Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11816 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11816 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
REVOCAZIONE ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6917/2024 R.G. proposto da COGNOME NOME E COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso e per la revocazione dell ‘ordinanza n. 379/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il giorno 5 gennaio 2024; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME e NOME COGNOME, da un lato, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (alla quale in corso di causa è succeduto
mortis causa NOME COGNOME, dall’altro, spiegarono distinte opposizioni avverso la ingiunzione n. 21579 del 26 ottobre 2016 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria per la riscossione delle entrate della società RAGIONE_SOCIALE recante richiesta di pagamento della somma di euro 27.615,15, causalmente ascritta a corrispettivo non onorato della fornitura idrica intestata al defunto NOME COGNOME dante causa degli ingiunti;
riuniti i giudizi, il Tribunale di Pisa rigettò le opposizioni;
in accoglimento dell’appello formulato dagli eredi COGNOME la Corte d’appello di Firenze dichiarò estinto per prescrizione il credito azionato, reputando maturato il termine quinquennale ex art. 2948, num. 4, cod. civ., alla data di notifica dell’ingiunzione di pagamento, per essere inidonea a fini interruttivi una missiva inviata nel giugno-luglio 2012 dalla società RAGIONE_SOCIALE
il ricorso per cassazione proposto da quest’ultima società venne accolto, per ambedue i motivi articolati, con ordinanza n. 379/2024 di questa Corte, pronunciata in data 5 gennaio 2024;
di tale ordinanza chiedono uno actu la revocazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base di due motivi, ambedue riferiti ad errori di fatto;
resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE
le parti hanno depositato memoria illustrativa;
Considerato che
il primo motivo lamenta errore di fatto;
parte ricorrente sostiene che, nella motivazione esposta alle pagine 6 e 7 della ordinanza impugnata, la Corte di legittimità « si imbatte in un lapsus calami », richiamando un atto inviato nel giugno 2011 benché intenda, in tutta evidenza, « riferirsi alla comunicazione della società RAGIONE_SOCIALE effettuata il 20 giugno del 2012 » e proseguendo con l’affermare
che successivamente a tale nota « i ricorrenti avrebbero effettuato il pagamento di 5.000 euro in conto »;
reputa l’impugnante la decisività di tale « falsa rappresentazione della realtà » ai fini della statuizione sulla prescrizione del credito: posto che « la piena ed efficace validità del riconoscimento del debito viene riconosciuta da tutte le parti in giudizio, e da tutte le parti in giudizio viene collocata nella raccomandata dell’ otto aprile del 2011» , la Corte di legittimità, ove non incappata nell’errore di fatto, avrebbe dovuto riconoscere l’avvenuto decorso del termine quinquennale di prescrizione alla data di notifica dell’ingiunzione di pagamento;
il motivo è inammissibile;
è doveroso premettere che ai fini della revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, num. 4, cod. proc. civ., l’errore di fatto, cioè a dire la svista percettiva relativa agli atti interni al giudizio di legittimità, deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
di poi, il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; da ultimo, Cass., Sez. U, 19/07/2024, n. 20013);
tanto precisato in linea generale, la doglianza in esame attinge criticamente la parte della motivazione della ordinanza n. 379/2024 in cui questa Corte, nell’apprezzare la fondatezza del secondo motivo di ricorso per cassazione, dopo aver esposto i princìpi di diritto relativi alle caratteristiche degli atti con effetto interruttivo della prescrizione, ha affermato che « nella specie i suindicati principi sono stati dalla Corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza, atteso che all’atto dall’odierno ricorrente inviato nel giugno 2011, intestato -come dettoin termini di ‘costituzione in mora’ e il cui contenuto è stato dalla ricorrente riprodotto a p. 3 e ss. del ricorso, ha fatto seguito la comunicazione da parte degli eredi dell’avvenuto decesso dell’intestatario dell’utenza e l’effett uazione di un pagamento parziale del credito vantato dalla predetta società, con richiesta di relativa rateizzazione ai fini dell’estinzione del debito in argomento »;
orbene, detto passaggio reca -come peraltro asserisce la stessa parte ricorrente -un evidente errore materiale, concernente la datazione dell’atto cui si opera relatio ;
ed invero, assumendo pregante significatività la descrizione (pur sintetica) dell’atto (ovvero la menzione della intestazione « in termini di ‘costituzione in mora’ ») e il riferimento alla collocazione processuale dello stesso (cioè la puntualizzazione « il cui contenuto è stato dalla ricorrente riprodotto a p. 3 e ss. del ricorso »), appare palese che la Corte abbia inteso richiamare il sollecito « 2012-34069 del 20.06.2012 » intestato « lettera di messa in mora » ed integralmente trascritto alla pagina 3 del ricorso per cassazione della società RAGIONE_SOCIALE
a siffatta missiva l’ordinanza in questa sede gravata ha ascritto valenza interruttiva del corso della prescrizione, dovendosi in tal guisa leggersi, a mò di sillogismo, la illustrazione consecutiva delle regole, generali ed astratte, in tema di atti interruttivi e della valutazione dell’atto oggetto in concreto di valutazione;
r.g. n. 6917/2024 Cons. est. NOME COGNOME
in altri termini, con il passaggio argomentativo sopra trascritto, la ordinanza ha ritenuto la lettera del giugno 2012 munita dei requisiti, oggettivi e soggettivi, individuati nei capoversi precedenti come necessariamente connotanti un atto di costituzione in mora: e il fatto rappresentato nel documento erroneamente indicato nella sua data giustifica la conclusione enunciata;
l’apprezzamento così operato, individuando un evento ostativo al maturare del quinquennio utile ai fini prescrizionali alla data di notifica dell’ingiunzione di pagamento, è risultato a ragione di per sé sufficiente alla disposta cassazione della sentenza all’epoca impugnata (la quale aveva invece reputato decorso il termine di prescrizione ex art. 2948 cod. civ.) e rende pertanto superfluo (cioè privo di incidenza ) l’ulteriore rilievo, esposto nel prosieguo della motivazione, sulla comunicazione del decesso e sul pagamento parziale effettuati dagli eredi NOME;
il motivo in scrutinio adduce dunque un mero errore materiale, non già un errore di fatto rilevante ex art. 395 cod. proc. civ.;
il secondo motivo denuncia un errore di fatto, ad avviso di parte ricorrente compiuto dalla Corte nel trascrivere il primo motivo del ricorso per cassazione all’epoca scrutinato;
detto errore si annida, secondo la prospettazione degli impugnanti, nel « collocare temporalmente, ancora una volta nell’anno 2012, la nota realmente inviata dai Monti l’08.04.2011 », nota menzionata « come prova del subentro degli eredi nel contratto di fornitura » senza « avere chiaro che v’è un quinquennio (dall’08.04.2011 al 26.10.2016) in cui non accade nulla »;
anche questo motivo è inammissibile;
l’errore ivi prospettato concerne la parte narrativa della ordinanza, cioè la parte del provvedimento recante la descrizione del contenuto dei motivi formulati a suffragio del ricorso di cassazione, non già
l’espressione di statuizioni o convincimenti valutativi della Corte: detto errore, pur supponendone l’esistenza, è dunque privo di decisività;
il ricorso per revocazione è inammissibile; le spese del presente giudizio seguono la soccombenza;
attesa l’inammissibilità dell’impugnazione, va da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti al competente ufficio di merito -ex art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dell ‘ art. 13;
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;
condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrenti delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 3.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione