Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22434 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22434 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 24889 del ruolo generale dell’anno 2021 , proposto da
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE nato ad Africo il 21.05.1980 ed ivi residente alla INDIRIZZO elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso e nello studio dell’avv. NOME COGNOME recapito professionale dell’avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso, dichiarando, ai sensi del secondo comma dell’art. 176 c.p.c., di voler ricevere le comunicazioni presso il seguente numero di fax NUMERO_TELEFONO, ovvero al seguente indirizzo di p.e.c. EMAIL.it.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , con sede legale in Roma, INDIRIZZO C.F. P_IVA, istituito con D.lgs. 27.05.1999 n. 165 Ente Pubblico di nazionalità Italiana, in persona del Direttore e legale rappresentante pro-tempore, Dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa ai fini del presente giudizio l’avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, giusta procura speciale alle liti in calce al controricorso, ed eletti-
vamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO Ai fini delle comunicazioni di legge, si dichiara che il numero di fax è NUMERO_TELEFONO e la PEC è EMAIL
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 1692 depositata il 4 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza menzionata in epigrafe la Corte d’appello di Roma accoglieva l’impugnazione proposta dalla Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) avverso la decisione del Tribunale di quella città, con la quale era stata accolta la domanda di NOME COGNOME diretta ad ottenere la condanna di Agea al pagamento del contributo comunitario, per l’anno 2008, di euro 7.348,40 per un’attività agricola di allevamento.
2 .- Osservava la Corte, per quanto ancora qui interessa, che lo COGNOME aveva erroneamente dichiarato nella domanda amministrativa di avere centosessanta bovini, numero inferiore a quello occorrente per l’erogazione del contributo.
Dunque, l’aiuto era stato negato in base alla stessa erronea dichiarazione dell’allevatore, non corretta per via amministrativa in ragione della scadenza del termine ultimo per l’emenda dello sbaglio, coincidente col 30 giugno dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda.
Il provvedimento di diniego era stato comunicato allo COGNOME che aveva lasciato inutilmente decorrere anche il termine di dieci giorni previsto per le osservazioni, a norma della Circolare n° 8 del 18 febbraio 2008, prot. n° 341/UM.
Di nessun rilievo erano le allegazioni dell’allevatore che facevano leva sulla spettanza sostanziale del contributo, dato che egli aveva reagito solo dopo la scadenza dei termini per l’eliminazione dell a inesattezza.
3 .-Ricorre per cassazione lo COGNOME affidando l’impugnazione ad un unico motivo.
Resiste COGNOME che conclude per l’inammissibilità e in subordine per il rigetto.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo ed unico motivo -intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione del disposto normativo di cui all’art. 19 del regolamento ce 796/2004 della commissione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ‘ -il ricorrente deduce, in primo luogo, che l’Agea, con nota prot. AGEA.ADU.2010.13645 del 6 febbraio 2010, pervenuta in data 19 marzo 2010, gli aveva comunicato di aver concluso i controlli amministrativi, specificando al contempo che il numero di centosessanta capi indicato non consentiva di accedere al contributo ed avvisando, altresì, l’allevatore della possibilità di presentare istanza di riesame con proprie osservazioni, corredata da eventuali documenti, nel termine di dieci giorni.
Deduce, quindi, di aver fatto pervenire all’Agea, per il tramite dell o ufficio del RAGIONE_SOCIALE di Bovalino e prima della scadenza del termine indicato (dieci giorni), cioè in data 25 marzo 2010, l’istanza di riesame n° NUMERO_DOCUMENTO, a mezzo della quale evidenziava l’errore materiale commesso e documentava la effettiva consistenza del proprio allevamento, composto da centonovantaquattro capi di bestiame: missiva alla quale l’Agea non aveva dato alcun seguito.
In secondo luogo, la normativa specifica di settore non prevedeva alcun termine di decadenza per la correzione di errori materiali.
Per di più, premesso che la materia sarebbe disciplinata dal Regolamento CE n° 1782/2003 del Consiglio (successivamente sostituito dal Regolamento CE n° 73/2009) e dal Regolamento CE n° 796/ 2004 della Commissione, proprio quest’ultimo Regolamento prevederebbe al ventiseiesimo ‘ considerando ‘ ed all’art. 19 che le domande di aiuto contenenti errori palesi possano essere corrette in qualsiasi momento.
5 .- Il motivo è in parte inammissibile ed in altra parte infondato.
È infatti noto che, qualora una questione giuridica implicante un accertamento di fatto non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. per tutte: Cass., sez. VI, 13 dicembre 2019, n° 32804).
