Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10787 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10787 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
Oggetto
Revocazione – Errore di fatto percettivo ─ Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10217/2022 R.G. proposto da Reale Compagnia Italiana S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME domiciliati digitalmente ex lege ; -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, n. 1941/2021 depositata in data 6 luglio 2021, e la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 367/2022, depositata in data 9 febbraio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con sentenza n. 1941/2021, depositata in data 6 luglio 2021, la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, ha condannato la Reale Compagnia Italiana S.p.a. al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di Euro 30.060,00, oltre rivalutazione e interessi secondo i criteri di calcolo ivi specificati, ed oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio, a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa di una perdita d’acqua dalle opere (stampe e disegni) presenti all’interno dell’ immobile ad essa concesso in locazione dalla RAGIONE_SOCIALE, adibito a galleria d’arte ;
con successiva sentenza n. 367/2022, resa in data 9 febbraio 2022, la Corte milanese ha rigettato il ricorso per revocazione che, avverso tale decisione, aveva proposto la Reale Compagnia Italiana S.p.a., in punto di quantificazione del danno, in quanto asseritamente frutto di errore di calcolo nella assunzione degli importi stimati dal consulente circa il valore attribuibile alle opere prima e dopo il loro danneggiamento;
avverso entrambe le sentenze quest’ultima società propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi d’impugnazione, di cui due avverso la sentenza emessa in sede di revocazione e tre avverso la sentenza emessa in grado di appello;
vi resiste la RAGIONE_SOCIALE depositando controricorso;
la trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; entrambe le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
il carattere pregiudiziale delle questioni inerenti alla revocazione impone di pronunciare anzitutto sui motivi del ricorso che si
riferiscono alla sentenza (n. 367/2022) pronunciata nel giudizio di revocazione (Cass. 17/03/2010, n. 6456; 20/03/2009, n. 6878; 20/05/2008, n. 14442; 29/07/2004, n. 14350; 13/02/2004, n. 2818; 02/02/2004, n. 1814);
a tal fine occorre premettere che la revocanda sentenza d’appello (n. 1941/2021) giustifica in motivazione la quantificazione del danno nei seguenti testuali termini: «… ritiene queste Corte che un gocciolamento protrattosi per un’intera notte sia idoneo a bagnare l’intera superficie del pavimento su cui potevano essere appoggiate le opere d’arte e comunque a rendere il locale talmente umido (considerato che l’evento si è verificato in periodo invernale) da provocare proprio il tipo di danni evidenziati nelle fotografie allegate alla perizia: il numero di opere, poi, è del tutto compatibile con il loro ricovero in un ambiente anche ristretto, ove appoggiate verticalmente (come ragionevole siano state), contrariamente a quanto può dirsi dell’armadio. … Il c.t.u., all’esito di un esame diligente e competente, ha stimato in complessivi Euro 84.780,00 il valore delle opere ante sinistro, ed in Euro 6.620,00 il valore residuo delle stesse, con un danno effettivo di Euro 78.160,00: poiché la RAGIONE_SOCIALE ha ricevuto per il medesimo sinistro dalla propria assicurazione l’indennizzo di Euro 48.000,00 e questo deve essere detratto per evitare un ingiusto arricchimento (Cass. S.U. n. 12565/18), la Reale Compagnia Italia S.p.a. deve essere condannata al risarcimento del danno in concreto residuato in capo alla RAGIONE_SOCIALE e dunque nella misura di Euro 30.060,00, oltre interessi e rivalutazione secondo i principi espressi da Cass. SU n. 1712/95 »;
a fondamento del proposto ricorso per revocazione RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto ─ come espressamente attestato anche nella sentenza, qui impugnata, che si è pronunciata su di esso (n. 367/2022 ) ─ la sussistenza di errore di fatto percettivo ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., in particolare rappresentato dagli « erronei conteggi effettuati
dalla Corte d’Appello, basati sugli incontestati addendi forniti dal c.t.u. nella sua relazione », evidenziando che il valore ante sinistro che l’ausiliario aveva attribuito a lle opere danneggiate (in numero di 48) era pari non ad Euro 84.780,00, come affermato nella sentenza revocanda, ma ad Euro 34.950,00, come reso evidente dalla ricorrente attraverso una tabella appositamente elaborata, con indicazione, per ciascuna opera, dei valori desunti dall’elaborato peritale;
con la sentenza n. 367/2022 la Corte meneghina, richiamati i consolidati principi in ordine alla definizione dell’errore revocatorio ed ai presupposti del ricorso per revocazione ordinario, ha rigettato tale istanza sulla base dei seguenti testuali rilievi:
« l’errore, così come lamentato, non può dirsi … di immediata percezione ;
n on foss’altro per il fatto che, in relazione a due delle opere, e segnatamente a quelle indicate in elenco con il n. 2 e con il n. 4, oltre alla quantificazione di un valore ‘prima del sinistro’ rispettivamente di € 2.000,00 e di € 2.500,00, vi è anche indicazione di un valore desunto dal Giornale degli affari di € 12.000,00 (quanto all’opera n. 2) e di € 17.000,00 (quanto all’opera n. 4) ;
