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Errore di fatto revocatorio: quando si può usare?

Un creditore ha impugnato per revocazione una sentenza d’appello, sostenendo un errore di fatto revocatorio da parte dei giudici, che avrebbero ignorato documenti decisivi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che l’omessa valutazione di prove non costituisce un errore di fatto, ma un potenziale errore di giudizio, non sanabile con la revocazione.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Errore di Fatto Revocatorio: i Limiti secondo la Cassazione

L’errore di fatto revocatorio è uno strumento processuale straordinario e, come tale, soggetto a limiti applicativi molto stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire la distinzione fondamentale tra un errore di percezione del giudice e un errore di valutazione delle prove. Il primo può giustificare la revocazione di una sentenza, il secondo no. Analizziamo insieme un caso pratico per capire meglio.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una cessione di credito. Una società, creditrice nei confronti di un Ente Pubblico per lavori eseguiti, cede il proprio credito a un soggetto terzo (il cessionario). Quest’ultimo notifica la cessione all’Ente, ma l’amministrazione pubblica nega il proprio assenso, ritenendo il credito non sufficiente.

Inizia così un lungo percorso giudiziario. Il cessionario ottiene un decreto ingiuntivo, ma l’Ente Pubblico si oppone e vince sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello, in particolare, respinge le argomentazioni del creditore. Non contento, il cessionario tenta un’ultima carta: il ricorso per revocazione della sentenza d’appello, basato sull’art. 395, n. 4, del codice di procedura civile, sostenendo che i giudici di secondo grado fossero incorsi in un palese errore di fatto revocatorio.

La Tesi del Ricorrente: L’errore di fatto revocatorio della Corte d’Appello

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva commesso diversi errori percettivi. In particolare, sosteneva che i giudici avessero:

1. Affermato erroneamente che egli non avesse mai contestato la legittimità del diniego dell’Ente, quando invece tale contestazione era presente negli atti processuali.
2. Omesso di esaminare documenti decisivi presenti nel fascicolo, come la determinazione di approvazione del collaudo, una delega del Presidente dell’Ente e una nota che provava la data di ricezione della comunicazione di cessione.

In sostanza, il ricorrente lamentava che i giudici non avessero ‘visto’ o avessero ignorato prove documentali che, a suo dire, avrebbero cambiato l’esito del giudizio, dimostrando la tardività e l’illegittimità del rifiuto opposto dall’Ente Pubblico.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sulla natura dell’errore di fatto revocatorio.

I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: l’errore di fatto che può giustificare la revocazione è solo quello che consiste in una falsa percezione della realtà. Si verifica quando il giudice, per una svista materiale, afferma l’esistenza di un fatto chiaramente escluso dai documenti di causa, oppure nega l’esistenza di un fatto che dai documenti risulta in modo incontrovertibile. Deve essere un errore che emerge immediatamente dal confronto tra la sentenza e gli atti, senza necessità di ulteriori argomentazioni o valutazioni.

Nel caso in esame, la Corte ha stabilito che le doglianze del ricorrente non rientravano in questa categoria. Lamentare l’omesso esame di un documento o la sua mancata valorizzazione non configura un errore percettivo, ma un errore di valutazione o di giudizio. Il ricorrente, infatti, non stava sostenendo che i giudici avessero ‘letto male’ un documento, ma che avessero omesso di considerarlo nel formare il proprio convincimento.

Come spiega la Corte, questo tipo di censura attiene al processo logico-valutativo del giudice e non a una svista materiale. Pertanto, non può essere fatto valere con lo strumento della revocazione, ma, eventualmente, con altri mezzi di impugnazione. L’errore di fatto revocatorio, per sua natura, non può mai cadere su un punto controverso che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Le Conclusioni

La decisione della Corte di Cassazione rafforza la natura eccezionale del rimedio della revocazione per errore di fatto. Non è una terza istanza di giudizio per ridiscutere il merito della causa o per lamentare una valutazione delle prove ritenuta ingiusta. È, invece, un rimedio limitato a casi di ‘abbaglio’ oggettivo e palese del giudice, un errore di percezione che non lascia spazio a interpretazioni. La sentenza chiarisce che l’omessa valutazione di un elemento probatorio, per quanto decisivo possa sembrare alla parte, non costituisce un errore di fatto, ma si colloca nell’ambito dell’attività valutativa del giudice, che non può essere sindacata tramite la revocazione.

Cos’è un errore di fatto revocatorio secondo la Corte di Cassazione?
È una falsa percezione della realtà o una svista materiale che porta il giudice ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo incontrastabilmente escluso dagli atti, o a negarne l’esistenza quando invece è positivamente accertato. Non deve riguardare un punto controverso del giudizio.

L’omesso esame di un documento può essere considerato un errore di fatto revocatorio?
No. Secondo l’ordinanza, l’omessa valutazione di fatti o documenti, anche se presenti nel fascicolo, non costituisce un errore di fatto percettivo, ma attiene al giudizio valutativo del decidente. Si tratta, quindi, di un potenziale errore di giudizio, non sanabile con la revocazione.

Qual è la differenza tra errore di fatto e errore di valutazione?
L’errore di fatto è un errore di percezione (es. leggere ‘sì’ dove è scritto ‘no’). L’errore di valutazione è un errore nel processo logico con cui il giudice interpreta le prove e applica la legge per arrivare a una decisione. Solo il primo, a determinate condizioni, può portare alla revocazione della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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