Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27800 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27800 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21405/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio digitale presso l’indirizzo pec dei difensori;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato AVV_NOTAIO, con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-controricorrente –
per la revocazione dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 5997/2024, depositata il 6/03/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva
Con ordinanza di questa Corte n. 5997/2024, pubblicata il 6.03.2024, venne rigettato il ricorso, fondato su nove motivi,
proposto da NOME COGNOME, avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze, n. 1734/2018, pubblicata 18/07/2018.
COGNOME propone ricorso per la revocazione della suddetta ordinanza, ai sensi degli art. 391 bis e 395 cod. proc. civ. NOME COGNOME resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Questi, in sintesi, e per quel che qui possa rilevare, i fatti di causa:
la RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Firenze, COGNOME NOME, chiedendone la condanna al pagamento delle opere eseguite in forza di un contratto di appalto e delle opere eseguite extra capitolato;
la convenuta si costituì chiedendo il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, la condanna al risarcimento dei danni per aver l’attrice respinto un pagamento tramite bonifico bancario, così impedendo il perfezionarsi della pratica volta all’ottenimento delle agevolazioni fiscali previste per le ristrutturazioni di immobili;
il Tribunale dispose c.t.u. volta a determinare l’entità delle opere eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE;
il consulente, nel corso delle operazioni peritali, acquisì taluni documenti;
-il giudice di primo grado, all’esito dell’istruttoria, r igettò sia la domanda principale che la domanda riconvenzionale;
per quel che qui rileva, va ricordato che il Tribunale considerò nulla la c.t.u. ai sensi degli artt. 184 e 194 cod. proc. civ., così accogliendo l’eccezione svolta dalla convenuta sul punto , la quale aveva dedotto che il consulente aveva acquisito gli anzidetti documenti, che non erano stati ritualmente prodotti, né richiamati dalla parte attrice, in violazione sia dell’art. 184 cod. proc. civ. che delle disposizioni in tema di poteri del consulente (art. 194 cod. proc. civ.);
propose appello la RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME, costituitasi, rilevò , in particolar modo, che l’appellante aveva del tutto omesso di dedurre e motivare in ordine alla statuizione di nullità della consulenza tecnica, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado sul punto;
-la Corte d’appello di Firenze accolse integralmente l’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, riformò la sentenza di primo grado, condannando l’odierna ricorrente al pagamento della somma di € 35.169,42 , oltre accessori;
nelle more del giudizio di appello la RAGIONE_SOCIALE venne cancellata dal registro delle imprese e alla stessa subentrò NOME COGNOME , che continuò a svolgere l’attività d’impresa in forma individuale;
avverso la sentenza di secondo grado, NOME COGNOME propose ricorso per cassazione affidato a nove motivi;
per quel che qui ancora occupa, la ricorrente, col secondo motivo, denunciò: <> ; col terzo motivo censurò la sentenza impugnata deducendo <> ;
la Corte di cassazione, con l’ordinanza oggi oggetto di revocazione, rigettò il ricorso;
questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza, che qui rilevano: a) per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ritenne
che <> ; b) per quanto attiene al terzo motivo, la Corte rilevò che <> ;
4. La parte ricorrente in revocazione assume sussistere errore di fatto della Corte di cassazione, per aver questa <>.
Di contro, <>.
Nel caso di specie, dunque, vi sarebbe nell’ordinanza impugnata un ‘errore di percezione’.
Tale errore risulterebbe con immediatezza, presenterebbe i caratteri di evidenza ed obiettività, e potrebbe qualificarsi come ‘decisivo’ , in quanto <>. La questione, inoltre, non sarebbe stata oggetto di discussione tra le parti.
Il ricorso è inammissibile.
5.1. Quel che l’esponente sollecita piuttosto palesemente è l’accesso, del tutto improprio, a un terzo grado di giudizio, diretto a sindacare apprezzamenti giuridici manifestati con l’ordinanza fatta oggetto d’istanza di revocazione. Non si è in presenza di un fatto ignorato e, a voler seguire, solo per un momento, la tesi della ricorrente, al contrario di quel che costei asserisce, la Corte d’appello ha dato risposta alla doglianza con la quale la controparte appellante aveva contestato la <>. Quindi, sempre a tutto concedere -per non mancare di completezza argomentativa -, il punto non poteva essere, comunque, passato in giudicato. La critica mossa a una tale decisione e, di conseguenza, alla pronuncia di legittimità , che l’ha ritenuta immune dal denunciato vizio di violazione degli artt. 99 e 342 cod. proc. civ., è ben lungi dall’integrare l’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4), richiamato dall’art. 391 bis, co. 1, cod. proc. civ.
5.2. L’errore di fatto revocatorio ricorre, come risulta dalla piana descrizione normativa, ‘quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui veri tà è positivamente stabilita’; cioè deve annidarsi in una oggettiva dispercezione da parte del Giudice di legittimità della ricostruzione fattuale operata dalla sentenza d’ appello o rappresentata dai documenti esaminabili (allorquando la Cassazione è eccezionalmente giudice del fatto); e certamente tale non può considerarsi un apprezzamento o una conseguenza giuridica, come nel caso di specie, non potendo il Giudice della legittimità essere chiamato a
decidere nuovamente la causa in una sorta di anomalo nuovo giudizio, a seguito d’una impropria opposizione, anche a riguardo delle statuizioni processuali.
5.3. Nel caso in esame la ricorrente, si ribadisce, si duole inammissibilmente di un preteso errore giuridico, che sarebbe dipeso da un errato apprezzamento da parte della Corte di merito e, in sequenza, di un preteso errore squisitamente giuridico del Giudice di legittimità.
Principio, questo, già più volte espresso dalla Cassazione a riguardo di prospettazioni del tutto analoghe.
Si è, così affermato che l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa. (Nella specie, la S.C. ha affermato il principio escludendo il vizio revocatorio in un giudizio per cassazione nel quale era stato omesso il rilievo che il controricorso era stato notificato alla parte personalmente, anziché al procuratore nel domicilio eletto: Cass. Sez. 6, n. 16439, 10/6/2021).
5.4. Più in generale è utile ricordare che questa Corte reiteratamente ha avuto modo di chiarire che il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione.
È inammissibile il ricorso al rimedio previsto dall’art. 391 bis cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui il dedotto errore riguardi norme giuridiche, atteso che la falsa percezione di queste, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, integra gli estremi dell’ “error iuris”, sia nel caso di obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all’ipotesi della violazione) (Cass. Sez. 6, n. 29922, 29/12/2011; conf., ex multis, Cass. 4584/2020).
Fa da corollario il principio incontroverso secondo il quale l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., consiste in una svista su dati di fatto, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione, sicché è inammissibile il ricorso per revocazione che suggerisca l’adozione di una soluzione giuridica diversa da quella adottata (Cass. Sez. 6, n. 3494, 12/02/2013).
Né, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di
revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia (Cass., Sez. Un., n. 8984, 11/04/2018; cfr., anche, Cass., Sez. Un., n. 30994, 27/12/2017; Cass. Sez. 6, n. 14937, 15/6/2017).
In conclusione, come si è anticipato, l’istanza di revocazione è inammissibile nel suo complesso per non potersi inquadrare nella fattispecie di cui all’art. 391 bis cod. proc. civ.
7 . All’epilogo consegue la condanna della ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente, che si liquidano, tenuto conto dell’entità della causa, della sua qualità e delle svolte attività, siccome in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese legali in favore del controricorrente, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre
alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 14 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME