Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25058 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15794/2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME;
-intimato – per la revocazione dell’ordinanza n. 16071/2024 della Corte Suprema di Cassazione, depositata il 10/06/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
Questa Corte, con ordinanza n. 16071/2024, rigettò il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME Giovanni.
Risulta utile, per quello che immediatamente dopo si dirà, riportare la motivazione in diritto adottata da quel Collegio:
<>.
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., dell’anzidetta decisione di legittimità.
La ricorrente individua l’ipotesi di revocazione di cui all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., in sintesi, nei termini di cui appresso:
-la Corte di cassazione aveva ben colto che con l’unitaria censura prospettata la ricorrente aveva dedotto violazione dell’art. 38 cod. proc. civ., addebitandosi alla decisione di merito di avere tardivamente negato la competenza, oramai consolidatasi in capo al giudice ordinario, nonché di avere omesso di pronunciarsi, con violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., su un motivo d’impugnazione decisivo e assorbente;
aveva, inoltre, puntualmente riepilogato le ragioni poste a sostegno del complesso motivo;
-la Corte di cassazione aveva concluso per l’infondatezza del motivo a riguardo del profilo con il quale si era perorata l’ipotesi che il COGNOME avesse implicitamente rinunciato all’eccezione di arbitrato irrituale;
<>.
Il ricorso qui al vaglio è palesemente inammissibile.
3.1. L’ordinanza della quale vien qui chiesta la revocazione ha compiutamente e, peraltro, chiaramente, preso in rassegna e disatteso entrambi i profili di doglianza prospettati con l’unitaria censura, quindi, anche la dedotta violazione dell’art. 38 cod. proc. civ.
In estrema sintesi, in quel provvedimento si è spiegato che: il patto di arbitrato irrituale e, quindi, la relativa eccezione sollevata, importa una rinuncia alla giurisdizione statale e, di conseguenza, non pone alcuna questione di competenza, che il giudice debba risolvere nei termini di cui all’art. 38 cod. proc. civ.; proprio perciò la Corte ha scritto che è <> ; l’eccezione di arbitrato libero o irrituale pone una questione di merito e deve essere proposta dalle parti nei tempi e modi previsti per le eccezioni di merito.
3.2. In disparte, è appena il caso di soggiungere che, a tutto voler concedere, ben lungi dall’evocare l’errore di fatto revocatorio, la ricorrente, peraltro, senza peritarsi di esaminare ‘funditus’ la motivazione sopra riportata, ricca del riferimento ai precedenti conformi, insiste del tutto impropriamente nella sostenuta tesi giuridica (l’eccezione di arbitrato irrituale necessiterebbe di esame nei tempi e modi previsti dall’art. 38 cod. proc. civ. per l’eccezione processuale d’incompetenza) disattesa nel giudizio di merito e in quello di cassazione.
3.3. L’errore di fatto revocatorio ricorre, come risulta dalla piana descrizione normativa, ‘quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita’; cioè deve annidarsi in una oggettiva dispercezione da parte del Giudice di legittimità della ricostruzione fattuale siccome operata dalla sentenza d’ appello o rappresentata dai documenti esaminabili (allorquando la Cassazione è eccezionalmente giudice del fatto); e certamente tale non può considerarsi un apprezzamento o una conseguenza giuridica, come nel caso di specie, non potendo il Giudice della legittimità essere chiamato a decidere nuovamente la causa in una sorta di anomalo
nuovo giudizio, a seguito d’una impropria opposizione, anche a riguardo delle statuizioni processuali.
Si è, così affermato che l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (nella specie, la S.C. ha affermato il principio escludendo il vizio revocatorio in un giudizio per cassazione nel quale era stato omesso il rilievo che il controricorso era stato notificato alla parte personalmente, anziché al procuratore nel domicilio eletto: v. Cass. Sez. 6, n. 16439, 10/6/2021, Rv. 661483).
Analogamente, si è detto che non rappresenta un vizio riconducibile al combinato disposto degli artt. 391 bis e 395, n. 4), c.p.c. la prospettazione di una errata valutazione in ordine alla ritualità della costituzione del controricorrente, per non avere la Corte rilevato che quest’ultimo aveva proceduto alla notifica del controricorso presso la cancelleria, sebbene il ricorso per cassazione contenesse l’indicazione della PEC del difensore del ricorrente, poiché l’errore, ove sussistente, non costituirebbe un errore di fatto, ma un errore di giudizio, conseguente a una errata
valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali (Cass. Sez. 6, n. 24672, 11/8/2022, Rv. 665817).
Più in generale è utile ricordare che questa Corte reiteratamente ha avuto modo di chiarire che il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione.
È inammissibile il ricorso al rimedio previsto dall’art. 391 bis cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui il dedotto errore riguardi norme giuridiche, atteso che la falsa percezione di queste, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell’ “error iuris”, sia nel caso di obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione) (Cass. Sez. 6, n. 29922, 29/12/2011, Rv. 620988; conf., ex multis, Cass. n. 4584/2020).
Fa da corollario il principio incontroverso secondo il quale l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, sicché è inammissibile il ricorso per revocazione che suggerisca l’adozione di una soluzione giuridica diversa da quella adottata (Cass. Sez. 6, n. 3494, 12/02/2013, Rv. 625003).
Né, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di
legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia (Cass. Sez. U, n. 8984, 11/04/2018, Rv. 648127; cfr., anche, Cass. Sez. U., n. 30994, 27/12/2017; Cass. Sez. 6, n. 14937, 15/6/2017).
Non vi è luogo a statuizione sulle spese, poiché la controparte è rimasta intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda