Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20541 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20541 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18388-2023 proposto da:
COGNOME NOME, LOCAPUTO NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
– intimato – avverso l’ordinanza n. 6823/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 07/03/2023 R.G.N. 31438/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
R.G. 18388/23
Oggetto
R.G.N.18388/2023
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/05/2024
CC
RILEVATO CHE
Con ordinanza n.6823/23 questa Corte dichiarava inammissibile il ricorso presentato da COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1533/14 che aveva respinto la domanda svolta nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto la regolarizzazione della propria posizione contributiva in relazione a un affermato rapporto di lavoro subordinato intercorso con il Comune di Conversano.
Riteneva questa Corte che i motivi presentassero una mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei. La censura per violazione dell’art.115 c.p.c. atteneva alla valutazione del materiale istruttorio da parte del giudice d’appello e dunque era inammissibile. Infine, la disponibilità manifestata dall’RAGIONE_SOCIALE ad accettare i contributi eventualmente dovuti non poteva di per sé fondare l’accoglimento della domanda di regolarizzazione contributiva con richiesta di condanna dell’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso l’ordinanza ricorr ono per revocazione Locaputo NOME e COGNOME NOME nella qualità di coniuge e figlia, eredi di COGNOME NOMENOME proponendo due motivi, illustrati da memoria. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, le ricorrenti deducono erronea percezione dei fatti, in particolare relativi ad antefatti processuali e alla lettura degli atti processuali e delle sentenze di merito dei pregressi gradi. Il motivo fa derivare da tale errata percezione conseguenze per sé pregiudizievoli, ovvero: la Corte avrebbe erroneamente ritenuto insussistente il rapporto di lavoro subordinato con il Comune di Conversano, mentre tale
circostanza non era emersa nel processo. Il motivo censura l’ordinanza anche laddove ha concluso per l’inammissibilità della censura proposta ai sensi dell’art.115 c.p.c. Si deduce che era stata provata documentalmente la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con il Comune.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce che l’ordinanza avrebbe violato i diritti fondamentali previsti dalla Convenzione EDU, non avendo proceduto ad un esame molto attento e rigoroso di ogni elemento in fatto, e in particolare di vari elementi probatori allegati da cui risultava l’e sistenza di un rapporto di lavoro subordinato con il Comune di Conversano.
Il primo motivo è inammissibile.
Va premesso che l’errore ha rilevanza a fini revocatori solo se relativo a un fatto che non abbia costituito punto controverso sul quale sia caduta la decisione.
I pretesi errori di fatto dedotti col motivo attengono tutti a punti oggetto della decisione di cui si chiede la revocazione.
Si aggiunge, al di là dell’assemblamento che presenta il motivo, ritrascrivendo larghi passi degli atti precedenti, che gli argomenti in esso contenuti non deducono errori di fatto, ma presunti errori di giudizio compiuti. Invero, costituisce errore di giudizio quello che verte sulla cattiva applicazione dell’art.115 c.p.c. fatta dall’ordinanza impugnata; è errore di giudizio quello secondo cui erroneamente sarebbe stato ritenuto non provato il rapporto di lavoro subordinato, quando esso risultava invece dimostrato alla luce delle prove acquisito al processo.
Occorre ricordare che, sebbene nominato come errore di fatto, l’errore nella valutazione degli atti processuali sottoposti al controllo della Corte di cassazione è errore di giudizio e non di fatto, risolvendosi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali (Cass.5326/23).
Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Premesso che non si verte in tema di revocazione ex art.391quater c.p.c., poiché non è intervenuta alcuna sentenza della Corte EDU che abbia riconosciuto come contrario alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali ovvero ad uno dei suoi Protocolli il contenuto dell’ordinanza qui impugnata, il motivo in realtà si limita a dedurre un errore di giudizio: l’ordinanza avrebbe dovuto aver riguardo ad alcuni elementi istruttori trascurati. Poiché si è al di fuori dell’er rore di fatto, poiché la selezione e valutazione dei mezzi istruttori attiene all’apprezzamento del giudice del merito, non sussistono i presupposti della revocazione.
Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di cassazione, che si liquidano in € 2.500 per compensi, €200 per esborsi, oltre 15% per spese generali, e accessori di legge;
dà atto che, attesa l’inammissibilità, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell’art.13, co.1 quater, d.P.R. n.115/02, con conseguente obbligo in capo alla ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
Roma, deciso all’adunanza camerale del 30.5.24