Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 7316 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 7316 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15170-2023 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo, unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, ORDINE DEGLI AVVOCATI DI COGNOME;
– intimati – per la revocazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 17480/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 19/06/2023.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, che ha concluso affinché le Sezioni Unite rigettino il ricorso, dichiarandolo inammissibile.
Oggetto
DISCIPCOGNOMERE
AVVOCATI
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/12/2023
CC
FATTI DI CAUSA
1.AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per revocazione, integrato da un unico motivo ed illustrato da memoria, avverso la sentenza n. 174802023, pubblicata in data 19 giugno 2023, con la quale queste Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso dal medesimo proposto avverso la sentenza n. 212/2019 del RAGIONE_SOCIALE, che aveva solo in parte accolto il suo gravame, dichiarando la prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare di cui al capo 3, mentre lo aveva rigettato, confermando la pronuncia impugnata, in relazione alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘addebito di cui al capo 2 RAGIONE_SOCIALEa rubrica, rigettando i rilievi del ricorrente in ordine alla intervenuta prescrizione anche del predetto illecito.
Nella sentenza impugnata si legge che il giudizio disciplinare nei confronti del ricorrente iniziava a seguito di numerosi esposti presentati al COA RAGIONE_SOCIALE Macerata nei quali si segnalavano molteplici condotte poste in essere dal legale che avrebbero potuto avere rilievo disciplinare. In particolare, nei predetti esposti si rappresentava:
-che l’AVV_NOTAIO aveva accusato ingiustamente un collega del delitto di tentata estorsione. Sulla base di tale esposto, era stato instaurato un procedimento penale per calunnia nei suoi confronti (illecito rubricato al capo 1 RAGIONE_SOCIALEa successiva incolpazione);
che lo stesso AVV_NOTAIO aveva proferito frasi volgarmente lesive RAGIONE_SOCIALE‘onore e del decoro di un collega nel corso di un’udienza e alla presenza di altre persone (illecito rubricato al capo 2 RAGIONE_SOCIALEa successiva incolpazione);
-che il medesimo professionista legale aveva, infine, accettato un incarico professionale a favore di una cliente, in
relazione alla successione ereditaria RAGIONE_SOCIALEo zio, pur essendo il professionista creditore del defunto e, di conseguenza, RAGIONE_SOCIALEa sua stessa cliente (illecito rubricato al capo 3 RAGIONE_SOCIALEa successiva incolpazione).
Il RAGIONE_SOCIALE, con decisione n. 17/2018, riconosceva la sussistenza RAGIONE_SOCIALEa responsabilità disciplinare RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO in relazione alle incolpazioni di cui ai capi 2 e 3 RAGIONE_SOCIALEa rubrica e lo assolveva con riferimento all’incolpazione riportata al capo 1, irrogando, a suo carico, la sanzione RAGIONE_SOCIALEa sospensione dall’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione per un mese.
AVV_NOTAIO impugnava la menzionata decisione e il CNF accoglieva parzialmente il gravame, dichiarando la prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare di cui al capo 3, irrogando all’AVV_NOTAIO la sanzione RAGIONE_SOCIALEa censura, conferma ndo l’impugnata decisione nella parte in cui aveva ravvisato la sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘addebito rubricato al capo 2 (violazione deontologica di cui all’art. 52 cod. deontologico forense -divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti).
Avverso la sentenza del CNF l’AVV_NOTAIO proponeva ricorso per cassazione e questa Corte, con la sentenza qui impugnata, rigettava il gravame, puntualizzando preliminarmente che il ricorso poggiava il suo impianto argomentativo su un presupposto giuridico errato, ovvero sul l’assunto che -con riferimento all’illecito di cui al capo 2 (ricondotto alla violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 4, 9 e 52 del codice deontologico, consistita nell’aver proferito nei confronti di un collega frasi lesive del suo onore e decoro) -sarebbe stato applicabile il nuovo regime normativo riconducibile all’art. 56 RAGIONE_SOCIALEa legge 31 dicembre 2012, n. 247 (in vigore dal 2 febbraio 2013), che comportava la determinazione RAGIONE_SOCIALEa durata del termine di prescrizione nel massimo di sette anni e mezzo,
del quale si sosteneva poi che fosse nelle more decorso, avendosi riguardo come ‘dies a quo’ alla data del passaggio in giudicato (23 novembre 2013) RAGIONE_SOCIALEa sentenza penale, anziché il regime previgente, ovvero quello di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, e, in particolare, al disposto de ll’art. 51, il quale sanciva che l’azione disciplinare si prescriveva in cinque anni, senza alcuna determinazione di un termine massimo comunque non oltrepassabile per effetto di sopravvenute interruzioni (come previsto con il nuovo art. 56 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247/2012, citata, non applicabile retroattivamente), ma con l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina generale RAGIONE_SOCIALE‘interruzione di cui all’art. 2943 c.c. e, quindi, di quella relativa ai suoi effetti come prevista dal primo comma del successivo art. 2945 c.c. (in virtù del quale ‘per effetto RAGIONE_SOCIALE‘interruzione s’inizia un nuovo periodo di prescrizione’).
