Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7433 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7433 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso da se medesimo ex art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliata presso il suo studio in Salerno, INDIRIZZO.
Ricorrente
contro
Comune di Salerno , in persona del sindaco, rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso da ll’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO.
Controricorrente per la revocazione della sentenza n. 5032/2022 della Corte di Cassazione, depositata il 16. 2. 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8. 3. 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con atto di citazione del 2002 COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi della madre COGNOME NOME, convennero in giudizio il comune di Salerno chiedendo che fosse emessa in loro favore sentenza costitutiva di trasferimento a titolo gratuito dell’alloggio prefabbricato facente parte del comparto S . Eustachio in Salerno, realizzato ai sensi del d.l. 19. 3. 1981, n. 75, assegnato alla loro madre ed oggetto da parte della stessa di un contratto preliminare di acquisto in data 22. 6. 2000.
Il comune convenuto si costituì opponendosi alla domanda.
All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale accolse la domanda e la relativa decisione venne confermata dalla Corte di appello di Salerno con sentenza n. 412 del 2017.
Proposto contro tale decisione ricorso per cassazione da parte del comune di Salerno, a cui resistettero con controricorso i COGNOME, con ordinanza n. 5032 del 16. 2. 2022 la Corte cassò la sentenza impugnata, rinviando per la decisione la causa alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.
In particolare, la Corte di Cassazione, disattesi i primi due, accolse il terzo motivo di ricorso del comune che, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. in combinato con l’art. 21 bis della legge n. 341 del 1995, censurava la decisione di appello per avere riconosciuto il diritto all’assegnazione dell’alloggio in questione ai successori dell’assegnatario, in difetto di un loro autonomo legittimo titolo. La Corte motivò l’accoglimento , affermando che il giudice di appello non aveva correttamente applicato la normativa in materia, in quanto, ai sensi del d.l. 19. 3. 1981, n. 75, convertito nella l. del 14. 5. 1981, n. 219, l’acquisizione della proprietà dell’alloggio da parte dell’assegnatario consegue esclusivamente alla stipula del contratto definitivo di cessione, in difetto del quale, in presenza del solo contratto preliminare di cessione, la sopravvenuta morte dell’assegnatario determina la caducazione del procedimento di assegnazione ed il rientro del bene nella disponibilità dell’ente concedente, senza possibilità di subentro dei suoi eredi, essendo quello dell’assegnatario un diritto di natura personale
R.G. n. 10340/2022.
intrasmissibile mortis causa e potendo essi solo richiedere, in presenza delle condizioni di legge, un nuovo autonomo provvedimento di assegnazione.
Con atto notificato il 15. 4. 2022, COGNOME NOME ha proposto ricorso per revocazione di questa ordinanza, articolato su un unico motivo.
Il comune di Salerno ha notificato controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
L’unico motivo del ricorso per revocazione denuncia, ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c., ‘ travisamento, erroneità, vizio ed errore logico , illegittimità ‘ della decisione impugnata, per avere ‘ ritenuto erroneamente che il fatto esaminato ossia la conclusione di un contratto preliminare di vendita tra la defunta madre ed il Comune di Salerno non fosse idoneo a trasferire in capo agli eredi la obbligazione da parte del comune a cedere agli eredi la proprietà dell’immobile da conse guire con l’azione ex art. 2932 c.c. ‘. Si assume che la decisione è errata in quanto con la firma del preliminare la COGNOME era divenuta titolare di un diritto soggettivo perfetto alla cessione, come tale trasmissibile ai suoi eredi, avendo perduto lo status di assegnataria e quindi anche i suoi eredi non potevano considerarsi tali.
Il ricorso è inammissibile.
L’art. 395 n. 4) c.p.c. ammette il rimedio straordinario della revocazione nel caso in cui la sentenza sia affetta da un errore di fatto. Per giurisprudenza costante di questa Corte l’ errore di fatto riconducibile alla fattispecie revocatoria consiste in un errore di percezione o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato ( Cass. n. 10040 del 2022; Cass. n. 6405 del 2018: Cass. n. 442 del 2018; Cass. n. 22171 del 2010 ). Ove il ricorrente deduca, sotto la veste del preteso errore revocatorio, l’errato apprezzamento, da parte della Corte, di un motivo di ricorso ovvero una errata valutazione della motivazione della sentenza impugnata – qualificando come errore di percezione degli atti di causa un eventuale errore di valutazione sulla portata della doglianza svolta – si verte in un ambito estraneo a quello dell’errore
revocatorio, dovendosi escludere che un motivo di ricorso sia suscettibile di essere considerato alla stregua di un “fatto” ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., potendo configurare l’eventuale omessa od errata pronunzia soltanto un “error in procedendo” ovvero “in iudicando”, di per sé insuscettibili di denuncia ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ. ( Cass. n. 10184 del 2018; Cass. n. 14937 del 2017; Cass. n. 5221 del 2009 ); mentre l’impugna zione, ai sensi degli artt. 391 bis e 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., è esperibile per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che, avuto riguardo al capo della domanda riproposta all’esame del giudice dell’impugnazione, non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto, bensì una errata considerazione e interpretazione dell’oggetto del ricorso e, quindi, un errore di giudizio ( Cass. S.U. n. 31032 del 2019; Cass. n. 10184 del 2018; Cass. n. 4605 del 2013; Cass. n. 25560 del 2016; Cass. n. 3760 del 2018);
Non è ammessa quindi la revocazione per asseriti errori di diritto della decisione, risultando essi, per le decisioni della Corte di Cassazione, coperti dal giudicato e quindi non più denunziabili.
Nella specie il ricorso è inammissibile perché, come risulta chiaramente dalla sua lettura, con esso la parte non denuncia errori di fatto commessi da questa Corte, ossia errori di percezione nella considerazione delle risultanze e degli atti di causa, ma asseriti errori di diritto, vale a dire la non corretta interpretazione ed applicazione della normativa che disciplina la fattispecie dell’assegnazione degli alloggi prevista dalla legge citata del 1981 e dei principi di diritto in materia di successione ereditaria, ovvero una non corretta valutazione e ponderazione degli argomenti difensivi formulati dalle parti controricorrenti. Le censure, per il loro stesso oggetto, non possono pertanto trovare ingresso in questa sede, essendo il giudizio di revocazione volto a rimediare ad eventuali errori materiali o sviste del giudicante, non già a provocare una nuova valutazione in diritto della domanda.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza; R icorrono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso per revocazione; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di appello, che liquida in euro 2.600,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell ‘8 marzo 2024 .