Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1994 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1994 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 218/2023 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOMECOGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti p.t. dott.ssa. NOME COGNOME e dott.ssa. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2266/2022 depositata il 23/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La vicenda concerne una controversia sorta tra la Deutsche Bank s.p.a. e i fideiussori di un finanziamento concesso nel 2009 in favore della società RAGIONE_SOCIALE La Banca si era rivolta al Tribunale di Napoli Nord, chiedendo l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti di NOMECOGNOME NOMECOGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME nella loro qualità di garanti, per ottenere il pagamento della somma di € 9.495,24, oltre interessi, corrispondente al residuo debito relativo al capitale ed agli interessi maturati al 3 settembre 2013. Emesso dall’adito Tribunale il richiesto decreto ingiuntivo i garanti proponevano opposizione.
Alla prima udienza il giudice rigettava l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione e sospendeva il giudizio assegnando alla banca il termine di 15 giorni, a decorrere dalla comunicazione dell’ordinanza per promuovere il tentativo di mediazione, e concedendo tre mesi per la definizione.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 1651/2017, esperito il tentativo di mediazione, rigettava l’opposizione.
Con la sentenza n. 143/2022, del 18 gennaio 2022, la Corte d’appello di Napoli, rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.
2.1. Avverso tale sentenza NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello in revocazione, contestando specificatamente la parte in cui aveva ritenuto esistente la condizione di procedibilit à prevista dal D.lgs. n° 28 del 2010, relativa al tentativo obbligatorio di mediazione. Essi evidenziavano che una delle parti, la Deutsche Bank, si era
presentata davanti al mediatore unicamente tramite un avvocato delegato oralmente dal legale formalmente costituito per la banca, ritenuto erroneamente munito di procura notarile. In realtà, sostenevano che le due procure notarili rilasciate dalla Deutsche Bank erano limitate ai soli giudizi in corso e conferite esclusivamente all’avvocato costituito, senza alcun riferimento alla procedura di mediazione, né tantomeno all’avvocato delegato oralmente. Tale circostanza, secondo gli appellanti, avrebbe inficiato la validità della mediazione, rendendo improcedibile il giudizio.
La Corte rigettava la revocazione.
Propongono ricorso per cassazione NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base di un motivo illustrato da memoria.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1. Con l’unico motivo di ricorso, i signori NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentano la ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c . ‘.
Sostengono che la Corte d’appello ha errato nel dichiarare inammissibile il loro ricorso per revocazione, dal momento che l’errore di fatto, per costituire un punto controverso oggetto della decisione, richiede che tra le parti vi siano tesi antitetiche che abbiano dato luogo ad una discussione, mentre ‘la questione concernente l’inesistenza di un’idonea procura notarile a presenziare dinanzi al mediatore non è stato oggetto di posizioni contrapposte, quindi dibattuta e per conseguenza controversa’.
Pertanto, l’irregolarità della procedura di mediazione per la mancata partecipazione personale della banca ovvero per mezzo di un suo delegato munito di procura notarile, sebbene dedotta tra i motivi di appello, non integrerebbe un ‘punto controverso’, in
quanto gli appellanti si sarebbero limitati a sollecitare l’esercizio dei poteri di controllo del giudice. A sostegno delle loro deduzioni i ricorrenti richiamano la sentenza di questa Corte Sez. V, 8 giugno 2018, n. 14929).
Il motivo di ricorso è inammissibile sotto plurimi profili.
Innanzitutto lo è per violazione dei principi di specificità, come codificati dall’art. 366, comma 1, nn. 4 e 6, c.p.c.
Nel ricorso per cassazione, infatti, devono essere espressamente indicati gli atti processuali e/o i documenti su cui l’impugnazione si fonda.
Trattasi di requisiti a carattere formale che, pur non dovendosi interpretare in modo troppo formalistico (anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021), richiedono però che il ricorrente indichi detti atti e/o documenti ‘alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati’ (cfr., da ultimo, ex plurimis , Cass. civ. Sez. III, Ord., 2 settembre 2024, n. 23526; Cass. civ. Sez. III, Ord., 23 agosto 2024, n. 23055; Cass. civ., Sez. I, Ord., 8 agosto2024, n. 22456).
