 per compenso e d € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.
Siffatta determinazione tiene conto dei vari parametri di legge, della natura e complessità del contenzioso trattato e, nello specifico, del dato obiettivo che la difesa dell’attuale ricorrente si era occupata solo di quest’ultima e non di altri assistiti .
Nessuna statuizione deve esservi sulle spese di lite, poiché, nel procedimento di correzione degli errori materiali ex artt. 287, 288 e 391 bis c.p.c., in quanto di natura sostanzialmente amministrativa e non diretto a incidere, in situazione di contrasto tra le parti, sull’assetto di interessi già regolato dal provvedimento corrigendo, non può procedersi alla liquidazione delle spese, non essendo configurabile in alcun caso una situazione di soccombenza, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 91 c.p.c., neppure nella ipotesi in cui la parte non richiedente, partecipando al contraddittorio, opponga resistenza all’istanza (Cass., SU, n. 29432 del 14 novembre 2024).
P.Q.M.
La Corte, visto l’art. 391 bis c.p.c.,
– corregge l’errore materiale presente nel dispositivo della sentenza n. 9244 del 4 aprile 2023 della IV sezione civile della Corte di cassazione
nella parte in cui contiene il regolamento delle spese processuali e, per l’effetto, dispone che, ove è scritto, alla pagina 10, dal rigo 1 al rigo 3, ‘condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite ai controricorrenti, che liquida in € 8.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%’, si debba leggere e intendere ‘condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite a NOME COGNOME che liquida in € 4.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, e agli altri controricorrenti indicati nell’intestazione, che liquida in € 8.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%’;
manda alla Cancelleria per l’annotazione sulla sentenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile,