Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5864 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5864 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21005/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE RAGIONE_SOCIALE STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
DIREZIONE GENERALE PER LA LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE DEL RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso SENTENZA di COMM.RIC.PROV.UFF.CEN.BR ROMA n. 64/2022 depositata il 31/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE dei ricorsi contro i provvedimenti dell’RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 64/2022, pubblicata il 31/5/2022, ha annullato la decisione dell’RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE, sull’opposizione promossa in data 17/11/2017 dalla RAGIONE_SOCIALE , titolare del marchio nazionale n. NUMERO_DOCUMENTO dell’8/5/2012, « RAGIONE_SOCIALE», per contraddistinguere prodotti della classe 30, e del corrispondente marchio UE del 12/2/2014, avverso la domanda, presentata, nel marzo 2017, della RAGIONE_SOCIALE, di registrazione del marchio nazionale « RAGIONE_SOCIALE », per contraddistinguere i prodotti della classe 43, aveva respinto la domanda, ritenuto sussistente il rischio di confusione, essendovi somiglianza tra i segni e affinità tra alcuni servizi della classe 43 ( bar; bar e snack-bar; bar; ristoranti caffè, caffetterie, catering, enoteche e bar specializzati in cocktail, mense, paninoteche, piadinerie, pizzerie, preparazione e forniture di cibi e bevande, pub, ristoranti fast-food, ristorazione (alimentazione), ristorazione (pasti), un’attività consistente nella gestione di ristoranti, bar; trattorie, mense, un’attività consistente nella
somministrazione di cibi e di bevande preparati per il consumo, un’attività svolta nel settore dell’alimentazione e della ristorazione ) e i prodotti tutelati, in classe 30, dal marchio anteriore, con rischio di confusione, respingendola per altri servizi della classe 43 , in quanto non affini ai prodotti contraddistinti dal marchio anteriore.
In particolare, la RAGIONE_SOCIALE, pronunciando sul ricorso della RAGIONE_SOCIALE e premesso che non si era costituita la RAGIONE_SOCIALE, titolare del marchio, e che l’RAGIONE_SOCIALE aveva depositato memoria, ha rilevato che, pur essendo corretto il confronto operato dall’RAGIONE_SOCIALE tra i segni, sulla base dell’esame visivo, fonetico e concettuale, non erano condivisibili le conclusioni cui lo stesso RAGIONE_SOCIALE era giunto, in quanto il termine « scrocchiarella » è del tutto comune e descrittivo « di un tipo particolare di pizza al taglio molto usata a Roma e nel Lazio », cosicché, stante la natura debole del segno « bastano anche minime differenziazioni tra il segno munito di marchio ed altro segno per escludere l’esistenza della contraffazione e del rischio di confusione per il pubblico : nel caso di specie la differenza tra le lettere utilizzare per la parola RAGIONE_SOCIALEa e il fatto che il cartiglio sottostante il segno del richiedente reca la specificazione «pizza in pala» sono elementi idonei ad escludere il pericolo di confusione fra i consumatori» .
Avverso la suddetta pronuncia, la RAGIONE_SOCIALE, anche in qualità di incorporante la RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione, notificato il 29/7/2022, affidato a tre motivi, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE (che resiste con controricorso) e della RAGIONE_SOCIALE (che non svolge difese). La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la nullità della sentenza per violazione degli artt. 291, 171 e 112 c.p.c. nonché 136 quinquies CPI ed omessa valutazione della posizione
sostanziale e processuale della ricorrente, ai sensi dell’art. 360, comma 1° n. 4 c.p.c., nonché violazione del diritto di difesa per errata dichiarazione di contumacia ed omessa considerazione delle difese e della documentazione della ricorrente, prodotta a supporto delle stesse, dinnanzi alla RAGIONE_SOCIALE dei Ricorsi (atta, in particolare, a dimostrare la natura fantastica dell’espressione « RAGIONE_SOCIALEa »); b) con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., e la violazione del criterio legale di valutazione delle prove e delle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, nonché, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1° n. 4 c.p.c., e violazione del criterio legale di valutazione delle prove e delle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza; d) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, primo comma lett. d) e 13 c.p.i. , ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., violazione dei criteri legali da seguire per stabilire quando un marchio deve ritenersi forte o debole e conseguentemente per stabilire quando un segno eguale o simile ad esso non possa considerarsi nuovo anche in quanto confondibile con il primo.
La prima censura è fondata, con assorbimento delle restanti.
2.1. La ricorrente assume che, nel giudizio dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE dei ricorsi, promosso dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE del maggio 2021, la propria dante causa, la RAGIONE_SOCIALE, titolare del marchio anteriore, si era costituita tempestivamente il 26/4/2022 (come da allegato con comunicazione di cancelleria), chiedendo il rigetto del ricorso.
Al contrario, la RAGIONE_SOCIALE dei Ricorsi ha affermato, erroneamente, nella decisione qui impugnata, resa all’esito dell’udienza del 16/5/2022, che la titolare del marchio anteriore non si era costituita in giudizio.