5.1. Sulla base di queste premesse, la sentenza impugnata riteneva del tutto corretta in diritto la motivazione adottata nella sentenza del CNF, con la quale si riteneva che la disciplina in tema di prescrizione applicabile alla fattispecie disciplinare di cui al capo 2 addebitata al ricorrente fosse quella prevista dall’art. 51 del RDL n. 1578/1933, vigente al momento RAGIONE_SOCIALEa contestata violazione (14.12.2007), essendo la stessa riferibile ad un illecito disciplinare a consumazione istantanea. Aggiungeva che successivamente erano intervenuti diversi atti interruttivi RAGIONE_SOCIALEa prescrizione quinquennale (apertura del procedimento, approvazione del capo di incolpazione, esame RAGIONE_SOCIALE‘incolpato) sino alla decisione di primo grado del 10 dicembre 2018, ragion per cui, da quest’ultima e sino all’emanazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza da parte RAGIONE_SOCIALEo stesso CNF, non era decorso il (nuovo) quinquennio previsto dal più volte ricordato art. 51 del RDL n. 1578/1933,
con conseguente valutabilità nel merito RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare di cui al capo 2.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, intimato, non ha svolto alcuna attività difensiva in questa sede.
Il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede che il ricorso sia rigettato perché inammissibile.
La causa è stata esaminata e discussa dalle Sezioni Unite il 12 dicembre 2023 in adunanza camerale, all’esito RAGIONE_SOCIALEa quale il Collegio si è riservato di depositare la motivazione nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente sostiene che la pronuncia impugnata è viziata da errore di fatto revocatorio, in quanto la stessa darebbe per assolutamente verificatisi fatti che al contrario non si sono verificati o viceversa, là dove la Corte ha ritenuto che non fosse estinto per intervenuta prescrizione il potere del CNF di esercitare l’azione disciplinare in relazione al capo 2 RAGIONE_SOCIALEa incolpazione. Aderisce alla ricostruzione in diritto contenuta nella sentenza impugnata, in base alla quale la vicenda è soggetta al previgente regime di prescrizione con durata quinquennale. Puntualizza poi che, essendo il fatto del 2007 e l’esposto in virtù del quale esso è stato preso in considerazione in sede disciplinare del 2014, l’azione disciplinare doveva ritenersi prescritta anche in relazione al capo 2) RAGIONE_SOCIALEa incolpazione.
Indica l’errore revocatorio in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nell’aver collocato prima RAGIONE_SOCIALE‘esposto, prendendoli in considerazione come atti interruttivi intermedi, fatti
indubbiamente successivi, per loro natura, alla presentazione RAGIONE_SOCIALE‘esposto, quali l’apertura del procedimento, l’approvazione del capo di incolpazione e l’esame RAGIONE_SOCIALE‘incolpato.
Il AVV_NOTAIO generale segnala l’inammissibilità del ricorso, richiamando il consolidato principio di questa Corte secondo il quale non sono suscettibili di revocazione le sentenze RAGIONE_SOCIALEa Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo RAGIONE_SOCIALEa Corte stessa, atti che come tali essa abbia dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza, perché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe risultanze processuali, qualificabile come errore di giudizio.
2.1. Segnala anche che la sentenza impugnata ha correttamente individuato il regime normativo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione applicabile nonché la decorrenza iniziale del termine di prescrizione quinquennale, aggiungendo che per gli stessi fatti per cui veniva poi aperto a carico RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO il procedimento disciplinare lo stesso era stato dapprima sottoposto a procedimento penale ed era stato condannato in sede penale il 23 novembre 2013. Quindi la prescrizione ricominciava a decorrere da quella data ed il quinquennio, come correttamente affermato nella sentenza impugnata, da quella data all’intervenuto deposito RAGIONE_SOCIALEa decisione di primo grado, non era ancora decorso.
Il ricorso è inammissibile e non supera la fase rescindente.
3.1. In primo luogo, esso non indica neppure, con sufficiente chiarezza, quali siano i fatti dati per avveratisi nella sentenza impugnata e il cui verificarsi intende denunciare come
incontrovertibilmente escluso, o, viceversa, i fatti assolutamente esclusi nel loro verificarsi e di contro emergenti per essersi verificati. Esso, quindi, non indica con la necessaria precisione in cosa consista l’errore di fatto revocatorio del quale denuncia l’avveramento .
