Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13510 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13510 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
della Corte di cassazione ex art.391- bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Consigliere
Consigliere
Ud. 22/02/2024 CC Cron.
R.G.N. 27274/2022
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – COGNOME.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27274/2022 R.G., proposto da
NOME ; rappresentat o e difeso dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL), in virtù di procura a margine del ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL), in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la revocazione dell ‘ ordinanza n. 17253/2022 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, depositata il 27 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza 27 maggio 2022, n. 17253, questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME per la cassazione della sentenza del Tribunale di Rimini che aveva rigettato l’appello da lui spiegato avverso la decisione del locale Giudice di pace, la quale aveva attribuito in pari misura ad NOME e a NOME COGNOME la responsabilità per il sinistro verificatosi il 9 agosto 2014 a Riccione, sulla INDIRIZZO, allorché la motocicletta di sua proprietà, guidata dal primo, aveva colliso con la bicicletta condotta dalla seconda, riportando danni materiali.
Con la predetta ordinanza questa Corte, in particolare, ha dichiarato inammissibile, oltre alle altre doglianze formulate dal ricorrente avverso la sentenza d ‘ appello, il primo motivo di ricorso, recante la censura di motivazione apparente e di conseguente nullità della sentenza a i sensi dell’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. ; ciò, sul rilievo che, ad onta della sua intitolazione, il predetto motivo di ricorso richiedeva, viceversa, la rivalutazione di circostanze di fatto, il cui apprezzamento era incensurabilmente riservato al giudice del merito.
Per la revocazione di questa ordinanza, ricorre NOME, sulla base di un articolato motivo.
Risponde con controricorso NOME COGNOME.
In seguito all’abrogazione del disposto di cui all’art.391 -bis , quarto comma, cod. proc. civ. -ed avuto riguardo alla nuova formulazione dell’art. 375 cod. proc. civ. (che prevede la pubblica udienza nei casi di revocazione di cui all’art. 391 -quater cod. proc. civ., ma non anche nei casi di cui al precedente art. 391bis ) -la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ articolato motivo di revocazione, NOME COGNOME assume che l’ordinanza n. 17253 del 2022 di questa Corte sarebbe affetta da errore di fatto, ai sensi degli artt.391bis e 395, n.4, cod. proc. civ..
1.a. Al riguardo, osserva, in primo luogo, che le sentenze di merito (tanto quella del Giudice di pace, quanto quella, confermativa della prima, emessa dal Tribunale di Rimini) sarebbero affette da travisamento del fatto, falsa percezione ed erronea ricostruzione delle circostanze storiche, per avere ritenuto, da un lato, che il motociclista, al momento del sinistro, stava per affrontare una cura (laddove, al contrario, ne era appena uscito) e, dall’altro lato, che lo stesso motociclista era in colpa per il fatto di non avere tenuto scrupolosamente la destra (laddove, al contrario, tale circostanza era risultata causalmente irrilevante in relazione alla verificazione del sinistro).
1.b. Ciò osservato, il ricorrente ritiene che la duplice erronea ricostruzione delle circostanze di fatto contenuta nelle sentenze di merito rientrerebbe appieno nella nozione di errore revocatorio per gli effetti di cui all’art.395, n.4, cod. proc. civ., venendo in considerazione una falsa percezione della realtà derivante dalla supposizione di fatti la cui esistenza era incontrovertibilmente esclusa dagli atti di causa.
1.c. Infine, il ricorrente ritiene che tale duplice errore, pur riguardando le sentenze di merito, renderebbe revocabile la sentenza di legittimità, in quanto con il motivo di ricorso diretto a denunciare il vizio di motivazione apparente (e, dunque, la nullità) della sentenza d’ appello, egli aveva invocato dalla Corte di legittimità proprio il sindacato sul detto errore di fatto; sindacato che, però, non era stato effettuato perché la Corte, anziché verificare la correttezza del percorso logico-argomentativo della sentenza impugnata, in conformità a
quanto le era stato richiesto, aveva dichiarato inammissibile il motivo di ricorso sull’ erroneo presupposto che esso fosse invece rivolto ad ottenere una diversa valutazione del fatto storico rispetto a quella operata dal giudice del merito.
Il ricorso per revocazione è manifestamente inammissibile.
Ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art.395, n.4, cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo , nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinant e della sentenza di merito, in
relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
e) sotto quest’ultimo profilo, va rilevato che nella nozione di punto controverso, sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice ha definito il processo; invero, un qualsiasi punto (anche se concerne una questione rilevabile d’ufficio) -una volta che sulla base di poteri esercitabili dalla parte (come la presentazione di una memoria) o dal giudice (nel corso dell’ordinaria direzione del processo o nell’esercizio dei suoi poteri di controllo offi ciosi) è divenuto oggetto potenziale, per la sua stessa prospettazione, di dibattito processuale e, dunque, di decisione -diviene per ciò stesso un punto controverso tra le parti (Cass. 15/03/2023, n. 7435).
Effettuata la ricognizione dei caratteri dell’ errore revocatorio, è evidente che esso non può essere mai determinato dalla valutazione con la quale il giudice del merito abbia proceduto alla ricostruzione dei fatti di causa e dall’apprezzamento ad essa funzionale -delle risultanze istruttorie; infatti, quando pure tale ricostruzione fosse erronea, si verterebbe pur sempre nell’ipotesi di un errore di giudizio , censurabile coi mezzi ordinari di impugnazione nei limiti consentiti dalla legge, e non già di un errore di percezione, legittimante l’esperimento del rimedio revocatorio.
Nella fattispecie in esame, poi, non solo tale rimedio è stato inammissibilmente esperito a fronte dell’allegazione di un errore di giudizio, anziché di una svista percettiva, ma, inoltre, l’errore in questione non viene neppure imputato alla Corte di legittimità, per essersi invece asseritamente originato nelle valutazioni compiute dai giudici del merito; nondimeno, si invoca la revocazione della pronuncia di cassazione, in totale spregio alla regola per cui essa trova il suo necessario presupposto in un errore di fatto interno agli atti del giudizio di legittimità ed incidente esclusivamente sulla predetta pronuncia.
Il ricorrente, infine, ancora inammissibilmente, individua l”errore di fatto’ specificamente imputabile alla Corte di legittimità nell ‘ (asserita) erronea interpretazione e valutazione del motivo di ricorso, per avere indebitamente ritenuto che esso fosse rivolto ad ottenere una diversa valutazione del fatto storico, anziché la verifica della correttezza del percorso logico-argomentativo della sentenza d’ appello, debitamente invocata mediante denuncia del vizio motivazionale.
In contrario è, però, agevole rilevare che neppure questo tipo di errore, ove pure fosse configurabile, potrebbe legittimare l’esercizio del mezzo di impugnazione straordinario azionato, avuto riguardo al principio -affermato sin da epoca risalente ed in tempi più recenti reiteratamente ribadito -secondo cui non sussiste errore di fatto
revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata interpretazione o valutazione dei motivi del ricorso, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. 15/05/2002, n.7064; Cass. 28/06/2005, n. 13915; Cass. 22/06/2007, n. 14608; Cass. 02/02/2012, n. 1535; Cass. 15/02/2018, n.3760).
Tale principio è stato nella sostanza ribadito da questa Corte anche nel suo massimo consesso, ove si è statuito che, se, da un lato, è esperibile, ai sensi degli artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, dall’altro lato, deve invece escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un ‘ errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass., Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032).
Il ricorso proposto da NOME deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di revocazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
Il ricorrente soccombente va anche condannato al pagamento, in favore della controricorrente vittoriosa, di una somma che si stima equo determinare in misura pari alla metà dei compensi calcolati sulle spese processuali (oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al saldo), ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ.; la proposizione di un mezzo di gravame manifestamente inammissibile per plurime ragioni, in presenza di doglianze formulate senza tenere conto dei consolidati orientamenti della giurisprudenza di
legittimità e in assenza di alcuna argomentazione che ne possa indurre la rimeditazione, costituisce indice di mala fede o colpa grave e si traduce in una condotta processuale contraria ai canoni di correttezza, nonché idonea a determinare un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali, ponendosi in posizione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art.6 CEDU) e, dall’altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose. Tale condotta, integrando gli estremi dell”abuso del processo’, si presta, dunque, nella fattispecie, ad essere sanzionata con la condanna della parte ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte resistente vittoriosa, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ. (Cass. 04/08/2021, n. 22208; Cass. 21/09/2022, n. 27568; Cass. 05/12/2022, n. 35593);
A i sensi dell’art. 13 , comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di revocazione che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre le spese forfetarie, gli esborsi liquidati in Euro 200,00 e gli accessori di legge.
Condanna altresì il ricorrente a pagare alla controricorrente la somma equitativamente determinata di Euro 1.100,00, oltre interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile il