Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5082 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5082 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 13426/2021
promosso da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente
avverso la ordinanza di questa Corte di cassazione n. 24657/2020, pubblicata il 05/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Letti gli atti e i documenti di causa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Reggio Calabria, chiedendo il risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 1337 c.c., asseritamente cagionati dalla mancata
erogazione di un prestito personale di € 13.000,00, da lui richiesto in qualità di ex dipendente del menzionato istituto di credito.
L’attore ded uceva che la richiesta del prestito rispondeva all ‘ esigenza di far fronte ad ingenti spese mediche e che la mancata concessione lo aveva costretto a recuperare il denaro necessario da amici e parenti e aveva reso necessaria la richiesta di un finanziamento da parte della moglie presso un ‘altra banca .
Per tali ragioni, chiedeva la condanna della banca convenuta al risarcimento dei danni, per € 25.000,00, di cui 13.000,00 per mancata erogazione del credito, € 7.000,00 per danno biologico ed € 5.000,00 per danno all’immagine.
La banca, nel costituirsi, chiedeva il rigetto della domanda.
Il Tribunale respingeva la domanda per le seguenti ragioni: la mancata concessione del credito era dovuta all ‘ inserzione del Cartella negli elenchi della CRIF s.p.a. in relazione alla fideiussione prestata in favore di NOME COGNOME non era riscontrabile una condotta scorretta dell ‘istituto di credito nella fase delle trattative negoziali, essendo stato il Cartella informato della problematica che precludeva il finanziamento e non emergendo che, prima dell’instaurazione del giudizio, la banca avesse avuto contezza della quietanza liberatoria della RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e della cancellazione del Cartella dagli elenchi della CRIF s.p.a.; pur ipotizzando una forma di responsabilità precontrattuale della banca, la domanda avrebbe dovuto comunque essere respinta, non avendo il Cartella allegato danni risarcibili (interesse negativo e perdita di chances ), ma solo danni collegati al mancato ottenimento del credito, oltre che d anni all’immagine , peraltro genericamente dedotti.
Cartella NOME proponeva appello contro tale statuizione, ma, con sentenza n. 576/2018, la Corte d’appello di Reggio Calabria r espingeva l’impugnazione , rilevando che: l’appellante era stato reso
edotto delle ragioni ostative alla concessione del prestito; l’illegittima iscrizione negli elenchi del CRIF non appariva direttamente riconducibile alla condotta della banca, che aveva ceduto il credito vantato nei confronti del Surace, e garantito dal Cartella, alla GAPS s.p.a. e, alla data della cessione (09/12/2003), non era certo che il credito fosse estinto; la banca non poteva, dunque, ritenersi responsabile di aver ceduto un credito inesistente, tenuto conto che la stessa con la raccomandata del 16/07/04 aveva riscontrato che il debito del Surace risultava estinto per cessione, e non per adempimento del debitore, e che la liberatoria in favore del Surace fu rilasciata dalla cessionaria RAGIONE_SOCIALE s.p.a., che aveva dichiarato di avere ricevuto il pagamento, ed era l’unica in grado di fornire le informazioni alla CRIF s.p.a. ed a provvedere alle doverose iniziative per la cancellazione del nome del Cartella dagli elenchi dei debitori inadempienti.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Cartella, affidato a due motivi.
Il primo motivo denunciava la violazione degli artt. 333, 343 e 346 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto non provata la circostanza che il credito dell’istituto garantito dal Cartella fosse stato pagato prima della cessione, in mancanza di appello incidentale della banca, che, comunque, ad opinione del ricorrente, non aveva sollevato alcuna esplicita eccezione sul punto, richiamando anche le ragioni della compensazione delle spese di lite operata dal Tribunale.
Il secondo motivo denunciava il mancato accertamento di un fatto , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., costituito dall’avvenuta cessione del credito garantito dal Cartella successivamente alla sua soluzione, circostanza dal ricorrente ritenuta provata, in particolare, dalle cambiali prodotte.
Entrambi i motivi di ricorso per cassazione venivano dichiarati inammissibili con ordinanza n. 24657/2020.
Avverso tale statuizione il Cartella ha proposto ricorso per revocazione, affidato ad un solo motivo.
Si è difesa con controricorso la BPER Banca s.p.a.RAGIONE_SOCIALE in qualità di avente causa dell’UBI Banca s.p.a., succeduta a Banca Carime s.p.a. a seguito di fusione per incorporazione.
Fissata udienza in camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memoria difensiva.
Con ordinanza interlocutoria n. 9738/2024, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo, ai fini della fissazione di una nuova adunanza camerale, dinanzi a un Collegio composto da magistrati diversi dai componenti del Collegio che aveva adottato la decisione impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso , NOME COGNOME ha dedotto che, nel decidere sul secondo motivo di ricorso per cassazione – ove era stato censurato l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., consistente nella intervenuta cessione del credito della Banca Carime s.p.a. nei confronti del COGNOME successivamente al suo pagamento -questa Corte è incorsa nel vizio revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c.