La ricorrente, richiamando giurisprudenza di legittimità, da ultimo, in memoria, Cass. 27 febbraio 2020, n. 5408 secondo cui « L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti … determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, (laddove)… abbia provocato …(un) pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva », lamenta che il pregiudizio, derivante dalla errata declaratoria di contumacia, qui concretamente si è verificato, dato che nessuna delle difese dell’esponente, e soprattutto i documenti da essa prodotti, risulta essere stata minimamente considerata dalla RAGIONE_SOCIALE, e che l’errore censurato certamente ha inciso sulla decisione, posto che laddove esaminate, le difese (e soprattutto i documenti attestanti la valenza assolutamente fantastica e quindi distintiva dell’espressione « scrocchiarella ») dell’esponente avrebbero inevitabilmente portato ad un esito diverso della vicenda (come infatti hanno inciso nella fase dinnanzi all’RAGIONE_SOCIALE che tale documentazione aveva invece puntualmente esaminato).
2.2. Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 2881/2002; conf. Cass. 2593/2006; Cass. 23519/2015) ha affermato che « L’erronea dichiarazione della contumacia di una parte non determina un vizio della sentenza deducibile in cassazione se non provochi in concreto alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva, ne’ incida sulla decisione » (nella specie, in un procedimento d’appello, l’appellato si era regolarmente costituito, mentre nell’epigrafe della sentenza esso era indicato come contumace; nell’enunciare il principio di cui in massima, le Sezioni Unite hanno escluso la nullità della sentenza impugnata, rilevando che non si era verificata alcuna illegittima limitazione dell’attività difensiva della parte e che la motivazione della sentenza impugnata smentiva la doglianza relativa al mancato esame delle sue difese). Nella sentenza 14763/2006, questa Corte ha ulteriormente chiarito che « l’erronea dichiarazione di contumacia della parte regolarmente costituita
integra un vizio della sentenza, denunziabile con l’atto di impugnazione, soltanto se l’errore abbia determinato un concreto pregiudizio alla parte medesima, dovendo essa indicare quale limitazione abbia subito nell’esercizio del diritto di difesa, e quale incidenza vi sia stata sull’esito della lite, così da consentire al giudice un effettivo controllo di causalità dell’errore lamentato e da sottrarre la doglianza all’astrattezza di una sua prospettazione meramente teorica » (conf. Cass. 24889/2006; Cass. 9469/2010). Il principio si trova successivamente ribadito (Cass. 3704/2012: « L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo e non determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, se non abbia in concreto pregiudicato il diritto di difesa, come avviene nel caso in cui la parte erroneamente dichiarata contumace abbia sollevato delle eccezioni comuni a quelle degli altri convenuti, le quali siano state prese in esame e disattese dal giudice »; Cass. 5408/2020: « L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo e non determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, se non abbia provocato, in concreto, alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva » (nella specie, si è rigettato l’eccezione di nullità della sentenza in quanto la parte erroneamente dichiarata contumace si era limitata a dedurre l’omesso esame delle difese e dei documenti prodotti, ma non di specifiche allegazioni o di specifici documenti di rilevanza decisiva).
2.3.Tuttavia, deve tenersi conto di quanto, di recente, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 36596/2021, secondo cui la parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello, deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria, « non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato
necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia, in quanto, la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo ».
La questione posta all’attenzione delle Sezioni Unite atteneva all’ipotesi di pronuncia della sentenza prima della scadenza dei termini, già assegnati dal giudice, previsti dall’art.190 c.p.c. ma essa è stata risolta ritenendo il principio operante anche nell’ipotesi di « mancata concessione del termine ex art.190 c.p.c. », essendo identica la questione circa la necessità di allegare o meno alla doglianza un pregiudizio concreto e specifico al diritto di difesa.
Le Sezioni Unite hanno affermato che, ai fini dell’apprezzamento della nullit à per lesione del diritto al contraddittorio e alla difesa, la parte niente altro deve allegare, né tanto meno è tenuta a provare: « La parte, il cui diritto processuale è stato leso, non ha l’onere di allegare o di dimostrare che la violazione le abbia provocato un pregiudizio specifico ulteriore rispetto a quello relativo al compiuto esercizio del suo diritt o»; e « se è vero, come è vero, che quello del contraddittorio, di cui il diritto di difesa finisce per esser compiuta espressione, è il principio cardine del processo giurisdizionale, a niente serve evocare come limite il diverso principio di economia processuale ».
2.4. Nel caso in esame, la ricorrente afferma che non si sarebbe tenuto conto delle argomentazioni svolte a sostegno della natura di
nome di fantasia del segno e nel corpo del secondo motivo si parla di una « decisione resa da RAGIONE_SOCIALE » (senza, peraltro, chiarirne il contenuto o indicarne gli estremi, semmai precisando che tali documenti erano stati prodotti nella fase di opposizione dinanzi all’RAGIONE_SOCIALE « che tale documentazione aveva invece puntualmente esaminato »). Tuttavia, il mancato rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa, stante l’erronea declaratoria di contumacia, integra censura che non necessita di essere in qualche modo «vestita» dalla allegazione di un concreto pregiudizio.
Per quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo, assorbiti i restanti, del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla RAGIONE_SOCIALE per nuovo esame, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla RAGIONE_SOCIALE dei ricorsi contro i provvedimenti dell’RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, il 23 febbraio 2024 nella camera di consiglio