Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32535 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32535 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21928-2021 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 78/2021 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 24/02/2021 R.G.N. 174/2020;
Oggetto
Revocazione sentenza d’appello
R.G.N. 21928/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 09/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Messina, con una prima sentenza n. 626/2019, ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina n. 310/2018, che aveva respinto il ricorso presentato dalla sig.ra NOME COGNOME contro la RAGIONE_SOCIALE La ricorrente aveva contesta to l’assegnazione delle postazioni lavorative agli autisti-soccorritori, lamentando la mancata assegnazione della postazione desiderata presso il 118 di Taormina, nonostante il suo punteggio nella graduatoria regionale la ponesse in posizione migliore rispetto ad altro dipendente che vi era stato trasferito.
La Corte di appello, in quell’occasione, evidenziò che la postazione richiesta dalla COGNOME era stata assegnata ad NOME COGNOME, non coinvolto nel giudizio, che aveva un punteggio di 52,40, superiore a quello della ricorrente. Un altro dipendente, NOME NOME COGNOME, invece, pur essendo parte del giudizio e avendo un punteggio inferiore di 47,00, era stato assegnato a una sede diversa, quella di Letojanni.
Investita nuovamente con giudizio di revocazione, la Corte di Appello di Messina, con sentenza n. 1023/2021, ha rigettato il ricorso della sig.ra COGNOME la quale aveva dedotto a sostegno del mezzo di impugnazione, che la Corte d’Appello fosse incorsa in errore di fatto (n. 4 dell’art.395 c.p.c.) per aver negato che il Sig. COGNOME NOME COGNOME NOME fosse stato assegnato alla postazione ‘118’ di Taormina (dove invece era stato assegnato dal 2014) e aver affermato che lo stesso fosse stato assegnato, in attuazione della graduatoria, alla postazione di COGNOME (dove era stato assegnato solo per un primo periodo, per essere successivamente trasferito a Taormina in
violazione della graduatoria) e per non aver valutato alcuni documenti asseritamente ‘decisivi’ scoperti da lei solo dopo la sentenza, dai quali risulterebbe la presenza di COGNOME NOME COGNOME NOME, dal settembre 2014, nella postazione di Taormina;
La corte, nel respingere il ricorso, rilevò che i motivi addotti dalla ricorrente, sia per errore di fatto che per scoperta di nuovi documenti, non fossero idonei a fondare la revocazione, poiché la sentenza non era ‘l’effetto di un errore di fatto risu ltante dagli atti o documenti della causa’ ossia un errore revocatorio, ma piuttosto di un errore di giudizio, ossia ‘un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare’ (art. 395 comma 1 n. 4 c.p.c.) e che i documenti prodotti come decisivi, no n fossero ‘documenti che la parte non aveva produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario’ (art. 395 comma 1 n. 3 c.p.c.);
per la cassazione della predetta sentenza n. 1023/2021, propone ricorso la sig.ra NOME COGNOME articolando tre motivi. La RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; COGNOME, contumace nel merito e ritualmente intimato, non ha svolto difese; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la ricorrente lamenta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli articoli 115, comma 1, 416, comma 3, 132, comma 2, n. 4, e 112 c.p.c., nonché per mancata applicazione dell’art. 395, comma 1 n. 4, c.p.c. In particolare, sostiene che il giudice di merito avrebbe errato nel considerare che la circostanza del trasferimento, a settembre 2014, dell’autista COGNOME NOME COGNOME NOME
nella sede desiderata dalla ricorrente, fosse un fatto controverso, e quindi esclusa con un errore di giudizio, mentre sarebbe stata esclusa per un errore di fatto revocatorio in quanto era una circostanza non contestata;
con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente denuncia la falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 23 legge n. 241/90, 5, comma 7, del D.L. n. 16/2012 (convertito dalla L. n. 44/2012), 2727 e 2729 c.c., nonché agli artt. 112 e 395, comma 1, n. 3, c.p.c. In particolare, sostiene che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente affermato che la ricorrente si trovasse nelle condizioni di venire a conoscenza dei report dei turni di servizio degli autisti prima della scoperta avvenuta il 15 giugno 2020 e che non ricorressero le condizioni del n. 3 del primo comma dell’art. 395 non essendo emersa né la forza maggiore né il fatto dell’avversario (che oltre tutto non aveva contestato il contenuto dei documenti prodotti nel ricorso per revocazione, essendosi la SEUS limitata solo ad affermare di non aver ‘nascosto’ i documenti;
con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in relazione agli artt. 132, comma 2, n. 4, 115, comma 1, 416, comma 3, c.p.c., 111, comma 6 Cost. in correlazione agli artt. 112, 394, comma 1, n. 4 c.p.c., la ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. In particolare, sostiene che la Corte d’Appello avrebbe omesso di considerare che l’autista COGNOME NOME COGNOME NOME, pur avendo un punteggio inferiore nella graduatoria, fu assegnato alla postazione del 118 di Taormina in luogo della ricorrente.
4. Il ricorso è infondato
4.1. Il primo motivo di ricorso è in parte infondato, in parte inammissibile. La ricorrente sostiene che il giudice di merito
avrebbe erroneamente qualificato come “errore di giudizio” e non come “errore revocatorio di fatto” la questione relativa all’assegnazione dell’autista NOME NOME COGNOME alla postazione di Taormina a partire da settembre 2014. A detta della ricorrente, tale fatto avrebbe dovuto essere considerato non controverso, in applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115, comma 1, c.p.c., da parte del Tribunale.
Sotto tale profilo, il motivo è infondato. La Corte di appello, dopo aver richiamato i principi che regolano il giudizio di revocazione e che lo rendono un rimedio non configurabile quale ulteriore grado di giudizio, ha escluso la sussistenza dell’errore revocatorio, nel fatto denunciato, poiché la circostanza del trasferimento dello Scandurra Lucio Antonio alla sede desiderata dalla ricorrente era controversa nel corso del giudizio, ed avrebbe dovuto essere oggetto di una verifica istruttoria.
In particolare ha osservato la corte che ‘che in effetti, sia nel ricorso di primo grado che in quello di appello, la COGNOME aveva allegato che il collega collocato in graduatoria in posizione deteriore rispetto alla sua e ritualmente evocato in giudizio quale controinteressato, era stato spostato nella postazione da lei ambita, non già in fase di prima assegnazione, ma successivamente, a seguito di una sopravvenuta vacanza per trasferimento del precedente titolare’. Ha poi, tuttavia, evidenziato che la relativa prova, sul fatto oggettivamente contestato dalla resistente, non era stata ammessa dalla corte. Ha quindi concluso che la prima sentenza, dando per insussistente un fatto contestato che necessitava di accertamento probatorio, è incorsa in un errore di giudizio, come tale non emendabile con il rimedio della revocazione, così circoscrivendo correttamente l’ambito del giudizio di revocazione. E ciò sulla scorta della consolidata giurisprudenza
di questa corte (Cass. n. 26890/2019; Cass. n. 2236/2022), secondo cui l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non riguardi un punto controverso o attenga ad una errata valutazione delle risultanze processuali.
Ancora, la ricorrente, con il primo motivo di ricorso, si duole che la Corte di appello abbia omesso la pronuncia in ordine alla domanda di trasferimento a Taormina, proposta nel ricorso di primo grado e riproposta nel ricorso per revocazione. Tuttavia, pur riportando ampi brani del ricorso, non risulta riportata e trascritta la relativa domanda, con conseguente inammissibilità di tale parte del motivo ed in ogni caso, trattandosi di giudizio rescissorio, la Corte di appello avendo correttamente escluso la fase rescindente, correttamente non ha dato corso alla pronuncia rescissoria.
4.2. Il secondo motivo è inammissibile. La ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente dichiarato irrevocabile, ai sensi dell’art. 395, n. 3, c.p.c., la sua precedente sentenza, ritenendo che la ricorrente fosse a conoscenza o comunque potesse conoscere i documenti decisivi (ossia, le schede dei turni di servizio presso la postazione 118 di Taormina comprovanti la presenza di Scandurra a partire da settembre 2014) e il luogo in cui tali documenti erano ubicati.
In realtà il nucleo essenziale della decisione impugnata si basa sulla circostanza che la ricorrente non fornisce alcuna prova che i documenti siano stati ‘nascosti’ dalla SEUS. E che, essendo dipendente della società, e quindi a conoscenza dell’organizzaz ione del lavoro degli autisti soccorritori e della
esistenza di annotazioni scritte dei relativi turni di servizio, avrebbe potuto avvalersi dei rimedi giudiziali o stragiudiziali (istanze di esibizione) per ottenere l’esibizione dei relativi documenti.
Né assume rilievo l’aver fatto riferimento alla natura della datrice di lavoro quale esercente un pubblico servizio, dalla cui mera lettura (ultimo periodo del terz’ultimo capoverso di pag. 6 della sentenza), emerge come sia stato inserito ad abundantiam e che non influisca sul dispositivo della decisione (cfr. Cass. n. 30354/2017; Cass. n. 22782/2018; Cass. n. 7995/2022), la cui ratio decidendi si fonda, come visto, sull’argomento del difetto di prova da parte della lavoratrice.
4.3. Il terzo motivo è infondato. La ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente dichiarato irrevocabile la propria precedente sentenza, basandosi sul presunto difetto di prova della scoperta dei report dei turni di servizio presso la postazione 118 di Taormina per l’anno 2014, nonostante tali documenti fossero stati consegnati solo il 15 giugno 2020 da un altro autista soccorritore. La ricorrente ritiene che la Corte abbia così omesso di pronunciarsi in via rescissoria su un fatto decisivo oggetto di discussione.
La Corte d’Appello, come già evidenziato sub 4.2., ha correttamente applicato l’onere della prova (primi sette periodi del terz’ultimo capoverso di p. 6 della sentenza), che grava su chi agisce in revocazione, relativamente all’ignoranza, fino al momento dell’assegnazione della causa a sentenza, dell’esistenza dei documenti e del luogo ove essi si trovavano. Tale ignoranza non deve dipendere da colpa della parte stessa, ma da fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore (cfr. Cass. n. 885/2018; Cass. n. 29122/2023). Nel caso in esame, la ricorrente non ha dedotto l’elemento rilevante del fatto dell’avversario quale impedimento alla produzione dei
documenti nel processo, rendendo pertanto infondato il motivo di ricorso.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si dichiarano a carico della parte ricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 9 ottobre 2024