Nella fattispecie, detti requisiti non sono stati rispettati, avendo i ricorrenti tentato di corroborare la loro tesi del ‘fatto non oggetto di discussione’, riportando nel ricorso un elenco degli atti del secondo grado, dai quali questo collegio avrebbe dovuto desumere che la questione della procedura di mediazione (o, meglio, della mancata formale regolare partecipazione della Banca alla mediazione) non sia stata già oggetto di discussione tra le Parti.
Nel farlo, però, omettono di riprodurre il contenuto di detti atti, anche solo in via indiretta, impedendo a questo collegio di
verificare, in negativo, le affermazioni contenute nella decisione della Corte partenopea, con conseguente inammissibilità delle relative doglianze.
Inoltre, i ricorrenti non colgono la ratio decidendi della sentenza. L’impugnazione per revocazione di una sentenza è possibile, ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., quando è l’effetto di un errore di fatto, riscontrabile dagli atti e/o dai documenti di causa, dovendo apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità. Un tale errore ricorre in due sole specifiche ipotesi (ossia, sentenza fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa oppure sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita) e richiede sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato e non attenga ad un’errata valutazione delle risultanze processuali (cfr. ex multis , Cass. civ., Sez. lav., Ord., 31 ottobre 2024, n. 28106; Cass. civ., Sez. V, Ord., 24 ottobre 2024, n. 27561; Cass. civ., Sez. V, Ord., 20 settembre 2024, n. 25304; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 22 maggio 2024, n. 14220; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 15 aprile 2024, n. 10080).
Ebbene, tale principio di carattere generale è stato compendiato dalla pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte regolatrice, in cui è stato evidenziato che l’errore rilevante ex art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c.: ‘a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente
sulla pronuncia della Corte’ (cfr. Cass. civ., SS.UU., Ord., 19 luglio 2024, n. 20013).
Su tali basi, dunque, condicio sine qua non di un’ammissibile azione di revocazione è che il fatto di causa, oggetto dell’asserito errore compiuto dal giudice di merito, non abbia costituito terreno di discussione delle parti e mai riguardare l’attività interpretativa e valutativa del giudice stesso.
Ebbene, nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall’art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., in l. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste. La condizione di procedibilità può ritenersi, inoltre, realizzata qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre. Il termine di quindici giorni disposto dal giudice non ha natura perentoria, in quanto dal tenore letterale dell’art. 5, comma 2 bis, del medesimo decreto (nella formulazione applicabile ratione temporis) si ricava che la dichiarazione di improcedibilità non è collegata dal legislatore al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda, bensì al solo evento dell’esperimento del procedimento di mediazione, essendo, peraltro, tale conclusione compatibile con la ratio legis sottesa alla mediazione obbligatoria ope iudicis , consistente nella ricerca della soluzione migliore possibile per le parti, dato un certo stato di avanzamento della lite e certe sue caratteristiche (Cass. 4133/2024).
Nel caso di specie, la Corte d’appello non è incorsa in errore revocatorio , la decisione d’ inammissibilità della domanda risultando
corretta nel difetto anzitutto del relativo necessario presupposto costituito dalla sussistenza di un fatto incontroverso.
Dalla lettura della sentenza impugnata emerge invero ictu oculi che le deduzioni spiegate dagli odierni ricorrenti a fondamento della richiesta di revocazione hanno costituito oggetto di uno specifico motivo di gravame, specificamente relativo alla censura di irregolarità della procedura di mediazione per omessa partecipazione ad essa del personale della Banca o di difensore munito di specifica procura (cfr. pp. 8-10 sentenza impugnata n. 2266/2022 ), relativamente alla quale la corte di merito ha invero pure richiamato gli atti da cui un tanto risulta ( ultima parte del primo motivo di appello e la comparsa conclusionale).
7. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Deutsche Bank S.p.A., seguono la soccombenza. Va disposta altresì anche la condanna ex art. 96, 3° comma, c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore della controricorrente società Deutsche Bank S.p.A.: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 2.200 ,00, di cui euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di € 2.000,00 ex art. 96, 3° comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza