Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7877 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7877 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
della Corte di cassazione ex art.391- bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Consigliere
Consigliera
Ud. 10/02/2025 CC Cron. R.G.N. 22980/2023
Consigliera
NOME COGNOME
Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.22980/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME , quali eredi di NOME COGNOME; rappresentati e difesi da ll’Avv. NOME NOME COGNOME (pec: EMAIL, in virtù di procura allegata al ricorso;
-ricorrenti-
nei confronti di
NOME COGNOME , quale erede di NOME COGNOME;
-intimata-
nonché di
NOME COGNOME ;
-intimato-
per la revocazione dell ‘ ordinanza n. 27306/2023 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, depositata il 25 settembre 2023; udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 1° giugno 2020 , la Corte d’appello di Lecce, rigettando l’ impugnazione proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, confermò integralmente la decisione del locale Tribunale, Sez. Casarano, che, nel contraddittorio con NOME COGNOME, li aveva condannati a pagare a NOME COGNOME la somma di Euro 3.067,96, a titolo di restituzione della tassa di proprietà per gli anni dal 1989 al 1994 relativa ad un autocarro che quegli aveva venduto al loro dante causa, NOME COGNOME con atto del 6 luglio 1984.
La Corte territoriale, preso atto del contratto di vendita dell’autocarro stipulato tra NOME COGNOME e NOME COGNOME nel 1984, che aveva trasferito al compratore il diritto di proprietà del veicolo e, con esso, gli oneri conseguenti in ordine al pagamento della tassa di possesso, reputò irrilevante sia l’esposto presentato il 26 maggio 1986 da NOME COGNOME ai Carabinieri di Taurisano (contenen te l’ affermazione dell’esponente di avere venduto l’autocarro a NOME COGNOME ), sia l’att estazione degli stessi Carabinieri di avere proceduto, in seguito al detto esposto, al ritiro della carta di circolazione del veicolo presso NOME COGNOME, sia, infine, la dichiarazione resa nella comparsa di risposta depositata dal sig. COGNOME in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, secondo cui egli aveva effettivamente acquistato l’autocarro da NOME COGNOME dopo il 1984.
Questa Corte, con ordinanza 25 settembre 2023, n. 27306, ha rigettato il ricorso proposto dagli eredi di NOME COGNOME per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce.
la Corte di legittimità, dopo aver incidentalmente rilevato che i motivi di ricorso erano stati redatti con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., omettendo di specificare la sedes processuale in cui erano stati messi a disposizione gli atti e i documenti mentovati in ricorso (in particolare, l’esposto di NOME COGNOME e il verbale di ritiro della carta di circolazione del veicolo da parte dei Carabinieri), li ha reputati infondati, sulla base della considerazione che la ratio decidendi della sentenza impugnata si sottraeva alle censure di violazione di legge e di omesso esame con essi articolate.
Precisamente, ad avviso del giudice di legittimità, la circostanza che la Corte territoriale avesse ritenuto che, in base alla vendita dell’autocarro posta in essere il 6 luglio 1984 da NOME COGNOME a NOME COGNOME « evidentemente trascritta al P.R.A. », il compratore fosse rimasto obbligato al pagamento dei tributi connessi alla sua qualità di proprietario a prescindere dalla eventuale successiva vendita a NOME COGNOME (la quale sarebbe restata irrilevante almeno sino a quando di tale ulteriore passaggio di proprietà non fosse stato dato conto con la trascrizione nel pubblico registro automobilistico), induceva ad escludere la sussistenza, nella sentenza d’appello , sia della dedotta violazione degli artt. 2735 cod. civ. e 116 cod. proc. civ., sia della dedotta omessa considerazione dell’atto proveniente dai Carabinieri.
Per la revocazione di questa ordinanza, ricorrono NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME sulla base di due motivi.
Non svolgono difese in questa sede né l’intimata NOME COGNOME (erede di NOME COGNOME), né l’intimato NOME COGNOME.
In seguito all’abrogazione del disposto di cui all’art.391 -bis , quarto comma, cod. proc. civ. -ed avuto riguardo alla nuova formulazione dell’art. 375 cod. proc. civ. (che prevede la pubblica udienza nei casi di revocazione di cui all’art. 391 -quater cod. proc. civ., ma non anche nei
casi di cui al precedente art. 391bis ) -la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
I ricorrenti hanno depositato breve memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con i motivi di revocazione i ricorrenti assumono che l’ordinanza n. 27306 del 2023 di questa Corte sarebbe affetta da due distinti errori di fatto, ai sensi degli artt.391bis e 395, n.4, cod. proc. civ..
Un primo errore (denunciato con il primo motivo) sarebbe consistito ne l supporre l’ « avvenuta trascrizione del contratto al PRA »; tale supposizione sarebbe stata « errata e del tutto priva di fondamento ed estranea agli atti di causa perché mai alcuna trascrizione del contratto datato 6.7.1984 intercorso tra COGNOME NOME e COGNOME NOME è stata eseguita ».
Un secondo errore (denunciato con il secondo motivo) sarebbe consistito nel ritenere che i motivi di ricorso per cassazione fossero stati redatti con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., omettendo di specificare la sedes processuale in cui erano stato messi a disposizione gli atti e i documenti ai quali i ricorrenti avevano fatto riferimento; tale supposizione sarebbe stata erronea, poiché in calce al ricorso erano stati perfettamente indicati sia il contratto di vendita del 1984 , sia l’esposto ai Carabinieri di Taurisano del 1986, sia l’att estazione proveniente dai Carabinieri medesimi; documenti che erano stati poi debitamente numerati e depositati in apposito fascicolo dinanzi al giudice di legittimità.
Il ricorso è manifestamente inammissibile, il che consente di reputare irrilevanti i dubbi circa la sua rituale notifica agli intimati, non costituitisi in giudizio; dubbi determinati dalla circostanza che nelle produzioni rinvenibili nel fascicolo telematico non figurano i files di accettazione e di avvenuta consegna della notifica asseritamente
effettuata in data 24 novembre 2023, ma solo il c.d. file DatiAtto.xml.p7m .
2.1. Ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art.395, n.4, cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo , nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinant e della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere
con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
e) sotto quest’ultimo profilo, va rilevato che nella nozione di punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice ha definito il processo; invero, un qualsiasi punto (anche se concerne una questione rilevabile d’ufficio) -una volta che sulla base di poteri esercitabili dalla parte (come la presentazione di una memoria) o dal giudice (nel corso dell’ordinaria direzione del processo o nell’esercizio dei suoi poteri di controllo offici osi) è divenuto oggetto potenziale, per la sua stessa prospettazione, di dibattito processuale e, dunque, di decisione -diviene per ciò stesso un punto controverso tra le parti (Cass. 15/03/2023, n. 7435);
f) m ovendo da tale configurazione dell’errore revocatorio, questa Corte ha, sin da epoca ormai risalente, affermato -e in tempi più recenti reiteratamente ribadito -che, non solo, ovviamente, non
rientra nella previsione dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., il vizio che, nascendo da una falsa percezione di norme giuridiche, integri gli estremi dell’ error iuris , sia che attenga ad obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione (Cass. 21 /02/2020, n. 4584; Cass. 29/12/2011, n. 29922); ma neppure sussiste errore di fatto revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata interpretazione dei motivi del ricorso o di una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n.7064/2022; Cass. 13915/2005; Cass. 14608/2007; Cass. 20635/2017; Cass. n. 10179/2020; Cass. 10040/2022);
pertanto, non è configurabile un errore revocatorio né nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità in ordine alla violazione dei principi di autosufficienza, di tassatività e specificità che devono caratterizzare i motivi di ricorso per cassazione, né in quello volto ad individuare la ratio decidendi della sentenza impugnata, al fine di valutare se la stessa si sottragga o meno alle censure rivoltele con il ricorso medesimo.
2.2. Nel caso in esame, alla stregua delle stesse allegazioni dei ricorrenti, nessuno dei due presunti errori denunciati rientra nel paradigma dell’ errore revocatorio.
2.2.a. Per quanto concerne il primo, va osservato, anzitutto, che la supposizione che la vendita dell’autocarro del 1984 fosse stat a trascritta al P.R.A., ha costituito l’oggetto di un accertamento di merito basato sulla ricostruzione delle circostanze di fatto e sull’ apprezzamento delle prove documentali dedotte in giudizio, e non già di una svista percettiva individuabile ictu oculi in base agli atti di causa.
È poi evidente, in secondo luogo, che, nel caso di specie, la supposizione circa l’ avvenuta trascrizione della vendita del 1984, proprio in quanto costituente l’ oggetto di un apprezzamento di fatto basato sull’esame delle prove dedotte in giudizio, era stata espressa dal giudice del merito, mentre la Corte di legittimità si è limitata a dare atto di tale giudizio nella ricostruzione della ratio decidendi della sentenza impugnata, osservando che, per la C orte d’ appello, NOME COGNOME era rimasto obbligato al pagamento della tassa di proprietà sull’autocarro proprio in ragione del rilievo che l’atto di vendita a suo favore del 1984, a differenza dell’eventuale successivo trasferimento del mezzo a NOME COGNOME, fosse stato ‘ evidentemente ‘ trascritto al P.R.A.
Pertanto, l’eventuale errore -avente comunque natura di errore di giudizio derivante da una valutazione di fatto e non di errore di fatto revocatorio -sarebbe addebitabile alla sentenza della Corte d’appello (e avrebbe quindi dovuto essere sanzionato con i relativi mezzi di gravame) e non alla pronuncia di legittimità.
Non può infine non evidenziarsi, in terzo luogo, che la questione circa la trascrizione al P.R.A degli atti di vendita compiuti da NOME COGNOME aveva formato oggetto di discussione nel giudizio, atteso che gli stessi ricorrenti hanno dedotto di aver depositato documenti atti a dimostrare l’ effettiva disponibilità dell’autocarro in capo a NOME COGNOME almeno dal 1986, nonché la circostanza che i Carabinieri di Taurisano, ritirata la carta di circolazione del veicolo e trasmessala al P.R.A. di Lecce, avevano contravvenzionato sia l’ alienante che l’acquirente dell’autocarro per la mancata comunicazione del trasferimento di proprietà nel termine previsto dalla legge. Il fatto di cui erroneamente sarebbe stata supposta l’esistenza avrebbe quindi costituito un punto controverso, la pronuncia relativa al quale non avrebbe potuto integrare una mera svista percettiva, ma avrebbe
assunto necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio.
2.2.b. Quanto all’errore denunciato con il secondo motivo, è sufficiente ribadire che , in mancanza di un’inesatta percezione dei fatti, non è configurabile un errore revocatorio nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità impugnata sulla violazione del principio di autosufficienza in ordine ai motivi di ricorso, venendo in considerazione una valutazione espressa in funzione dell’ osservanza dei presupposti di ammissibilità del ricorso per cassazione, suscettibile, ove non correttamente effettuata, di tradursi in un error iuris ma non in una svista percettiva (Cass. 31/08/2017, n.20635; Cass.14/08/2020; Cass. 12/10/2022, n. 29750; Cass. 13/05/2024, n. 13109).
Nel caso in esame, poi, l’eventuale errore non assumerebbe lo stigma della decisività, poiché il giudizio circa il mancato rispetto dell’art. 366 n. 6 cod . proc. civ. è stato espresso dalla Corte di legittimità solo incidentalmente, prima di scrutinare i motivi di ricorso, che non è stato dichiarato inammissibile per violazione delle prescrizioni dettate dalla citata disposizione del codice di rito, ma rigettato nel merito.
In definitiva, il ricorso per revocazione proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, va dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, attesa l’ indefensio degli intimati.
A i sensi dell’art. 13 , comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il