Ora, il ricorrente -asserendo di aver ricevuto dall’Agea una comunicazione datata 6 febbraio 2010, pervenutagli il 19 marzo successivo -introduce, in primo luogo, un tema di fatto che non risulta dalla decisione di secondo grado, nella quale, per contro, si dà atto della sola comunicazione Agea del 6 febbraio 2010 e della mancanza di successive interlocuzioni da parte dell’allevatore (‘ il provvedimento di diniego era stato comunicato da AGEA al Sig. COGNOME in data 6 febbraio 2010 senza che l’interessato avesse presentato osservazioni nel termine di 10 giorni previsto dalla circolare n. 8 del 18 febbraio 2008, prot. n. 341/UM ‘: sentenza pagina 3).
Ne deriva che, anche a tacere del fatto che il mezzo parrebbe prospettare un errore revocatorio (come tale inammissibile in sede di legittimità, in quanto da impugnare ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ.), la doglianza non sembra ammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo il ricorrente specificato dove tale questione sia stata sollevata nei precedenti gradi di merito.
Ma anche il secondo profilo prospettato nel mezzo appare privo di consistenza.
Il ricorrente, infatti, assume che la domanda di aiuto potesse essere corretta in qualunque tempo, ma tale conclusione non sembra aderente con il dettato normativo.
Secondo l’artt. 11, secondo comma, del Reg. C E n° 796/2004 (‘ modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e di controllo di cui ai regolamenti del Consiglio (CE) n. 1782/2003 e (CE) n. 73/2009, nonché modalità di applicazione della condizionalità di cui al regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio ‘) la ‘ domanda unica ‘ deve essere presentata entro una data fissata dagli Stati membri non successiva al 15 maggio (Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia e Svezia possono fissare una data ulteriore, ma non successiva al 15 giugno).
Dopo tale data sono possibili modificazioni, ma da presentare entro il 31 maggio (art. 15), a meno che l’autorità interna dello Stato abbia informato l’agricoltore che sono state riscontrate irregolarità nella domanda unica o gli abbia comunicato la sua intenzione di svolgere un controllo in loco .
L’art. 21, secondo comma, consente che la modifica della ‘ domanda unica ‘ di aiuto sia presentata anche dopo il 31 maggio, ma tale ritardo genera la riduzione dell’1% del contributo per ogni giorno lavorativo, e, comunque, l’irricevibilità della modifica ove la dilazione sia superiore a venticinque giorni di calendario.
Infine, l’art. 19 (intitolato ‘ Correzione di errori palesi ‘) si occupa di tale evenienza, disponendo che ‘ atti salvi gli articoli da 11 a 18,
una domanda di aiuto può essere corretta in qualsiasi momento dopo la sua presentazione, in caso di errori palesi riconosciuti dalla autorità competente ‘.
Dal complesso normativo sopra riassunto è, dunque, possibile dedurre che la modificazione delle domande di aiuto è permessa solo entro i termini sopra indicati e che la procedura di correzione di errore è riservata agli ‘ errori palesi riconosciuti dall’autorità competente ‘: ipotesi che, ancora una volta, non può essere esaminata nel merito in sede di legittimità, non risultando trattata nella sentenza impugnata la questione dell’evidenza dell’errore riconoscibile (che, peraltro, pare esclusa dalla stessa prospettazione dell’allevatore).
Infine, deve anche considerarsi che il pagamento del contributo avviene, secondo l’art. 28, secondo comma, del Reg. C E n° 1782/ 2003, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello per il quale l’aiuto viene chiesto e che l’art. 41 prevede che ‘ er ciascuno Stato membro, la somma degli importi di riferimento non deve superare il massimale nazionale di cui all’allegato VIII ‘.
Ne deriva, dunque, che riconoscere la possibilità di emendare errori oltre il termine finale di pagamento del contributo, implicherebbe -generando essi un incremento dell’aiuto unionale allo Stato membro -la possibilità di superare il tetto di spesa assegnato annualmente ai Paesi della (già CE, ora) UE (che per l’Italia e per l’anno 2008 era pari a 4 miliardi e 151 milioni di euro).
In conclusione, la Corte ha correttamente ritenuto che la correzione dell’errore mediante comunicazione inviata il 25 marzo 2010, ossia addirittura oltre il termine previsto per il pagamento degli aiuti PAC, avesse comportato la perdita del diritto stesso da parte dell’allevatore.
7 .- Alla soccombenza dello COGNOME segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della controparte, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014,
come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 7,3 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui allo art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art . 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2025, nella camera di consi-