Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23715 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/08/2025
Oggetto:
Revocazione
–
correzione errore materiale
–
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23484/2024 R.G. proposto da:
COGNOME domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di Cassazione, con diritto di ricevere le comunicazioni all’indicato indirizzo pec dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore , domiciliato in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis ;
– controricorrente –
Per la revocazione e/o correzione errore materiale della ordinanza di questa Corte di Cassazione n. 13750/2024, depositata il 17/05/2024 R.G.N. 4649/2018 ;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con ordinanza n. 13750/2024, questa Corte, pronunciando sul ricorso di NOME COGNOME nei confronti del Ministero della Giustizia avverso la sentenza n. 918/2017 della Corte d’Appello di Napoli, depositata il 17.2.2017, ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Contro tale ordinanza NOME COGNOME ha proposto ‘ricorso per r evocazione e/o per correzione di errore materiale’ dolendosi del fatto che ‘sebbene nel corso del giudizio di primo grado, incardinato nell’anno 2008, il Ministero della Giustizia resistente si fosse costituito direttamente, a mezzo di propri funzionari, la Corte territoriale prima ed il Giudice di legittimità poi, ritenendo per vero un fatto che, diversamente ed incontestabilmente, era non vero (costituzione nel corso del giudizio di primo grado del Ministero resistente a mezzo dell’Avvocatura dello Stato – fatto non vero – il Ministero, invece, si era costituito direttamente a mezzo di propri funzionari -fatto vero ed incontestabile per come emergente dagli atti dei vari giudizi), ha condannato l’odierno ricorrente al pagamento delle spese di lite, comprensive di onorari, anche del primo grado di giudizio (statuizione confermata in sede di legittimità)’.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o errata applicazione del combinato disposto art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. – 91 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o errata applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. per il giudizio di legittimità.
Con i suddetti motivi il ricorrente deduce errore di fatto revocatorio in relazione alla liquidazione delle spese di lite in cui sarebbe incorso il giudice di legittimità e, in alternativa, errore materiale, chiedendo di dichiarare non dovute le spese del primo grado e compensazione delle spese del grado di cassazione.
Assume che è dimostrato, in modo inequivocabile, dagli atti di causa, il fatto processuale, previsto dall’art. 417 bis cod. proc. civ., costituito dalla diretta costituzione nel giudizio di primo grado del Ministero della Giustizia e della conseguente non debenza, per difetto di patrocinio erariale, delle spese di lite (del primo grado), liquidate in complessivi euro 1800,00.
Aggiunge che qualora si dovessero ritenere insussistenti i presupposti di cui all’art. 395, comma 4 cod. proc. civ., comunque potrebbe procedersi alla correzione di errore materiale ex art. 391 bis cod. proc. civ.
Evidenzia, sul punto, che la correzione ha per oggetto un errore materiale contenuto nel provvedimento, che attiene alla sola manifestazione della volontà e non anche al processo decisionale e che tra i casi di errore materiale emendabile, rientra, secondo consolidata giurisprudenza, l’erronea applicazione delle tariffe forensi in materia di spese di lite, trattandosi di statuizione di natura accessoria, a contenuto normativamente obbligato.
Entrambi i motivi sono inammissibili.
3.1. Nella specie non sussiste alcun errore di fatto revocatorio, né alcun errore materiale.
Il ricorrente lamenta, infatti, la erronea liquidazione delle spese del primo grado di merito, deducendo che non siano dovute per la difesa diretta da parte di funzionari dell’Amministrazione, ma, come risulta testualmente dallo stesso ricorso per cassazione proposto dall’odierno istante, con il motivo 6 (pagg. 30-31), il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., invocando il principio di compensazione, mai deducendo la circostanza della non debenza per difetto di patrocinio erariale.
Come da questa Corte affermato (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 26643 del 22/10/2018) l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la SRAGIONE_SOCIALE. può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione.
Nello specifico, l’ordinanza della suprema Corte impugnata non è affetta da alcun errore di fatto, laddove, esaminando il sesto motivo di ricorso (con cui era stata denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis», lamentando il ricorrente che la Corte d’Appello lo avesse condannato al pagamento delle spese di lite, «disapplicando il principio di compensazione delle spese di cui all ‘art. 92, comma 2, cod. proc. civ.») lo ha ritenuto inammissibile, perché la scelta del giudice del merito di non compensare le spese di lite è discrezionale e non sindacabile in sede di legittimità. Infatti, come è stato evidenziato, non esiste alcun
«principio di compensazione delle spese», bensì, al contrario, l’ordinamento prevede il principio della soccombenza, in forza del quale il giudice deve, di norma, condannare la parte soccombente a pagare le spese di lite alla parte vittoriosa, sulla quale non deve gravare il costo sostenuto per ottenere la necessaria tutela del suo diritto (art. 91 cod. proc. civ.).
3.2. Per analoghe ragioni non si ravvisano errori materiali da emendare.
Il ricorso per revocazione e l’istanza di correzione di errore materiali sono dunque inammissibili.
Il regolamento delle spese della impugnazione per revocazione segue la soccombenza, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese del procedimento per correzione di errore materiale (Cass., Sez. Un., 27 giugno 2002, n. 9438; Cass. 4 maggio 2009, n. 10203; Cass. 17 settembre 2013, n. 21213; Cass. 16 gennaio 2024, n. 1625).
Attesa l’inammissibilità dell’impugnazione, occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso per revocazione e l’istanza di correzione di errore materiale; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 900,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P .R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione