Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13531 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13531 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18972-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Revocazione
R.G.N. 18972/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 27/03/2024
CC
avverso l’ordinanza n. 8649/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 27/03/2023 R.G.N. 34430/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
con ordinanza del 27 marzo 2023, n. 8649, questa Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano (che ne aveva rigettato la domanda, invece accolta dal Tribunale, di accertamento della nullità del rapporto di lavoro formalmente instaurato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e dell’esistenza di un tale rapporto con la capogruppo RAGIONE_SOCIALE, per intervenuta decadenza della sua domanda, proposta oltre il termine prescritto dall’art. 32, quarto comma, lett. d ) legge n. 183/2010), ha negato l’applicabilità al caso di specie della decadenza, così cassando la sentenza impugnata e rinviando per la decisione sulla domanda alla medesima Corte territoriale in diversa composizione;
con atto notificato il 27 settembre 2023, la società ha proposto ricorso per revocazione con un unico motivo, cui il lavoratore ha resistito con controricorso:
entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
la ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 391 bis e 395 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di legittimità, dopo
l’enunciazione dei principi di diritto regolanti la decadenza prevista ‘in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto’ , negato la decorrenza di alcun termine di decadenza, invece ritenuto dalla Corte territoriale (a differenza del Tribunale), in assenza di un atto che negasse la titolarità del rapporto, per effetto di errore percettivo integrante errore di fatto revocatorio, invece individuabile (ed esattamente individuato dalla Corte d’appello) nella comunicazione al lavoratore con missiva del 30 giugno 2009 che ‘le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con atto di fusione … sottoscritto in data 24.06.2009 sono state incorporate nella società controllante RAGIONE_SOCIALE con efficacia dal 1° luglio 2009 … di conseguenza RAGIONE_SOCIALE succede a titolo universale in tutti i rapporti giuridici riferiti ad RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con pari decorrenza’ (unico);
esso è inammissibile; 3. l’errore di fatto che legittima la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione consiste in un’erronea percezione dei fatti di causa, che -oltre a dover rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, nonché di essenzialità e di decisività ai fini della decisione -deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, e cioè quegli atti che la Corte deve e può esaminare direttamente con propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso, e deve incidere unicamente sulla sentenza di legittimità (Cass. 18 febbraio 2014, n. 3820; Cass. 22 ottobre 2018, n. 26643; Cass. 18 febbraio 2019,
n. 4686; Cass. 14 settembre 2021, n. 24700; Cass. 17 giugno 2022, n. 19713);
3.1. inoltre, come ancora recentemente è stato ribadito (Cass. 7 giugno 2022, n. 18335), esso non può consistere in un errore di diritto sostanziale o processuale, né in un errore di giudizio o di valutazione (Cass. 11 aprile 2018, n. 8984), dovendo piuttosto manifestarsi in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti invece in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato (Cass. 29 ottobre 2010, n. 22171; Cass. 11 gennaio 2018, n. 442);
4. nel caso di specie, la Corte di legittimità ha percepito perfettamente la comunicazione della suddetta vicenda evolutiva societaria (di successione dell’incorporante RAGIONE_SOCIALE a titolo universale nei diritti e negli obblighi delle incorporate RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, comportante la continuità dei loro rapporti anteriori alla fusione, a norma dell’art. 2504 bis , primo comma c.c.). E di ciò ha dato espressamente atto, affermando che ‘la sentenza della Corte milanese premetteva inoltre che nell’apr ile 2009 RAGIONE_SOCIALE aveva incorporato RAGIONE_SOCIALE con atto di fusione e che pertanto da tale data il COGNOME era diventato formalmente dipendente RAGIONE_SOCIALE‘ (così al terzo capoverso di pg. 2 dell’ordinanza) ed essere ‘ pacifico in atti che lo stesso lavoratore sia successivamente, a seguito di fusione tra le società, divenuto dipendente di RAGIONE_SOCIALE nel 2009′ (così al secondo periodo del penultimo capoverso di pg. 3 dell’ordinanza): avendo quindi compiuto una valutazione
giuridica (diversa da quella della Corte territoriale), rispetto alla quale non si configura l’errore di fatto revocatorio denunciato;
5. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio regolate secondo il regime di soccombenza, con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 27 febbraio 2024