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Errore di fatto revocatorio: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per revocazione basato su un presunto errore di fatto revocatorio. L’ordinanza chiarisce la distinzione fondamentale tra un errore di percezione materiale (l’unico che giustifica la revocazione) e un errore di valutazione o interpretazione degli atti processuali, che costituisce un non censurabile errore di giudizio. Il caso riguardava una precedente decisione in materia di responsabilità degli amministratori.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Errore di Fatto Revocatorio: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Revocazione

L’errore di fatto revocatorio rappresenta uno strumento eccezionale per impugnare una sentenza, ma i suoi confini sono rigorosi e non sempre di facile comprensione. Con la recente ordinanza n. 26498/2024, la Corte di Cassazione torna a ribadire la netta distinzione tra un errore di percezione materiale e un errore di valutazione, dichiarando inammissibile un ricorso che tentava di mascherare un dissenso interpretativo sotto le spoglie di un errore di fatto.

Il Caso: Dalla Responsabilità degli Amministratori al Ricorso per Revocazione

La vicenda trae origine da un’azione di responsabilità promossa da una società contro i suoi ex amministratori, accusati di aver stipulato contratti d’appalto pregiudizievoli. Dopo una condanna in Corte d’Appello, gli amministratori avevano proposto ricorso in Cassazione, che veniva però respinto.
Non rassegnati, gli ex amministratori hanno tentato l’ultima carta: il ricorso per revocazione della decisione della Suprema Corte, basato sull’art. 395 n. 4 c.p.c., sostenendo che i giudici di legittimità fossero incorsi in un errore di fatto revocatorio.

L’Errore di Fatto Revocatorio e la Decisione della Corte

I ricorrenti lamentavano principalmente due presunti errori.

Primo Motivo: Errore di Fatto o Errore di Giudizio?

Il primo e principale motivo si fondava sulla convinzione che la Cassazione avesse erroneamente percepito la portata del loro precedente motivo di ricorso. Sostenevano che la Corte lo avesse ritenuto parziale, limitato alla sola interpretazione di una clausola contrattuale (relativa a un appalto “chiavi in mano”), ignorando che la loro censura si estendeva anche alla valutazione del comportamento successivo delle parti.
In sostanza, accusavano la Corte di non aver letto o compreso appieno il loro atto difensivo.

Secondo Motivo: La Questione del Danno Risarcibile

Con il secondo motivo, i ricorrenti contestavano il rigetto di un’altra loro doglianza, relativa al fatto che il danno lamentato dalla società fosse già stato integralmente coperto da versamenti effettuati dai soci. Anche in questo caso, sostenevano che la Corte avesse travisato i fatti risultanti dalla consulenza tecnica d’ufficio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, fornendo una lezione chiara sui limiti dello strumento revocatorio. I giudici hanno spiegato che l’errore di fatto revocatorio deve consistere in una svista percettiva, un errore materiale e immediato, come leggere una parola per un’altra o affermare l’esistenza di un documento che in realtà non è presente negli atti. Nel caso di specie, invece, i ricorrenti non denunciavano un errore di percezione, ma contestavano l’interpretazione e la valutazione che la Corte aveva fatto del loro motivo di ricorso. Aver ritenuto il motivo “parziale” non è una svista, ma il risultato di un’attività di interpretazione e di giudizio. Un disaccordo su come il giudice ha interpretato un atto difensivo costituisce un “errore di giudizio”, non un errore di fatto, e come tale non è censurabile tramite revocazione. Analogamente, sul secondo motivo, la Corte ha ribadito che il precedente rigetto si basava sulla natura di merito (e quindi inammissibile in Cassazione) della censura e che il tentativo di riproporla sotto forma di errore di fatto era infondato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la revocazione per errore di fatto non è una terza istanza di giudizio. Non può essere utilizzata per rimettere in discussione la valutazione del giudice o per contestare l’interpretazione che egli ha dato degli atti e dei motivi di ricorso. L’errore deve essere evidente, palese e di natura puramente percettiva. La decisione serve da monito per i legali: lo strumento della revocazione deve essere maneggiato con estrema cautela, riservandolo esclusivamente a quelle rare ipotesi di “abbaglio” dei giudici, senza tentare di forzarne la natura per ottenere un riesame del merito della controversia.

Qual è la differenza tra errore di fatto revocatorio ed errore di giudizio?
L’errore di fatto revocatorio è un errore di percezione materiale (es. leggere un dato sbagliato da un documento), che porta a basare la decisione su un fatto inesistente o a ignorarne uno esistente. L’errore di giudizio, invece, riguarda l’attività interpretativa e valutativa del giudice sugli atti e sulle norme, e non può essere corretto con la revocazione.

È possibile chiedere la revocazione di una sentenza della Cassazione se si ritiene che i giudici abbiano interpretato male un motivo di ricorso?
No. Secondo l’ordinanza, contestare il modo in cui la Corte ha interpretato un motivo di ricorso non costituisce un errore di fatto, ma una critica all’attività valutativa del giudice. Questo rientra nell’ambito dell’errore di giudizio e, pertanto, il ricorso per revocazione è inammissibile.

Perché il ricorso per revocazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile perché i ricorrenti, sotto la veste di un presunto errore di fatto, stavano in realtà criticando l’interpretazione e la valutazione compiuta dalla Corte nel giudizio precedente. La Corte ha chiarito che questo non è un errore di percezione, ma un disaccordo sul giudizio, che non rientra nei parametri dell’art. 395 n. 4 c.p.c.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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