Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8197 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8197 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2513/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliazione digitale come in atti;
-ricorrente-
contro
AZIENDA USL TOSCANA CENTRO, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa da ll’ avvocato COGNOME, domiciliazione digitale come in atti;
-controricorrente-
avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 26022/2023, depositata il 6/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ai sensi dell ‘ art. 391bis c.p.c. affidato a tre motivi, la RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE ha impugnato, per revocazione ex art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., l ‘ ordinanza di questa Corte, Terza Sezione civile, n. 26022 del 6 settembre 2023, che ne ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 550/2019, la quale, a sua volta, aveva accolto il gravame interposto dalla Azienda USL Toscana Centro (di seguito anche solo: USL Toscana) contro la decisione resa in primo grado dal Tribunale di Firenze e, quindi, accolto la domanda di indebito originariamente proposta dalla medesima USL Toscana.
Per l ‘ effetto, il giudice di appello aveva dichiarato che, nel periodo 1997-2000, la Casa di Cura Valdisieve non aveva diritto alla corresponsione delle somme a titolo di DRG ( Diagnosis Related Group ) erogatele dall ‘ Azienda per le prestazioni effettuate in regime libero professionale al suo interno, con oneri a carico degli utenti, condannando, quindi, l ‘ appellata alla restituzione della somma di euro 3.272.275,69, in favore della USL Toscana, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
– Questa Corte, Terza Sezione civile, a fondamento della decisione resa con l ‘ ordinanza n. 26022/2023, ha osservato (per quanto ancora rileva in questa sede) che: a ) la sentenza della Corte di appello di Firenze aveva escluso che, nel periodo 19972000, in caso di prestazioni specialistiche o interventi chirurgici eseguiti all ‘ interno della struttura da parte di medico scelto e remunerato dal paziente la Casa RAGIONE_SOCIALE potesse ricevere un rimborso dalla Azienda Sanitaria ‘(n)on essendo prevista tale ipotesi dalla convenzione del 1997, pro tempore applicabile ai rapporti tra le parti’, reputando che il rimborso non fosse, quindi,
dovuto poiché la scelta operata dal paziente ‘comportava la rinuncia ad avvalersi dell ‘ assistenza del Servizio Sanitario Nazionale e l ‘assunzione in proprio di ogni onere conseguente’; b ) la RAGIONE_SOCIALE ha proposto otto motivi di ricorso, deducendo, in particolare, con il quarto e il quinto motivo: b.1 ) ‘ violazione degli articoli 2697 e 2727 c.c., nonché degli articoli 115, 116, 163, 164, 183 e 184 c.p.c. e la violazione dell ‘ articolo 2033 c.c. La ricorrente censura sotto un diverso profilo la violazione delle regole dell ‘ onere della prova, sottolineando la mancanza di prove di doppi pagamenti in favore della struttura. Sostiene che, sulla base della documentazione prodotta ed esaminata dal CTU, non esistevano prove di pagamenti eseguiti dai pazienti in favore del medico, dando una diversa interpretazione ai passi della consulenza che riporta ‘ (quarto motivo); b.2 ) ‘ difetto di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: il vizio di motivazione sarebbe insito in un passaggio della relazione del CTU, condiviso e ripreso dalla Corte d ‘ appello: il CTU afferma che per i DRG individuati la casa di cura ha percepito un ricavo integrale, nonostante che il costo sostenuto per la relativa prestazione sanitaria sia stato inferiore a quello calcolato in considerazione del fatto che i medici prescelti sono stati retribuiti direttamente dai pazienti e, c ‘ è da ritenere, senza ulteriori oneri per la casa di cura che, pertanto, avrebbe realizzato risparmi sui costi con conseguente beneficio economico in pari misura. Aggiunge la ricorrente, in riferimento alle ricevute rilasciate dai pazienti, indicate nella c.t.u. con passaggio ripreso dalla sentenza, che esse confermerebbero soltanto che l ‘ unico a ricevere un pagamento diretto dai pazienti era il dottor COGNOME mentre la Valdisieve non aveva chiesto alcunché ai pazienti privati del COGNOME ricoverati nella sua struttura ed aveva provveduto a pagare il medico per le sue prestazioni ‘ (quinto motivo); c ) i primi sei motivi, ‘che in larga misura riprendono le stesse