Secondo il ricorrente, il Giudice di legittimità non si è avveduto che il Cartella non aveva fatto valere, ai fini della prova del menzionato pagamento, da lui garantito, un qualsiasi documento suscettibile di interpretazione, ma la ‘ prova provata ed oggettiva ‘ che le cambiali erano state pagate entro la data di scadenza (30/11/2003) -e, dunque, prima della cessione del relativo credito (09/12/2003) -poiché le stesse cambiali erano tornate in possesso del debitore e tale circostanza, per giurisprudenza costante, forniva la dimostrazione
dell’avvenuto pagamento (in assenza di una prova che giustifichi il possesso del titolo di credito per ragioni diverse).
Il motivo di ricorso è inammissibile.
2.1. Il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4), c.p.c. consente la revocazione della decisione assunta dalla Corte di cassazione: «se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.»
2.2. Come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il combinato disposto dell’art. 391 bis e dell’art. 395, n. 4), c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione, ma solo l’errore di fatto (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 8984 del 11/04/2018 e Cass., Sez. U, Sentenza n. 30994 del 27/12/2017).
Tale tipologia di errore, rilevante ai fini della revocazione della decisione, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla decisione impugnata e l’altra dagli atti processuali. Detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e
decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (così Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 16439 del 10/06/2021).
L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla statuizione impugnata per revocazione e l’altra dagli atti o documenti processuali, sempreché la realtà desumibile da tale statuizione sia frutto di supposizione e non di giudizio formatosi sulla base della valutazione di situazioni controverse tra le parti (così Cass., Sez. 5, Sentenza n. 442 dell’11/01/2018).
È infatti evidente che, ove l’errata rappresentazione del fatto abbia costituto un punto controverso della causa, su cui le parti abbiano discusso, che il giudice abbia valutato ai fini della decisione, non si tratta di errore revocatorio ma di errore di giudizio (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 15227 del 30/06/2009).
Se, poi, l’errore non attiene alla percezione di un fatto ma alla valutazione giuridica dello stesso, l’errore dipende dalla violazione o dalla falsa applicazione della norma che regola la fattispecie.
L’errore che giustifica l’impugnazione per revocazione è, dunque, un errore determinato dall’inesatta percezione, da parte del giudice, di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, poiché consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale, che porti ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso o l’inesistenza di un fatto positivamente accertato, senza che quel fatto abbia costituito un punto controverso tra le parti su cui il giudice si è pronunciato (così Cass., Sez. L, Sentenza n. 24395 del 03/11/2020; v. anche Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2236 del 26/01/2022; Cass, Sez. 5, Sentenza n. 26890 del 22/10/2019).
Come di recente precisato, nella nozione di punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare rientra, non solo il fatto che è
stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice di merito ha definito il processo (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7435 del 15/03/2023).
2.3. Nel caso di specie, questa Corte, nel dichiarare inammissibile il secondo motivo di ricorso per cassazione, ha statuito come segue: «Il secondo motivo è parimenti inammissibile in quanto il fatto decisivo oggetto della doglianza, cioè il pagamento del credito verso la banca prima della cessione dello stesso, è stato invece esaminato dalla Corte d’appello, anche in ordine alla pretesa prova costituita dall’emissione delle cambiali, che però il giudice di secondo grado ha escluso con valutazioni delle quali il ricorrente chiede un riesame, inammissibile in questa sede».
2.4. Come sopra evidenziato, ad opinione del ricorrente, il Giudice di legittimità non si è avveduto del fatto che, ai fini della prova del pagamento del debito da lui garantito, il Cartella aveva offerto la ‘ prova provata ed oggettiva ‘ che le cambiali erano state pagate entro la data di scadenza e prima della cessione del relativo credito.
Ciò che è censurato, dunque, è il mancato riconoscimento della valenza di prova privilegiata che, secondo il ricorrente, doveva essere attribuita alle cambiali prodotte, le quali, sempre secondo la prospettazione della parte, recavano la dimostrazione che il credito in questione era stato ceduto dopo l’estinzione dello stesso per intervenuto pagamento.
È evidente, pertanto, che è dedotto, non un errore di percezione, ma un errore di giudizio, come tale non riconducibile ad un vizio revocatorio, per le ragioni sopra evidenziate.
Il prospettato errore si rivela, inoltre, non decisivo, poiché non ha determinato la statuizione assunta sul secondo motivo di ricorso per cassazione.
Come sopra evidenziato, questa Corte ha ritenuto inammissibile la censura ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., ritenendo che il fatto, come dedotto dal ricorrente, costituito dall’avvenuta cessione del credito dopo l’estinzione dello stesso, era stato esaminato, e valutato, dal Giudice di appello , che però l’aveva escluso, aggiungendo che il ricorrente con la censura formulata aveva richiesto un inammissibile riesame del giudizio di merito operato sul punto.
La statuizione non si è, dunque, fondata sulla valutazione delle risultanze istruttorie ai fini della prova del fatto dedotto dal ricorrente, sicché il dedotto errore, come prospettato dalla parte, non ha avuto alcuna incidenza sull ‘esito del giudizio di questa Corte.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese di lite segue la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , l. n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente , liquidate nella somma di € 2.000,00 per compenso oltre € 200,00 per esborsi e accessori di legge ;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile