Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11326 Anno 2025
S.C. ex art. 391- bis
c.p.c.
–
Inammissibilità del ricorso
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 25.2.2025 AC
COGNOME
R.G.N. 994/2024
NOME
Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
16488/2022
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al N. 994/2024 R.G., proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dal l’avv. NOME COGNOME come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte di cassazione n. 29529/2023 pubblicata il
24.10.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 25.2.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Si trascrive dalla ordinanza revocanda Cass. n. 29529/2023: ‘ 1. Le società Banco BPM S.p.a. e Banca di Piacenza S.C.P.A. ricorrono congiuntamente, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 5305/20, del 28 ottobre 2020, della Corte d’appello di Roma, che respingendo il gravame, esperito tra gli altri dalle predette società, avverso la sentenza n. 15262/16, del 18 luglio 2016, del Tribunale di Roma -ha confermato la condanna delle stesse a pagare, in favore della società Castello RAGIONE_SOCIALE ciascuna per la percentuale di partecipazione al rischio, l’importo complessivo di € 9.490.008,54. 2. Riferiscono, in punto di fatto, che un pool di istituti di credito -tra i quali Banca di Piacenza e, con essa, anche altri istituti, di seguito incorporati in Banco BPM, in ragione di fusione societaria -avevano rilasciato garanzie fideiussorie, in favore di due società poi dichiarate fallite, in relazione alla restituzione di ratei di un mutuo edilizio di cui alla legge 6 giugno 1991, n. 175 , erogato dalla società Cassa di Risparmio delle Province Lombarde (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘). A fronte dell’inadempimento delle società debitrici, e della loro successiva dichiarazione di insolvenza, Cariplo si insinuava tardivamente al passivo dei relativi fallimenti, promuovendo anche azioni esecutive in forza dell’ipoteca che assisteva il suo credito restitutorio. In ragione dell’insufficiente realizzo a coprire il residuo credito derivante dal mutuo, dopo ben quindici anni dall’inadempimento dei debitor i principali, la società RAGIONE_SOCIALEnel dirsi procuratrice della società RAGIONE_SOCIALE, a propria volta indicata
quale nuova titolare del credito -escuteva le fideiussioni. Essendo, però, insorto un contrasto tra il soggetto successore di Cariplo -la società Intesa Sanpaolo S.p.a. -e RAGIONE_SOCIALE, circa la titolarità del credito, i predetti fideiussori si rivo lgevano all’autorità giudiziaria affinché fosse individuato l’effettivo titolare del credito e, comunque, dichiarata la prescrizione dello stesso. In via subordinata, inoltre, gli allora attori chiedevano che fosse accertato il massimale di polizza, nonché condannata Intesa Sanpaolo (o comunque l’effettivo creditore) al risarcimento dei danni causati dall’inesatta esecuzione dei doveri gravanti sui beneficiari delle fideiussioni e/o dalla loro tardiva escussione. Avendo, tuttavia, RAGIONE_SOCIALE, in pendenza di detto giudizio, radicatone altro per il pagamento di quanto dovuto ‘pro quota’ dagli istituti di credito fideiussori, riunite le due cause, il giudice di prime cure, individuato il creditore in RAGIONE_SOCIALE, condannava gli stessi a corrispondere a detta società l’importo complessivo di € 9.490.008,54, da ripartirsi secondo le rispettive percentuali di partecipazione al rischio. Tale decisione veniva confermata in appello. 3. Ha proposto ricorso incidentale, sulla base di due motivi, anche la società Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. 4. Ha resistito al ricorso principale, con due distinti controricorsi, RAGIONE_SOCIALE (in un caso, in proprio, nell’altro, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE), così come ha resistito pure Intesa Sanpaolo, entra mbi chiedendo che l’impugnazione sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. Altro controricorso è stato presentato da RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di Castello RAGIONE_SOCIALE, per resistere al ricorso di Monte dei Paschi di Siena. 5. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 – bis.1 cod. proc. civ. 6. Tutte le parti hanno depositato memoria ‘.
Con la citata ord. n. 29529/2023, questa Corte ha rigettato il ricorso principale e dichiarato inammissibile l’incidentale. In particolare, per quanto qui specificamente interessa, l’impugnazione incidentale del la Banca MPS è stata ritenuta inammissibile in quanto, pur lamentandosi l’omesso esame del primo motivo d’appello da essa formulato, era stato però violato il principio di autosufficienza, detto motivo non essendo stato compiutamente riportato in ricorso nella sua integralità.
Avverso detta ordinanza la Banca MPS s.p.a. ha proposto ricorso per revocazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 391bis , e 395 n. 4 c.p.c., cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE.p.a.RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice della RAGIONE_SOCIALE Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con l’unico motivo si lamenta la ‘ violazione dell’art. 391-bis c.p.c. in relazione all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4), nella parte in cui la Corte di Cassazione nel dichiarare omessa – nel testo del primo motivo di ricorso incidentale in cassazione – la riproduzione del primo motivo di appello, di cui è stato lamentato l’omesso esame, ha errato nell’attività di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo supponendo l’inesistenza di un fatto la cui verità è invece positivamente e inconfutabilmente stabilita dallo stesso atto processuale ‘. In particolare, si censura la decisione revocanda per essersi erroneamente ritenuto -contrariamente a quanto emergente dal ricorso – non integralmente riprodotto il primo motivo d’appello del la Banca MPS, con cui si denunciava la mancata valutazione dello specifico contenuto della fideiussione da essa Banca rilasciata (ove si prevedeva un massimale garantito di L.
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275.000.000) a differenza di tutte le altre fideiussioni rilasciate dalle altre banche, cumulativamente e indistintamente valutate dal Tribunale (così come, poi, dalla stessa C orte d’appello ).
2.1 -Il ricorso è inammissibile.
2.2 Ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art.
395, n. 4, c.p.c., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
a) l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente evincibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato dagli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., n. 31032/2019; Cass. n. 442/2018; Cass. n. 22171/2010);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. n. 16439/2021; Cass. n. 6038/2016; Cass. n. 24334/2014);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4 c.p.c., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere auton omo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato
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causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (si veda, per tutte, la recente Cass., Sez. Un., n. 20013/2024);
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. n. 2236/2022; Cass. n. 26890/2019; Cass. n. 9527/2019; Cass. n. 27622/2018; Cass. n. 14929/2018).
2.3 -Ebbene, ritiene la Corte che quello denunciato sia un errore di giudizio e non già un errore di fatto revocatorio.
Nel dichiarare inammissibile l’impugnazione incidentale dell’odierna ricorrente, questa Corte, con l’ordinanza n. 29529/2023 ha richiamato il principio affermato da Cass. n. 17049/2015 , secondo cui ‘ È inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare
la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte ‘ .
Ora, dal ricorso per revocazione si può evincere come in effetti la riproduzione letterale del primo motivo d’appello e quella riportata nel ricorso originario non coincidano, benché i fatti essenziali fossero stati effettivamente riportati in quest’ultimo : in sostanza, ne era stato fatto un riassunto.
Tuttavia, di fronte all’affermazione del fatto processuale della mancata trascrizione del motivo di appello, espressa con le parole ‘ se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso ‘ (che chiaramente sottende, per il tramite dell’evocazione del principio di diritto, un’allusione all’assenza di riproduzione diretta ), parte ricorrente evoca la possibilità di una riproduzione indiretta e, dunque, censura un’ipotetica erronea valutazione in iure : anche la (ipotetica) erronea valutazione del principio di autosufficienza costituisce, infatti, un errore di giudizio, non certo di fatto. Peraltro, tale erronea valutazione in iure (il che varrebbe anche se l’affermazione evocativa del detto principio di diritto alludesse pure alla riproduzione indiretta) non vi è stata, giacché -da quanto evincibile dal ricorso in esame – il ricorso originario era deficitario anche sotto questo diverso profilo, noto essendo che una simile tecnica redazionale esige pur sempre l’indicazione della parte dell’atto corrispondente (v. Cass. n. 14784/2015).
Il che vale, a ben vedere, pur a fronte della successiva evoluzione della giurisprudenza di legittimità sul punto, rendendosi comunque necessario -nell’ ipotesi della riproduzione indiretta del motivo d’appello che si pretende non
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esaminato -che ‘ ne sia fornita una specifica indicazione, tale da consentirne l’individuazione nell’ambito dell’atto di appello ‘ (così, Cass. n. 11325/2023).
3.1 In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 6.5 00,00 per compensi ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data