Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7790 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16379-2024 proposto da:
COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE CONCORDATO), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Revocazione
R.G.N. 16379/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 29/01/2025
CC
avverso l’ordinanza n. 1611/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 16/01/2024 R.G.N. 455/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte Suprema di Cassazione, con l’ordinanza n. 1611/2024, per quello che interessa in questa sede, ha rigettato il ricorso per regolamento di competenza, cui aveva aderito NOME COGNOME ritenendo competente a statuire sulla controversia il Tribunale di Ravenna, ove insisteva la sede della società RAGIONE_SOCIALE
I giudici di legittimità hanno rilevato, conformemente alle conclusioni della Procura Generale, che la competenza territoriale in materia di querela di falso proposta in via principale spettava al giudice individuato in base ai criteri di collegamento dettati dagli artt. 18 e 19 cpc e che la suddetta competenza inderogabile, stante il previsto intervento obbligatorio del PM, non era modificabile per effetto della attrazione da parte della connessa causa di merito; hanno specificato che la eccezione di incompetenza territoriale, riguardante un procedimento di querela di falso e non di questioni relative ad un rapporto di lavoro subordinato, era stata tempestivamente sollevata ed affidata alle cure del giudice ordinario; hanno precisato, infine, che trattandosi di eccezione di incompetenza per territorio del giudice adito, in ragione della esistenza di un foro inderogabile, non era necessario indicare i possibili fori alternativi.
Avverso l’ordinanza di questa Corte sopra citata NOME COGNOME ricorre per la revocazione, affidandosi a quattro motivi, cui resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La resistente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati, riportando, però, testualmente la rubrica degli stessi.
Con il primo motivo si denuncia la ‘violazione dell’art. 19 della legge n. 533/1973, anche in relazione all’art. 158 cpc’, per avere deciso la controversia relativa alla competenza per territorio non appartenente alle materie di cui all’art. 409 cpc la Se zione lavoro della Corte di Cassazione, pur essendo stato incardinato il giudizio sulla querela di falso innanzi alla Sezione Civile del Tribunale di Foggia.
Con il secondo motivo si obietta ‘l’errore di fatto sulla natura del ricorso e della sentenza impugnata’, per avere la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione deciso il sub procedimento incidentale, relativo alla individuazione del giudice competente, riguardante la querela di falso e non avente alcun collegamento con le controversie in materia di lavoro perché trasmigrato alla Sezione Civile del Tribunale di Foggia.
Con il terzo motivo si censura ‘l’errore di fatto sulla ritenuta insussistenza della rituale eccezione’ proposta con la istanza di regolamento di competenza perché la pronuncia della Corte di Cassazione era smentita dall’art. 65 bis del Codice del Consumo che prevede, in un contesto di competenza per territorio inderogabile, anche il foro alternativo del domicilio del consumatore con la conseguenza che era errata la statuizione di legittimità nella parte in cui era stato affermato che non era necessario contestare tutti i possibili fori alternativi.
Con il quarto motivo si lamenta la ‘erronea sussistenza dell’eccezione di incompetenza per materia, su un fatto rilevante agli atti del processo’, per avere la Corte di Cassazione, attraverso una erronea lettura degli atti stessi, ritenuto sussistente la inderogabile competenza per materia del giudice ordinario e che questa competenza era stata eccepita e statuita nonostante non fosse stata mai sollevata e decisa la relativa questione in nessuna parte del processo di primo grado.
I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
In primo luogo, deve osservarsi che essi non contengono l’indicazione precisa del motivo della revocazione, prescritto dall’art. 398, secondo comma, cod. proc. civ., e la cui violazione è sanzionata a pena di inammissibilità (Cass. n. 13863/2015, Cass. n. 14126/2018).
In secondo luogo, qualora volesse ritenersi che sia stato prospettato un errore di fatto a fondamento degli stessi, il ricorso non è in linea con quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. n. 20013/2024) che hanno statuito che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di Cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte.
In applicazione delle premesse in diritto sopra individuate, va rilevato che gli errori in tesi imputati dall’odierno ricorrente all’ordinanza revocanda attengono, invece, a valutazioni in diritto, concernenti, da un lato, la individuazione del Tribunale di Ravenna quale giudice competente, ampiamente motivata nel provvedimento di questa Corte e, dall’altro, la natura della eccezione per competenza inderogabile con esclusione, quindi, della necessità di indicare fori alternativi: si tratta, pertanto, a differenza di quanto sostiene parte ricorrente, di attività chiaramente valutative in diritto e non di travisamento di fatti, come sopra specificato, tali da essere oggetto di errore revocatorio (cfr. Cass. 15.6.2012 n. 9835; Cass. 3.4.2017 n. 8615).
Quanto, invece, alle questioni relative alle doglianze che la Sezione Lavoro di questa Corte avrebbe deciso un giudizio non rientrante nelle controversie di cui all’art. 409 cpc, così incorrendo in un errore percettivo, deve sottolinearsi che, nell’ambito della Corte di Cassazione, quale giudice di ultima istanza di legittimità, la questione se una determinata controversia spetti alla cognizione del giudice del lavoro ovvero a quella del giudice ordinario non rileva assolutamente ai fini processuali e non è sanzionata a pena di nullità giacché la suddivisione in Sezioni della Corte di Cassazione trova la sua ragione di esistenza in un criterio di distribuzione interna degli affari, senza alcuna differenziazione strutturale delle Sezioni nell’ambito dell’Uffi cio giudiziario (per i principi, cfr. Cass. n. 12396/1997; Cass. n. 683/1988).
In conclusione, quindi, non venendo in rilievo errori di percezione che abbiano indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto decisivo che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, ma riguardando, invece, i pretesi errori, questioni di diritto o ordinamentali, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile (Cass. n. 8828/2017).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025