argomentazioni, possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, e sono infondati’; d ) la ‘sentenza impugnata non ha negato la legittimità dell ‘ attività sanitaria libero professionale svolta presso la casa di cura accreditata. Ciò che ha ritenuto illegittimo è che la casa di cura, in relazione a questo tipo di attività medica libero professionale scelta e peraltro già pagata dai pazienti, avesse comunque ottenuto un rimborso dal Servizio Sanitario Nazionale, non essendo tale rimborso previsto dalla convenzione allora vigente’; e ) come ritenuto dalla Corte territoriale, le ‘prestazioni per le quali la casa di cura ha ottenuto i DRG (ovvero prestazioni specialistiche o chirurgiche eseguite da specialisti convenzionati su propri pazienti privati all ‘ interno della struttura convenzionata) e rispetto alle quali la Asl agisce in ripetizione di indebito erano state inserite nella convenzione precedente, sottoscritta nel 1978, sono state reintrodotte nella convenzione successiva del 2001, mentre non sono menzionate nella convenzione del 1997, che regolamenta i rapporti tra ASL e struttura privata convenzionata nel periodo in contestazione’; f ) pertanto, ‘il medico privato che opera all ‘ interno della struttura sanitaria accreditata ben può operare pazienti suoi privati all ‘ interno di questa struttura, e ben può chiedere a questi la corresponsione del suo onorario. La struttura sanitaria, in caso di pazienti privati, estranei al regime di accreditamento (e alla selezione che questo comporta, nel consentire che quel paziente fruitore del SSN possa fruire della prestazione necessaria presso quella determinata struttura privata), a seconda dei suoi accordi interni con il medico, potrà chiedere o meno al paziente privato il pagamento della prestazione chirurgica, a seconda che l ‘ accordo sia nel senso che il corrispettivo in denaro della prestazione chirurgica venga erogato dal paziente direttamente al medico o dal paziente alla struttura sanitaria, così come può chiedere al paziente privato le spese cosiddette alberghiere e quelle infermieristiche e connesse all ‘ uso della sala
operatoria. Quello che non potrà fare, ove, come nella specie, non previsto dalla convenzione che regola i suoi rapporti con il SSN, è chiedere al Servizio sanitario nazionale di essere rimborsata sulla base dei DRG per quel tipo di prestazione. Avendolo fatto, la ricorrente è stata condannata legittimamente alla restituzione di quanto percepito’; g ) ‘(i) rilievi svolti dalla ricorrente nei motivi 4 e 5 sulla mancanza di prova della percezione da parte sua di un doppio pagamento, pur a prescindere dalle numerose risultanze istruttorie e dell ‘ indagine penale in corso richiamate dalla controricorrente (che rimangono estranee all ‘ oggetto del presente giudizio) e soprattutto dalla motivazione della sentenza impugnata, risultano irrilevanti a fronte della considerazione di fondo, che mina alla base la diversa ricostruzione della ricorrente: si tratta di prestazioni non convenzionate, eseguite al di fuori del regime di accreditamento, per le quali alla casa di cura non spettava alcun rimborso dal SSN, neppure per le prestazioni accessorie a quella specialistica o medico chirurgica, essendo peraltro le tariffe stabilite dai DRG onnicomprensive. Per cui, a fronte dell ‘ incontestato incasso dei DRG in misura pari al richiesto, l ‘ importo indebitamente percepito doveva essere restituito’.
-Resiste con controricorso la Azienda USL Toscana Centro.
-La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo mezzo è denunciato ‘travisamento della prova’, nonché dedotta violazione degli artt. 24 e 101 Cost., 112, 391bis e 395, primo comma, n. 4, c.p.c., per essere incorsa l ‘ ordinanza impugnata in una «travisata lettura del quarto e del quinto motivo del ricorso per cassazione che non si limitavano affatto a censurare l ‘ inesistenza della prova di doppi pagamenti ma evidenziavano l ‘ apoditticità degli assunti della sentenza di appello
stante l ‘ incongruenza delle conclusioni della CTU in punto di prova stessa dell ‘ esistenza di eventuali pagamenti a favore del medico ortopedico ‘libero professionista’».
La ricorrente, nel trascrivere alcuni passi della CTU espletata nel corso del giudizio di merito (pp. 11 e 12 del ricorso), assume che questa Corte abbia ‘ritenuto esistente una circostanza di fatto, ossia l ‘ avvenuto pagamento delle prestazioni da parte dei pazienti a favore del medico ortopedico, la cui esistenza era stata accertata in modo apodittico ed assiomatico dalla CTU’.
2. -Con il secondo mezzo è dedotta ‘violazione del principio del divieto della sentenza a sorpresa’, nonché violazione degli artt. 24 e 101 Cost., 112, 391bis e 395, primo comma, n. 4, c.p.c., là dove l ‘ ordinanza impugnata ha affermato che i DGR «sarebbero relativi a ‘pazienti privati, estranei al regime di accreditamento (e alla selezione che questo comporta, nel consentire che quel paziente fruitore del SSN possa fruire della prestazione necessaria presso quella determinata struttura privata)’ ovvero sarebbero stati relativi a ‘prestazioni non convenzionate, eseguite al di fuori del regime di accreditamento, per le quali alla casa di cura non spettava alcun rimborso dal SSN’».
RAGIONE_SOCIALE sostiene che tali affermazioni integrerebbero una ‘sentenza a sorpresa’, essendo stata introdotta ‘un’ allegazione in fatto mai svolta nei precedenti gradi di giudizio ed ancora che risulta in contrasto con le risultanze degli atti e dei documenti di causa’, poiché non era «in discussione l ‘ appropriatezza dei DRG applicati dalla società ricorrente o delle forme di accesso dei pazienti ortopedici che venivano operati (tutti ‘selezionati’ nel rispetto della disciplina di legge) bensì e soltanto, con riferimento alle prestazioni del chirurgo ortopedico dott. COGNOME se quest ‘ ultimo si facesse remunerare direttamente dai ‘propri’ pazienti seppure operati all’ interno della struttura della società ricorrente e della convenzione di tale struttura con il SSR».
-Con il terzo mezzo è prospettata violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. ‘per omesso esame di motivo di ricorso’, nonché violazione degli artt. 24 e 101 Cost., 112, 391bis e 395, primo comma, n. 4, c.p.c., giacché questa Corte, sintetizzando il quinto motivo di ricorso e, quindi, dando atto della sua infondatezza, con scrutinio congiunto del quarto motivo (a p. 13 dell ‘ ordinanza impugnata), ‘non pare davvero confrontarsi con quello che era il suo effettivo … e reale contenuto’, avendo mancato di esaminare ‘l’ esistenza di pagamenti a favore del chirurgo ortopedico libero professionista che la società ricorrente aveva riferito e provato di aver sempre e puntualmente pagato per le prestazioni rese all ‘ interno del rapporto convenzionale con il SSR’, mentre tale esistenza risultava affermata soltanto ‘in modo assiomatico dal CTU e dalla stessa Corte di Appello di Firenze’.
-Il ricorso è inammissibile in tutta la sua articolazione.
4.1. -Varrà osservare che, in tema di revocazione dei provvedimenti della Corte di cassazione, l ‘ errore di fatto non può concernere l ‘ attività interpretativa e valutativa, mentre: deve possedere i caratteri dell ‘ evidenza assoluta e dell ‘ immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; deve essere essenziale e decisivo; deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte (Cass., S.U., n. 20013/2024; in termini non dissimili Cass., S.U., n. 5792/2024, richiamata nella memoria, sebbene tale pronuncia abbia riguardo, segnatamente, al travisamento della prova).
Ne consegue che non è dato apprezzare la sussistenza di un errore di fatto revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall ‘ area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n. 10040/2022).
Sicché, non integra l ‘ errore di fatto rilevante per la revocazione di una sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell ‘ art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c. la pretesa erroneità della persistente controvertibilità di una questione o della lettura di uno o più degli atti dei gradi di merito che siano state oggetto della sentenza di secondo grado e poi dei motivi di ricorso per cassazione, sia perché in tal caso la questione è già stata oggetto di discussione tra le parti, sia perché un eventuale errore di diritto o di fatto commesso in tesi dalla Corte di cassazione e diverso dalla mera svista su atti processuali del solo giudizio di legittimità non sarebbe suscettibile di emenda in base al vigente sistema processuale (Cass. n. 7795/2018).
Con l ‘ ulteriore precisazione che la contestazione dell ‘ errore di fatto revocatorio presuppone, come detto, la sua decisività, requisito che deriva dalla natura straordinaria del rimedio e dall ‘esigenza di stabilità del giudicato, in ossequio al ‘principio di ragionevole durata del processo’ e al connesso divieto di protrazione all ‘ infinito dei giudizi; tale decisività non sussiste qualora l ‘ impugnato provvedimento trovi fondamento anche in ulteriori ed autonome rationes decidendi rispetto alle quali non sia contestato alcun errore percettivo (tra le altre: Cass. n. 4678/2022).
4.2. -Nella specie, la ratio decidendi che sorregge la decisione resa dall ‘ ordinanza di questa Corte n. 26022/2023 sul quarto e sul quinto motivo di ricorso proposto dalla Valdisieve avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 550/2019 (e che, invero, rappresenta la ragione giustificativa essenziale della decisione di rigetto dell ‘ intero ricorso) risiede nel rilievo per cui, alla luce dell ‘ interpretazione assunta dal giudice di appello circa la convenzione inter partes dell ‘ anno 1997 e la normativa di settore (d.lgs. n. 502/1992), le prestazioni (DRG) per le quali la RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto il rimborso -e per la ripetizione del cui
ammontare ha agito in giudizio l ‘ USL Toscana non erano prestazioni per le quali, in base alla predetta convenzione allora in essere, il rimborso stesso era previsto, trattandosi di prestazioni ‘non convenzionate, eseguite al di fuori del regime di accreditamento’ (cfr. sintesi al § 2 dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente).
Tale ratio decidendi -che nella sua portata si presta ad essere ritenuta autonoma e idonea a sorreggere di per sé la decisione di rigetto dei motivi di ricorso allora proposta (rendendo irrilevanti le censure che gravitano intorno alla questione dei pagamenti fatti dai pazienti direttamente o meno al medico di fiducia) -non è stata affatto attinta da censure ai sensi dell ‘ art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c., così da rendere prive di decisività le doglianze altrimenti dedotte in questa sede.
Anche le critiche svolte con il secondo motivo, infatti, non danno evidenza ad alcun errore revocatorio, ma ad una asserita adozione di una ‘sentenza a sorpresa’, in violazione dell’ art. 101 c.p.c., quale doglianza non affatto riconducibile nell ‘ alveo del n. 4 dell ‘ art. 395 c.p.c. come innanzi delimitato.
4.3. -In ogni caso e ulteriormente rispetto ai rilievi (pur assorbenti) appena esposti, i motivi di ricorso sono inammissibili anche perché, nella loro complessiva considerazione, non deducono alcun errore revocatorio che possa addebitarsi all ‘ ordinanza impugnata.
Le doglianze di parte ricorrente si sviluppano dando risalto, semmai, ad asseriti errori di interpretazione degli atti processuali segnatamente, dei motivi di ricorso per cassazione e, finanche, della CTU, quale atto che, però, così come direttamente assunto a raffronto, non può dirsi interno al giudizio di cassazione – che non risultano neppure autoevidenti in base alla stessa prospettazione della RAGIONE_SOCIALE
Si tratta, dunque, di censure che non assurgono in alcun modo ad errori di fatto ai sensi del n. 4 dell ‘ art. 395 c.p.c.
-Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile e la società ricorrente condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 12.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza