Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3390 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3390 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24923-2021 proposto da:
NOME COGNOME , domiciliato ‘ ex lege ‘ in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrente –
contro
INDIRIZZO IN TARANTO, domiciliato ‘ ex lege ‘ in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIONOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 7609/2021 di questa Corte Suprema di Cassazione, depositata il 18/03/2021;
Oggetto
INDEBITO
ARRICCHIMENTO
Revocazione ex art.
391- bis
c.p.c.
–
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/07/2023
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 12/07/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di due motivi, per la revocazione dell’ordinanza di questa Corte n. 7609/21, del 18 marzo 2021, che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione dallo stesso esperito avverso la sentenza n. 1801/18, del 21 giugno 2018, resa dal Tribunale di Taranto quale giudice d ‘ appello, pronuncia che confermava il rigetto della domanda di accertamento dell’inefficacia del provvedimento monitorio con il quale era stato ingiunto al COGNOME, dal Giudice di pace di Taranto, il pagamento di € 3.690,00 nei confronti del Condominio di INDIRIZZO.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver adito l’autorità giudiziaria affinché fosse accertata l’inefficacia del suddetto decreto ingiuntivo, dal momento che la sua notificazione era stata, erroneamente, tentata -ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ. -in Taranto, alla INDIRIZZO, anziché nel luogo di domicilio o di residenza, ovvero in INDIRIZZO, indirizzo presso il quale esso COGNOME abita sin dal lontano DATA_NASCITA.
Il provvedimento monitorio, dunque, non sarebbe mai stato notificato, né portato a conoscenza del destinatario, come sarebbe dato evincere dallo stesso avviso di ricevimento, mai inoltrato al COGNOME e quindi mai sottoscritto, risultando, difatti, ‘privo di firma’. Per tale ragione, quindi, ‘l’atto restava infruttuosamente in giacenza presso l’ufficio postale’, venendo restituito al mittente ‘con la stampigliatura «compiuta giacenza»’, evenienza che assume il COGNOME -‘ha fuorviato’ l’adito Giudice di pace tarantino, il quale ‘nella sua errata
sentenza’ (resa all’esito del giudizio di primo grado) ha attestato la compiuta giacenza e con essa il perfezionamento del procedimento notificatorio. Decisione errata, secondo il COGNOME, ‘giacché l’attestazione di compiuta giacenza era riferita al deco rso del tempo di giacenza presso l’ufficio postale e non certamente quale perfezionamento della notifica mai avvenuta del D.I.’.
Esperito dal COGNOME gravame avverso tale pronuncia, il Tribunale tarantino -in funzione di giudice di appello -confermava la stessa, all’esito del secondo grado di giudizio svoltosi nella contumacia del Condominio.
Avverso la decisione d ‘ appello il COGNOME esperiva ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, per ribadire come la notifica del decreto ingiuntivo, ex art. 140 cod. proc. civ., non potesse ritenersi perfezionata, ‘in quanto veniva indirizzata in uno stabile diverso dall’abitazione e dalla residenza dell’intimato’, nonché risultando ‘assolutamente non vero’ che ‘la ricevuta di ritorno’ fosse stata da lui sottoscritta, come sarebbe dato evincere, ‘anche a colpo d’occhio’ , dall’esame di tale documento , che si assume essere stato oggetto di rinnovato deposito innanzi a questa Corte.
Senonché, questo giudice di legittimità ravvisava ‘un profilo d’inammissibilità’ del ricorso, ex art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., in relazione alla ‘mancata localizzazione processuale specifica della produzione della ricevuta postale inerente alla notifica in discussione’.
Avverso l’ordinanza di questa Corte ha proposto ricorso per revocazione il COGNOME, sulla base -come detto -di due motivi.
3.1. Il primo motivo assume che ‘la sentenza’ ( recte : l’ordinanza) ‘è viziata da error e di fatto revocatorio ‘ su un punto decisivo della questione, ex art. 395, n. 4), cod. proc. civ., ciò
‘ che ha portato la Suprema Corte ad emettere una sentenza errata, nulla ed illegittima’.
Si assume, infatti, che questa Corte sarebbe ‘incorsa in un errore di fatto macroscopico’, e ciò perché, al contrario di quanto affermato, ‘tale ricevuta postale inerente alla notifica in discussione, priva di alcuna firma del notificato, è stata depositata dal ricorrente ab origine nel fascicoletto di parte’, come sarebbe dato evincere anche ‘ ictu oculi ‘ da un superficiale esame dello stesso, essendo tale ricevuta l’unico documento depositato.
La Corte Suprema, dunque, sarebbe ‘incorsa nell’errore di fatto per non aver rilevato che tale documento era stato ridepositato e portato all’attenzione del Supremo RAGIONE_SOCIALE‘.
3 .2. Il secondo motivo assume, del pari, che ‘la sentenza’ ( recte : ordinanza) sarebbe ‘viziata da ‘error e di fatto revocatorio ‘ su un punto decisivo della questione ex articolo 395, numero 4), cod. proc. civ., ciò che ha portato la Suprema Corte ad emettere ‘una sentenza errata, nulla ed illegittima’.
Si censura la pronuncia di questa Corte nella parte in cui afferma che il Tribunale aveva rigettato l’appello sul rilievo che ‘la notifica era stata effettuata in uno stabile di INDIRIZZO in Taranto dove COGNOME aveva proprietà, lasciando il relativo piego raccomandato in una cassetta di lettere a lui intestata’.
Orbene, l’errore di fatto , in cui sarebbe incorso questo giudice di legittimità, ‘è consistito nell’aver dato per scontata la statuizione errata del Tribunale circa la presenza di una cassetta di lettere nell’indirizzo di INDIRIZZO‘, ricorrendo, invero, l’ipotesi dell’errore di fatto revocatorio allorché come nella specie -‘ la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa’. Difatti, che ‘la fantomatica cassetta’, intestata al COGNOME, non sia ‘mai esistita’ è quanto risulterebbe ‘incontestabilmente ex actis ‘.
Orbene, ‘la Corte Suprema è stata fuorviata dal sopradetto errore di fatto nel ritenere erroneamente che la notificazione del D.I. fosse solamente nulla e non giuridicamente inesistente’ giacché, ‘non essendovi nella realtà alcuna cassetta delle lettere (circostanza mai provata ex adverso )’, mancava qualsiasi collegamento tra il COGNOME e il luogo in cui venne effettuata -o meglio, tentata -la notificazione.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il Condominio di INDIRIZZO, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il controricorrente ha depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, in ciascuno dei due motivi in cui si articola.
8.1. L’inammissibilità del primo motivo va affermata sulla scorta delle seguenti considerazioni.
8.1.1. In primo luogo, deve rilevarsi che quanto dedotto con il presente motivo non evidenzia, in alcun modo, un ‘fatto processuale’ esistente in sede di giudizio sul ricorso ordinario proposto da COGNOME, ma affermato, invece, come inesistente
dall’ordinanza oggi impugnata. Invero, essa -nella frase assunta come espressiva del supposto errore di fatto in cui sarebbe incorsa questa Corte -riferisce di ‘mancata localizzazione processuale specifica della produzione della ricevuta postale inerente alla notifica in discussione’, così alludendo ad una assenza di indicazione nel ricorso (indicazione che l’art. 366 , comma 1, n. 6, cod. proc. civ. individua quale requisito di c.d. ‘ contenuto-forma ‘ dell’atto di impugnazione ) del luogo di allocazione del documento in questione nel giudizio di legittimità. Il fatto, invece, esistente -perché potesse configurarsi l’errore revocatorio -sarebbe dovuto consistere, al contrario, nella presenza, in ricorso, di quella indicazione. Viceversa, parte ricorrente pretende di rinvenire tale presenza nella sola circostanza che la ricevuta figurasse in quello che indica come ‘fascicoletto di parte’ e nella esistenza, al suo interno, di un indice che localizzava il documento. Senonché, siffatta localizzazione non era contenuta nel ricorso, dove avrebbe dovuto farsi riferimento alla presenza del documento e al numero pertinente dell’indice del fascicoletto e, dunque, palese era la rilevata inosservanza, nei termini indicati, dell’art. 366 , comma 1, n. 6), cod. proc. civ.
La lettura del ricorso ‘ illo tempore ‘ proposto dal COGNOME evidenzia quanto appena rilevato, atteso che: a) a pag. 2, nelle righe quintultima e quartultima, si dichiarava depositato l’avviso di ricevimento nel fascicolo di primo grado; b) nella pag. 9 si riferiva, genericamente, che si sarebbe provveduto a depositare ai fini dell’autosufficie nza del ricorso, ‘ fascicolo di parte di primo e secondo grado contente gli atti «salienti» per la decisione nonché fascicolo per la Eccellentissima Corte ‘ .
8.1.2. In ogni caso, poi, l’inammissibilità del primo motivo del presente ricorso per revocazione va affermata anche per un’altra ragione.
Difatti, nell’ordinanza di questa Corte impugnata ai sensi dell’art. 391 -bis cod. proc. civ., oltre ad affermarsi che ‘nel ricorso si parla di «rideposito» in questa sede del documento’, si dà pure conto che, di esso, ‘comunque non si indica il momento della produzione nelle fasi di merito e il luogo di relativo rinvenimento’. L’ordinanza impugnata, dunque, individuava un ulteriore , autonomo, profilo di inammissibilità del ricorso per cassazione (che il COGNOME manca di impugnare, ciò che rende ulteriormente inammissibile l’odierna richiesta di revocazione) , e ciò in conformità con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui ‘il principio di autosufficienza’ del ricorso per cassazione, che ‘impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda’, va inteso nel senso che ‘occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile’ (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 1, ord. 10 dicembre 2020, n. 28184, Rv. 660090-01).
Tale ulteriore ‘ ratio decidendi ‘ è rimasta, dunque, estranea al l’odierna iniziativa ex art. 391bis cod. proc. civ., che risulta, pertanto, inammissibile anche per tale ragione, giacché essa mai potrebbe condurre all’annullamento del provvedimento qui impugnato.
8.2. L’inammissibilità del primo motivo del presente ricorso per revocazione comporta, a questo punto, anche quella del secondo motivo, che, peraltro, non ha in alcun modo la consistenza di denuncia di un errore revocatorio.
Difatti, a nche se l’avesse, il consolid arsi della motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione alla violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., rende tale secondo motivo irrilevante, afferendo ad una ‘ ratio decidendi ‘ subordinata a quella di inammissibilità del ricorso allora proposto dal COGNOMECOGNOME
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, al Condominio di INDIRIZZO in Taranto, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.8 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contribut o unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della