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Errore materiale in sentenza: la Cassazione corregge

La Corte di Cassazione interviene per correggere un palese errore materiale in una propria sentenza. Il provvedimento errato condannava delle inesistenti ‘società ricorrenti’ al pagamento del doppio del contributo unificato, mentre la parte soccombente era una persona fisica. La Corte, accogliendo l’istanza della parte vittoriosa, ha sostituito la dicitura errata con il nominativo corretto, ripristinando la coerenza tra la motivazione e il dispositivo della decisione.

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Errore Materiale nella Sentenza: La Cassazione Fa Chiarezza sul Pagamento del Contributo Unificato

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come l’ordinamento gestisca l’errore materiale, una svista che può insinuarsi anche nei provvedimenti del più alto grado di giudizio. La Corte di Cassazione, con una procedura snella, ha corretto una propria sentenza, ripristinando la coerenza tra la decisione presa e il testo scritto, e chiarendo chi fosse il soggetto tenuto al pagamento del doppio del contributo unificato. Questo caso sottolinea l’importanza della precisione nella redazione degli atti giudiziari e il potere del giudice di emendare i propri stessi errori formali.

I fatti del caso

La vicenda processuale è complessa e si articola in più fasi. Inizialmente, una professionista aveva intentato una causa contro il proprio ente previdenziale, ottenendo una sentenza favorevole in Cassazione. Successivamente, l’ente previdenziale ha proposto un giudizio di revocazione contro tale sentenza, riuscendo a ottenerne l’annullamento.

La nuova sentenza della Cassazione, emessa all’esito del giudizio di revocazione, ha quindi respinto il ricorso originario della professionista, condannandola alla refusione delle spese legali. Tuttavia, nel dispositivo di questa sentenza si è verificato un palese errore materiale. La Corte ha statuito che sussistevano i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato a carico ‘delle società ricorrenti’.

L’ente previdenziale, risultato vittorioso, ha immediatamente notato l’incongruenza: non solo non era la parte soccombente tenuta a tale versamento, ma nel giudizio non erano mai state coinvolte delle ‘società’. Le uniche parti in causa erano l’ente stesso e la professionista. Di conseguenza, l’ente ha presentato un’istanza per la correzione dell’errore materiale.

L’analisi della Corte sull’errore materiale

La Suprema Corte ha accolto l’istanza, riconoscendo la presenza di un evidente errore materiale nel dispositivo della precedente sentenza. I giudici hanno evidenziato che l’istanza di correzione è meritevole di accoglimento, in quanto sollecita un potere che la Corte può esercitare anche d’ufficio per emendare sviste puramente formali.

La Corte ha constatato che la parte motiva della sentenza era, in realtà, corretta. In essa si specificava chiaramente che i presupposti per il raddoppio del contributo unificato erano a carico della professionista, in quanto parte soccombente nel giudizio da lei stessa originariamente instaurato. L’errore era quindi circoscritto alla sola parte dispositiva, dove la dicitura ‘delle società ricorrenti’ era stata inserita per mera svista, probabilmente a causa di un refuso o dell’utilizzo di un modello standard.

Le motivazioni

La motivazione dell’ordinanza si fonda sulla palese discrasia tra la volontà del collegio, chiaramente espressa nella parte motiva della sentenza, e il testo del dispositivo. I giudici hanno spiegato che il riferimento alle ‘società ricorrenti’ era doppiamente errato. In primo luogo, perché nessuna società era mai stata parte del processo. In secondo luogo, perché la statuizione sul raddoppio del contributo unificato deve logicamente gravare sulla parte la cui impugnazione è stata respinta, revocata o dichiarata inammissibile, e non sulla parte vittoriosa.

La Corte ha quindi disposto la correzione del dispositivo, ordinando la sostituzione delle parole ‘delle società ricorrenti’ con il nome della professionista. Inoltre, richiamando un precedente delle Sezioni Unite, ha chiarito che il procedimento di correzione di errore materiale, avendo una natura sostanzialmente amministrativa e non contenziosa, non comporta una pronuncia sulle spese processuali.

Conclusioni

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale della procedura civile: la necessità di coerenza tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza. L’errore materiale, inteso come un’incongruenza che non deriva da un vizio del processo decisionale del giudice ma da una semplice svista nella redazione, può e deve essere corretto in modo rapido ed efficiente. Il caso dimostra come il sistema giudiziario disponga degli strumenti per assicurare che il testo finale di un provvedimento rifletta fedelmente la giustizia sostanziale del caso, tutelando le parti da conseguenze pregiudizievoli derivanti da semplici lapsus calami.

Cos’è un errore materiale secondo la Corte di Cassazione?
È una svista o un’inesattezza nella redazione del testo di una sentenza che non riflette la volontà del giudice, come chiaramente espressa nella parte motiva del provvedimento. In questo caso, l’indicazione di un soggetto sbagliato come debitore di una sanzione processuale.

Chi deve pagare il raddoppio del contributo unificato in caso di ricorso respinto?
Il raddoppio del contributo unificato è a carico della parte che ha proposto l’impugnazione e che ha visto il proprio ricorso integralmente respinto, revocato o dichiarato inammissibile o improcedibile.

Sono previste spese legali per il procedimento di correzione di un errore materiale?
No. La Corte ha specificato che, data la natura sostanzialmente amministrativa del procedimento di correzione, non si procede alla regolamentazione delle spese legali tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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