Il ricorrente riferisce che il procedimento disciplinare, quanto al capo 2), prende le mosse da un esposto del 2014, e che i fatti interruttivi menzionati nella sentenza, per la loro stessa natura di attività endoprocedimentali interne al procedimento disciplinare, devono essersi verificati successivamente. Ne trae che, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, già al momento RAGIONE_SOCIALEa proposizione RAGIONE_SOCIALE‘esposto il potere di esercitare l’azione disciplinare si era prescritto.
Ma, nella sentenza impugnata, nel punto 2 a pag. 4 e seg., si dà atto che lo stesso attuale ricorrente, nella illustrazione RAGIONE_SOCIALEa doglianza, aveva ancorato il dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare di cui al capo 2, di cui si discute, non al momento RAGIONE_SOCIALEa commissione RAGIONE_SOCIALE‘illecito, ovvero al dicembre 2007, ma alla data del 23 novembre 2013, in coincidenza temporale con la formazione del giudicato penale, salvo poi a ritenere applicabile il nuovo regime RAGIONE_SOCIALEa prescrizione.
Dunque, nella sentenza impugnata non è presente in ogni caso una affermazione decisoria che colleghi il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di prescrizione esclusivamente agli atti interruttivi interni al procedimento disciplinare, collocandoli erroneamente prima RAGIONE_SOCIALEa proposizione RAGIONE_SOCIALE‘esposto stesso perché, sulla base RAGIONE_SOCIALEe stesse affermazioni RAGIONE_SOCIALE‘odierno ricorrente, e ssa fa riferimento all’essere intervenuta una sentenza penale nel novembre 2013.
3.2. – Inoltre, e più in generale, stabilire se il dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione decorra dalla commissione di un fatto o dall’esito del giudizio penale su quel fatto è questione di diritto, quindi il ricorrente, a mezzo di un ricorso di per sé privo di una chiara e puntuale esposizione RAGIONE_SOCIALE‘allegato errore revocatorio , sembra dolersi in effetti di un errore di valutazione del giudice, piuttosto che di un errore di fatto revocatorio, come condivisibilmente segnalato dal AVV_NOTAIO generale nelle sue conclusioni.
3.3. Sussiste poi un ulteriore profilo di inammissibilità.
Il presupposto RAGIONE_SOCIALEa revocazione è che ci sia un errore, emergente dal provvedimento, consistente nel dare per vero, o per non vero, il verificarsi di un fatto che è invece incontrovertibilmente escluso si sia o non si sia verificato. Quand’anche nel caso in esame si fosse verificato un errore di fatto – che, come detto, non emerge comunque, nella fattispecie in esame, con l’univocità necessaria e non sarebbe comunque decisivo -esso si collocherebbe al di fuori del perimetro RAGIONE_SOCIALE‘errore revocatorio, che pu ò rilevare solo a condizione che di esso non si sia discusso, cioè che quei fatti non siano stati esaminati e discussi come punto controverso sul quale la sentenza si è pronunciata.
Ciò perché una sentenza che si pronunci in tema di prescrizione e in cui si deduca l’esistenza di fatti interruttivi RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, presuppone l’esame, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, di quali siano i fatti che possono rilevare come fatti interruttiv i RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, e l’accertamento che essi si siano o meno verificati, che ciascun fatto allegato come interruttivo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione si sia verificato prima o dopo un altro fatto processualmente rilevante: sono tutti aspetti che
fanno parte del thema decidendum , quindi, anche se la valutazione di essi da parte del giudice a quo fosse stata sbagliata, sono punti che sono stati già oggetto di discussione tra le parti. Sono quindi circostanze RAGIONE_SOCIALEe quali il ricorrente avrebbe dovuto sollecitare un miglior chiarimento nel momento in cui si discuteva del merito, perché di questo si è appunto necessariamente discusso, ma non possono essere ulteriormente discusse in questa sede, in conformità al principio secondo il quale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 395, n. 4, c.p.c., richiamato per le sentenze RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione dall’art. 391-bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari RAGIONE_SOCIALEa revocazione che il fatto oggetto RAGIONE_SOCIALEa supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione RAGIONE_SOCIALE atti di causa abbia formato oggetto di discussione e RAGIONE_SOCIALEa consequenziale pronuncia a seguito RAGIONE_SOCIALE‘apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe risultanze processuali compiuto dal giudice (Cass. n. 9527 del 2019).
Il ricorso è pertanto inammissibile.
Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva RAGIONE_SOCIALEa controparte.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione