Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28769 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28769 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6050/2025 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa nel presente giudizio, anche disgiuntamente tra loro, dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale: EMAIL e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale: EMAIL, per procura speciale allegata agli atti -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende, congiuntamente e disgiuntamente, con gli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente –
avverso l ‘o rdinanza della Corte di Cassazione, Sez. 1 civile , n. 35086/2024, depositata il 30/12/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con l ‘ ordinanza indicata in epigrafe, questa Corte di cassazione ha dichiarato improcedibile il ricorso per cassazione presentato da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto della Corte di appello di Bologna del 4 gennaio 2024, con il quale era stato respinto il reclamo avverso il rigetto della propria opposizione all ‘ omologazione della domanda di concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE, disposta dal Tribunale di Reggio Emilia.
-Nel provvedimento qui impugnato si osserva che:
(i) la dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta comunicazione della decisione impugnata attestava un fatto processuale, idoneo a far decorrere il termine di impugnazione, che, quale manifestazione di autoresponsabilità della parte, impegnava quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia del decreto comunicato munito delle copie dei messaggi di spedizione e di ricezione ad opera della cancelleria, senza che fosse possibile porre rimedio alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (con richiamo a Cass., Sez. U., 21349/2022);
(ii) la stessa ricorrente aveva dichiarato di impugnare il decreto «pubblicato in data 4 gennaio 2024, comunicato alle parti in data 9 gennaio 2024», non curandosi, tuttavia, di depositare la copia della comunicazione della cancelleria cui aveva fatto espresso riferimento, con la conseguenza che -avendo la ricorrente depositato la sola copia autentica della decisione impugnata, priva dei messaggi dell’avvenuta comunicazione -il difetto di procedibilità doveva essere rilevato d’ufficio, non potendo il vizio ritenersi sanato dalla mancata contestazione della controricorrente, peraltro senza necessità di stimolare il contraddittorio sul punto, trattandosi di questione di rito rilevabile in ogni stato e grado del processo (cfr. Cass. 7356/2022);
(iii) il mancato deposito della comunicazione effettuata ad opera della cancelleria assumeva rilevanza decisiva, in quanto la stessa non risultava comunque nella disponibilità della Corte di cassazione, perché neppure parte controricorrente si era curata di produrla;
(iv) inoltre, il ricorso per cassazione non era stato notificato entro trenta giorni dalla pubblicazione del decreto (ai sensi dell’art. 183, comma 1, l. fall.), non potendo perciò operare la cd. prova di resistenza.
-L ‘ ordinanza, pubblicata il 30 dicembre 2024 e comunicata alle parti il 13 gennaio 2025, è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per revocazione ex art. 391-bis c.p. c. dell’11 marzo 2025 , affidato ad un unico motivo, cui RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il P.M., in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-L’unico motivo di ricorso prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 391 -bis c.p.c. e dell’art. 395, n. 4 ) c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) e n. 4) c.p.c.
1.1. -Parte ricorrente evoca la giurisprudenza di legittimità in tema di revocazione ai sensi degli artt. 391-bis c.p.c. e 395 n. 4 c.p.c., in base alla quale: (i) l’errore di fatto revocatorio si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, induce ad escludere o affermare; (ii) l’errore di fatto revocatorio deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi; (iii) va esclusa l’improcedibilità del ricorso quando la relata, ancorché non depositata dal ricorrente, si trovi, per qualsiasi ragione, nella disponibilità del giudice (con richiamo a Cass. Sez. U, 10648/2017).
Ricorda poi che l’art. 137 -bis disp. att. c.p.c. ( applicabile, ai sensi dell’a rt. 35, comma 5, d.lgs. 149/22, ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1 gennaio 2023) dispone che il cancelliere della Corte di cassazione, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, acquisisce il fascicolo d’ufficio dalla cancelleria del giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
Da ciò desume che « I dati relativi alla pubblicazione, se in contestazione ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione (e, dunque, là dove non evincibili tramite gli stessi sistemi informatici in uso a Corte), possono essere verificati attraverso la consultazione del fascicolo informatico del giudizio di merito acquisito d’ufficio ai sensi dell’art. 137 -bis disp. att. c.p.c .».
Deduce quindi, in fatto, che « dai dati del fascicolo telematico della Corte di Appello di Bologna R.G. 543/2023 si evince chiaramente che l’evento relativo alla comunicazione del decreto di rigetto è avvenuto mediante notificazione della cancelleria alle parti in data 9 gennaio 2024 ».
Aggiunge poi che « La stessa COGNOME, nella relata della notificazione ex art. 3 bis Legge 21 gennaio 1994, n. 53 a RH del detto provvedimento effettuata in data 6 febbraio 2024, dà infatti così pacificamente di atto di notificare ‘ad ogni effetto di legge copia informatica del Decreto n. 280/2024 Repert. – n. cronol. 21/2024 emesso in data 19 dicembre 2023 comunicato in data 9 gennaio 2024 dalla Corte d’Appello di Bologna con nome file ‘NUMERO_DOCUMENTO‘».
1.2. -Su queste basi, secondo la ricorrente, la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 369, n. 2, c.p.c., sarebbe « frutto di un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa ».
-Il motivo rescindente è inammissibile per difetto di autosufficienza.
-L ‘art. 369 , comma 2, n. 2, c.p.c. prevede che il ricorrente deve depositare unitamente al ricorso, a pena di improcedibilità, «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta». Lo scopo di tale obbligo di deposito è consentire alla Corte di controllare la tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, a tutela dell’interesse di carattere pubblicistico (e quindi indisponibile per le parti) al rispetto del vincolo della cosa giudicata formale.
Di recente, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U, n. 21349/2022) hanno affermato che si ha improcedibilità del ricorso quando «la parte
ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall’art. 369, comma 1, c.p.c., copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo pec) e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente ( ex plurimis , Cass. n. 19695 del 2019, n. 3466 del 2020)». Al tempo stesso hanno ribadito il principio per cui «non sia possibile applicare la sanzione dell’improcedibilità allorquando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice per opera della controparte», già affermato da Cass. Sez. U, n. 10648/2017 e successivamente confemato (v. Cass. n. 27883/2024 e Cass. n. 4516/2025).
Ma soprattutto, per quanto qui rileva, hanno precisato che l’improcedibilità del ricorso per cassazione «dev’essere confrontata con l’orientamento emerso nella più recente giurisprudenza, secondo la quale deve escludersi la possibilità di applicare la sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (cfr. Cass. SU n. 10648 del 2017; n. 15832 del 2021)».
-Ebbene, nell’ordinanza qui impugnata è stato affermato, in modo chiaro e inequivocabile, che «il mancato deposito della comunicazione effettuata ad opera della cancelleria assume rilevanza decisiva, in quanto la stessa non risulta comunque nella disponibilità della Corte di cassazione».
4.1. -A fronte di una simile statuizione, la censura formulata dalla parte ricorrente in revocazione è inammissibile per difetto di specificità, nella parte in cui la stessa ricorrente: (i) non indica precisamente la collocazione e la sede processuale nella quale i documenti richiamati sarebbero stati acquisiti; (ii) non precisa che la suddetta indicazione era stata già fornita nell’ambito del ricorso originario, non potendosi ritenere assolto detto onere di indicazione con il generico riferimento al fascicolo d’ufficio , di cui non si è dedotta neanche la già intervenuta acquisizione da parte della cancelleria della Corte di cassazione, ai sensi del novellato art. 137-bis, comma 1, disp. att. c.p.c. (nello stesso senso, vedi anche Cass. n. 14709/2025, sebbene con
riferimento al precedente regime di acquisizione del fascicolo su richiesta di parte ricorrente, ex art. 369 comma 3 c.p.c.).
4.2. -Al riguardo mette conto di ricordare -nella premessa che questa Corte non ha facoltà di colmare le lacune nella produzione documentale delle parti -come sia specifico onere del ricorrente indicare in ricorso ogni dato rilevante e ogni singolo documento che si deposita (utilizzando in ricorso la stessa dicitura con cui è denominato il corrispondente documento informatico, riversato nel fascicolo telematico).
Al contrario, parte ricorrente si è limitata a supporre che, qualora il RAGIONE_SOCIALE a quo avesse proceduto ad esaminare gli atti del fascicolo di ufficio telematico del processo di reclamo (cui aveva accesso diretto), vi avrebbe potuto rinvenire la prova della comunicazione del provvedimento impugnato, senza nulla aggiungere rispetto all’affermazione dello stesso RAGIONE_SOCIALE di cui si è detto sopra, che invece lo escludeva recisamente.
4.3. -L ‘affermata mancanza di disponibilità della prova della comunicazione, di rilevanza decisiva ai fini dell’intervenuta declaratoria di improcedibilità del ricorso, integra un accertamento in rito effettuato dalla Corte di cassazione, al quale la ricorrente in revocazione contrappone solo un generico riferimento al contenuto del fascicolo d’ufficio, di cui non solo si dà per scontata l’acquisizione da parte della cancelleria della Corte di cassazione, ma nemmeno si descrive il contenuto, in relazione all ‘assunto che lo stesso includesse, oltre al provvedimento impugnato -che rappresenta l’ultimo atto del processo -anche le relate delle comunicazioni di quest’ultimo alle parti del giudizio di reclamo.
Ne consegue che la parte, col ricorso per revocazione, non è neanche riuscita ad allegare (nonché provare) che, al momento della pronuncia dell’ordinanza così gravata, il RAGIONE_SOCIALE avesse potuto ritualmente disporre dei dati necessari a verificare la procedibilità del ricorso, e fosse, pertanto, incorso in una svista percettiva degli atti interni al giudizio di legittimità.
Viene di conseguenza a mancare anche il necessario requisito dell’assoluta evidenza e rilevabilità del preteso errore percettivo -sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio -di cui la stessa ricorrente mostra di essere perfettamente consapevole.
Viene dunque affermato il seguente principio di diritto:
‘ Nel ricorso per revocazione avverso la decisione della Corte di cassazione che abbia dichiarato l’improcedibilità del ricorso originario ex art. 369, n. 2), c.p.c., per mancato deposito della copia notificata del provvedimento impugnato -completa, cioè, della relata di notifica a cura della cancelleria del giudice a quo (nella specie, decreto ex art. 183 l.fall.) -il ricorrente è tenuto a precisare, ai sensi dell’art. 366, n. 4) e n. 6), c.p.c., di aver fornito, già nel ricorso originario, puntuale indicazione circa la collocazione dei documenti rilevanti all’interno del fascicolo ‘ .
-Le questioni dibattute rendono opportune ulteriori precisazioni.
5.1. -Come visto, la mera presunzione, ai fini del giudizio rescindente revocatorio, della presenza del fascicolo d’ufficio della fase processuale precedente (senza la precisa indicazione della sua acquisizione ex art. 137bis, comma 1, disp. att. c.p.c. e del suo contenuto) non è idonea ad aprire le porte alla fase rescissoria, la quale postulerebbe che il giudice a quo non si sia effettivamente avveduto dell’esistenza di un documento ( la comunicazione del provvedimento impugnato) di cui il ricorrente in revocazione abbia dimostrato l’esistenza e presenza nell’incarto processuale.
5.2. -Deve in ogni caso rammentarsi che l’errore revocatorio dev’ essere un errore di fatto, che consista nell ‘ erronea percezione degli atti di causa e si sostanzi nella supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata, e sempre che detto errore sia decisivo (nel senso che tra l’erronea supposizione e la decisione deve sussistere un nesso di causalità necessaria).
Ne consegue che non è nemmeno configurabile un ‘ ipotesi di revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. laddove a venire in rilievo sia la mancata applicazione, da parte del giudice, di una norma di condotta processuale, discendente dall’art. 137 -bis, comma 1, disp. att., c.p.c., in relazione all’ accertamento circa l’acquisizione officiosa del fascicolo della fase giudiziale precedente.
5.3. -Invero, l’eventuale addebito della manca ta ricerca ufficiosa dei dati necessari per la verifica di procedibilità del ricorso -l’onere processuale della cui allegazione, nel caso in esame pacificamente non assolto, continua a gravare sul ricorrente, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., norma non eliminata né modificata dalla riforma di cui al d.lgs. n. 149 del 2022 -non integra, con tutta evidenza, un errore percettivo, posto che quest’ultimo , per rilevare ai fini della revocazione, può riguardare un dato sicuramente già agli atti del giudizio di legittimità, ma non può mai riguardare un dato che, in tesi, avrebbe dovuto essere acquisito (così, anche Cass. n. 14709/2025).
5.4. -A tal fine dovrebbe infatti anche verificarsi che, in base alle vigenti disposizioni normative e regolamentari, il fascicolo da acquisire d’ufficio ex art. 137-bis, comma 1, disp. att. c.p.c. contenga effettivamente anche le relate di comunicazione del provvedimento effettuate (come nella fattispecie in esame) a cura della cancelleria del giudice a quo ; accertamento che, per l’ appunto, esorbita dal perimetro di cognizione del giudizio di revocazione.
Viene dunque affermato l’ulteriore principio di diritto:
‘ Non rientra nel perimetro del giudizio di revocazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4), c.p.c., la sollecitazione di una lettura dell’art. 137 -bis disp.att. c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022 (cd. riforma Cartabia), come norma che sottenderebbe l’inclusione, nel fascicolo d’ufficio acquisito presso la cancelleria del giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, anche degli atti successivi a detta pronuncia, come la relata della notifica del provvedimento effettuata dalla stessa cancelleria alla parte, la quale resta in ogni caso onerata del suo deposito, ai sensi dell’art. 369, n. 2), c.p.c. ( norma non modificata dalla medesima riforma), a pena di improcedibilità del ricorso, salvo che detta relata di notifica risulti comunque nella disponibilità del giudice ‘ .
-Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
-Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 ottobre 2025
La Presidente NOME COGNOME