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Errore formale contributi: quando l’avviso è nullo

Una società ha impugnato due avvisi di addebito emessi da un ente previdenziale per presunti contributi e sanzioni non versati. Il Tribunale di Roma ha annullato gli avvisi, ritenendoli carenti di motivazione e poco chiari. Nonostante la società avesse commesso un errore formale contributi nelle procedure di richiesta dei benefici, il giudice ha stabilito che la mancanza di prova di un’inadempienza sostanziale da parte dell’ente rendeva illegittime le sanzioni, confermando il diritto della società allo sgravio.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Errore Formale Contributi: Quando la Sostanza Prevale sulla Forma

Ricevere un avviso di addebito da un ente previdenziale è un’esperienza che può generare notevole preoccupazione per qualsiasi azienda. Tuttavia, non sempre la pretesa dell’ente è legittima. Un’interessante sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, chiarisce come un errore formale contributi da parte del contribuente non sia sufficiente a giustificare sanzioni quando l’atto dell’ente è viziato e non viene provata un’inadempienza sostanziale. Questo caso offre spunti preziosi sul rapporto tra forma e sostanza nel diritto previdenziale.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare si è vista recapitare due avvisi di addebito da parte dell’ente previdenziale nazionale. Tali avvisi richiedevano il pagamento di somme a titolo di contributi e sanzioni per i periodi compresi tra marzo e agosto 2022. La società ha deciso di impugnare questi atti, sostenendo di avere diritto a beneficiare di uno sgravio contributivo per l’assunzione a tempo indeterminato di una dipendente, oltre che della sospensione dei versamenti prevista dalla normativa emergenziale COVID-19. Il problema era sorto perché, secondo l’ente, la società non aveva seguito le corrette procedure burocratiche per comunicare la sua intenzione di avvalersi di tali benefici.

Le Posizioni delle Parti e l’Errore Formale Contributi

La difesa dell’ente previdenziale si è concentrata quasi esclusivamente sulle mancanze procedurali della società. In particolare, l’ente sosteneva che l’azienda non avesse utilizzato i codici specifici previsti dalle circolari amministrative (come il codice N969 nel flusso Uniemens) per auto-dichiarare la fruizione del beneficio. Di conseguenza, il sistema automatico aveva registrato i mancati pagamenti come insoluti, generando le relative sanzioni.

Dall’altra parte, la società ricorrente, pur ammettendo implicitamente di aver commesso delle irregolarità formali nella complessa gestione dei nuovi adempimenti introdotti durante la pandemia, ha sempre sostenuto la sussistenza del proprio diritto sostanziale a beneficiare sia dello sgravio per l’assunzione sia della sospensione dei pagamenti.

L’Analisi del Tribunale: la Prevalenza della Sostanza

Il Giudice del Lavoro ha accolto il ricorso della società, annullando gli avvisi di addebito. La decisione si fonda su un’analisi critica degli atti impugnati e delle difese dell’ente.

In primo luogo, gli avvisi di addebito sono stati definiti “particolarmente criptici”, con motivazioni generiche, incomprensibili e persino contraddittorie. Ad esempio, la memoria difensiva dell’ente faceva riferimento a periodi (come il 2020) e a gestioni previdenziali (la “gestione separata”) non menzionate negli avvisi originali, creando ulteriore confusione.

Il punto cruciale della sentenza è la distinzione tra irregolarità formale e omissione contributiva sostanziale. Il Tribunale ha riconosciuto che la società non ha utilizzato correttamente i codici e le causali indicate dalla normativa secondaria dell’ente. Tuttavia, ha qualificato questo comportamento come un “errore formale e non sostanziale”.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione centrale del provvedimento risiede nel principio dell’onere della prova. Il giudice ha sottolineato che l’ente previdenziale non ha fornito alcuna prova di “omissioni/evasioni contributive sostanziali”. Le somme richieste negli avvisi erano sanzioni derivanti da un presunto ritardato pagamento, non contributi effettivamente evasi. Poiché l’ente non ha contestato nel merito il diritto della società a beneficiare dello sgravio per l’assunzione della dipendente, né ha dimostrato che la società non rientrasse tra i beneficiari della sospensione COVID, la pretesa sanzionatoria è risultata infondata.

In sostanza, un’irregolarità formale, per di più relativa a una normativa complessa e introdotta in un periodo emergenziale, non può essere sufficiente per confermare crediti per sole sanzioni, se non è supportata dalla prova di una reale e sostanziale inadempienza contributiva. L’assenza di una motivazione chiara e la mancata prova del debito sostanziale hanno quindi portato all’annullamento degli atti.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: gli atti della pubblica amministrazione, specialmente quando impongono un pagamento, devono essere chiari, motivati e fondati su prove concrete. Un errore formale contributi da parte del cittadino o dell’impresa non può essere automaticamente convertito in una sanzione, soprattutto quando il diritto sostanziale non è in discussione. Per le aziende, questo caso evidenzia l’importanza di essere diligenti nelle procedure, ma offre anche una tutela contro pretese basate unicamente su vizi procedurali, riaffermando che nel diritto la sostanza dei fatti deve sempre prevalere sulla mera forma.

Un errore formale nella richiesta di benefici contributivi giustifica sempre l’applicazione di sanzioni?
No. Secondo questa sentenza, un errore meramente formale, come l’omesso utilizzo di specifici codici procedurali, non è sufficiente a giustificare l’irrogazione di sanzioni se l’ente non dimostra una reale omissione o evasione contributiva sostanziale e non contesta il diritto del contribuente al beneficio.

A chi spetta l’onere di provare il debito in un giudizio di opposizione a un avviso di addebito?
L’onere di provare i fatti costitutivi del credito contributivo e delle relative sanzioni spetta all’ente previdenziale. Se l’ente non fornisce prove sufficienti dell’inadempienza sostanziale, la sua pretesa può essere rigettata.

Cosa succede se un avviso di addebito non è chiaramente motivato?
Un avviso di addebito “criptico”, generico o con motivazioni incomprensibili può essere annullato dal giudice. La motivazione è un elemento essenziale dell’atto amministrativo e la sua assenza o carenza ne determina l’illegittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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