s enza contare poi l’esistenza delle ampie critiche avanzate al contenuto dell’elaborato dalla stessa appellante RAGIONE_SOCIALE riguardo alla ‘trattazione incompleta e contradditoria dei quesiti’, nonché all’omessa considerazione di talune voci di danno, quali quelle relative ai valori delle opere irrecuperabili o al mancato apprezzamento dei danni alle cornici (v. docc. da 5 a 12 resistente);
tutti elementi che ben potrebbero essere entrati nella valutazione della Corte ai fini della liquidazione del danno, ancorché non specificato nelle sue singole componenti;
alla luce di tali considerazioni, l’enorme divario tra la quantificazione contenuta in sentenza (€ 78.160,00) e la
quantificazione operata nel ricorso per revocazione (€ 28.450,00) non può dunque a rigore considerarsi quale frutto di una semplice svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, costituendo semmai possibile oggetto di critica per avere la Corte operato un’inesatta valutazione di tali risultanze e, in generale, del materiale probatorio acquisito in corso di causa »;
tale motivazione è attinta, come detto, dai primi due motivi del ricorso in esame;
con il primo di essi la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione o falsa applicazione dell’art. 395, primo comma, num. 4, c.p.c. », per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’errore di calcolo non fosse di immediata percezione, nonostante fosse evidente e facilmente rilevabile e per avere fondato la propria decisione su argomentazioni inconferenti e contraddittorie, ignorando il chiaro errore aritmetico presente nella sentenza di appello;
con il secondo la società denuncia « omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360, primo comma, num. 5, in relazione alla mancata considerazione dell’errore di calcolo commesso dal giudice d’appello » per avere la Corte d’appello omesso di esaminare il fatto decisivo rappresentato dagli importi esposti nella c.t.u. e la loro corretta sommatoria;
il primo motivo è fondato e merita accoglimento, restando assorbito l’esame del secondo ;
oggetto proprio ed esclusivo del giudizio di revocazione, nella fase rescindente, è l’accertamento della sussistenza o meno del motivo di revocazione della sentenza revocanda (Cass. n. 1957 del 07/07/1973, Rv. 365055);
limite e perimetro di tale giudizio è dunque la motivazione posta a fondamento della sentenza revocanda, trattandosi di verificare, attraverso il raffronto tra la stessa e gli atti di causa, se la decisione,
così come motivata, sia oppure no il frutto di un’ erronea percezione dei fatti di causa ─ di evidenza assoluta e di immediata rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche ─ che abbia indotto la supposizione dell ‘ esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti;
non può invece il giudice della revocazione, nella fase rescindente, spingersi a valutare la correttezza della decisione prescindendo da tale limitato e specifico oggetto dello scrutinio a lui demandato e ipotizzando percorsi argomentativi che non trovino espressione nella sentenza revocanda; e ciò perché in tal modo il giudice della revocazione si troverebbe a spendere una potestas iudicandi sul merito della causa che ─ almeno in tale fase ─ esso non ha, in quanto già consumata con la pronuncia della sentenza d’appello ;
in tale deviante concezione dei limiti e dell’oggetto del giudizio di revocazione incorre evidentemente nella specie la Corte d’appello , là dove, per escludere la sussistenza del dedotto errore percettivo, suppone -in termini del tutto ipotetici, non sorretti da alcun appiglio nel dato testuale della motivazione ─ che la quantificazione del danno operata in sentenza possa esser derivata: a) dal fatto che il c.t.u. « nelle opere indicate in elenco con il n. 2 e con il n. 4 oltre alla quantificazione di un valore ‘prima del sinistro’ rispettivamente di € 2.000,00 e di € 2.500,00 … indicazione di un valore desunto dal Giornale degli affari di € 12.000,00 (quanto all’opera n. 2) e di € 17.000,00 (quanto all’opera n. 4) »; b) dalla considerazione « delle ampie critiche avanzate al contenuto dell’elaborato dalla stessa appellante RAGIONE_SOCIALE riguardo alla ‘trattazione incompleta e contradditoria dei quesiti’, nonché all’omessa considerazione di talune voci di danno, quali quelle relative ai valori delle opere irrecuperabili o
al mancato apprezzamento dei danni alle cornici »;
di tale sia pur implicita rilevanza di detti elementi non v’è però traccia nella motivazione della Corte, neppure indirettamente ricavabile dal rimando che questa fa alla relazione di consulenza, dati i chiari termini di tale rimando;
quanto agli elementi sub a) deve invero rilevarsi che ─ come sopra s’è evidenziato ─ la sentenza d’appello assume quale base del dato di calcolo la «stima» del valore delle opere ante sinistro quale operata dal c.t.u. e non quello indicato nel «Giornale degli affari»; al riguardo, giova precisare che è bensì vero che il c.t.u. indica nella propria relazione, con riferimento alle opere nn. 2 e 4, il valore indicato nel Giornale degli affari, ma trattasi di mera indicazione descrittiva degli elementi appresi nel corso delle indagini, cui però non viene poi attribuita alcuna incidenza nella indicazione in concreto della stima subito dopo per ciascuna di dette opere autonomamente operata in risposta al quesito, stima che è poi l’unico dato espressamente e specificamente richiamato dai giudici dell’appello;
peraltro, anche ad ammettere che per tali opere il maggior valore indicato nel Giornale degli affari abbia avuto peso nella quantificazione del danno, non si giungerebbe comunque al valore complessivo assunto in sentenza;
quanto poi agli elementi sub b) è ancora più evidente la loro univoca estraneità al percorso motivazionale espresso nella sentenza d’appello, assai chiaro nel riferire il risarcimento spettante alle sole opere «evidenziate nelle fotografie», in numero di 48, ed alla stima del loro rispettivo valore, ante e post sinistro, quale operata dal c.t.u.;
né potrebbe obiettarsi che su tale specifico tema, ossia sul valore di stima delle opere, fosse sorto contrasto, di modo che la quantificazione della Corte possa dirsi espressione di un giudizio pronunciato su tale contrasto, come tale sottratto al rimedio
revocatorio, essendo al contrario evidenziato nella stessa sentenza d’appello (v. pag. 3, righi 14 -24) che « a fronte delle argomentazioni della sentenza appellata con le quali si è evidenziato come la nullità della CTU sia limitata a specifiche ipotesi, l’appellante ha ridimensionato le proprie censure all’elaborato peritale, contestandone nel merito le conclusioni. Orbene, il CTU ha redatto un analitico elenco delle opere sottoposte al suo esame (48 fra quadri e stampe, ed un armadio), precisando che tutte risultavano danneggiate da acqua ed indicandone per i primi il valore da integri e quello attuale e per il secondo i costi di ripristino, il tutto corredato da accurata documentazione fotografica: su detta parte della relazione nemmeno la RAGIONE_SOCIALE non ha svolto contestazioni, diversamente da quanto fatto in relazione alla conclusione raggiunta sul nesso causale con il sinistro in questione ed al mancato esame di altre opere »;
ciò posto non può infine dubitarsi che i dati assunti nella sentenza d’appello quali somme risultanti dall’addizione dei valori delle opere, stimati dal c.t.u. prima e dopo il sinistro, non possano altrimenti spiegarsi se non come frutto di un errore percettivo e/o di calcolo, in entrambi i casi suscettibile di revocazione in quanto di natura non valutativa ma meramente percettiva, ricadente sull’effettivo valore dei singoli addendi quale indicato nella relazione di consulenza e/o sulla loro somma aritmetica: questa Corte infatti, sulla scorta del diretto esame degli atti, consentito dalla natura processuale dell’errore denunciato e dalla piena osservanza, da parte della ricorrente, degli oneri imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ., ha potuto accertare che: a) la somma dei valori di stima attribuiti dal c.t.u. alle n. 48 opere prima del loro danneggiamento è pari a complessivi Euro 34.950,00 (e non ad Euro 84.780,00); b) la somma dei valori di stima attribuiti dal c.t.u. alle n. 48 opere dopo il loro danneggiamento è pari a complessivi Euro 6.500,00 (e non ad
Euro 6.620,00);
in accoglimento, dunque, del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza emessa dalla Corte d’appello in sede di revocazione deve essere cassata;
non essendo necessari nuovi accertamenti di fatto il relativo giudizio può essere deciso, ai fini rescindenti, nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con la pronuncia della revocazione, per errore di fatto, della sentenza d’appello , limitatamente a quanto essa ha deciso a partire dalle ultime tre righe della pagina 4 e fino alle prime cinque righe della pagina 5, fermo restando quanto disposto nelle righe dalla sesta all’undicesima ;
rimane caducato quanto di seguito disposto fino al dispositivo nella stessa pagina, nonché le proposizioni dalla seconda all’ultima del dispositivo stesso;
rimane conseguentemente assorbito, in ragione della sopravvenuta inammissibilità per la disposta caducazione del suo oggetto, l’esame del ricorso per cassazione proposto avverso tale ultima sentenza;
la causa va infine rinviata al giudice a quo affinché provveda, in fase rescissoria, a nuovo giudizio di appello sul tema di lite riaperto per effetto della disposta revocazione e nei limiti della stessa;
al giudice di rinvio va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione;
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso proposto avverso la sentenza n. 367/2022 emessa dalla Corte d’appello di Milano in sede di revocazione; dichiara assorbito il secondo motivo; per l’effetto cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito sulla fase rescindente del ricorso per revocazione, in accoglimento di esso, revoca la sentenza della stessa Corte d’appello n. 1941/2021 depositata in data 6 luglio 2021 nella parte oggetto della presente decisione rescindente
e nelle statuizioni conseguenti; rinvia ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano, comunque in diversa composizione, la decisione sull’oggetto della disposta revocazione ; dichiara inammissibile perché assorbito l’esame del ricorso per cassazione contestualmente proposto avverso quest’ultima sentenza ; demanda al giudice di rinvio di provvedere anche al regolamento delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione