Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1905 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1905 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23785/2023 R.G. proposto da:
COGNOME nonché RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dei quali sono domiciliati per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso l’ORDINANZA n. 20990/2023, emessa da questa CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA e depositata il 18/07/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal
Consigliere COGNOME
del ricorso originario in tema di responsabilità professionale di notaio. Non decisività dell’eventuale errore di fatto e incensurabilità dell’eventuale errore di diritto.
Ad. cc 22 gennaio 2025
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME, in proprio e nella sua qualità di Amministratore Unico della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE ed ora RAGIONE_SOCIALE, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano il Notaio NOME COGNOME al fine di sentirne dichiarare la responsabilità professionale per inadempimento al contratto d’opera professionale concluso con la società attrice e la conseguente condanna al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, lamentati. A fondamento della domanda deduceva, in particolare, la mancata trascrizione di una servitù di passaggio in occasione dell’acquisto (avvenuto in data 2 agosto 2001), da parte della società RAGIONE_SOCIALE, di un appezzamento di terreno (intercluso) con destinazione uliveto, con sovrastante fabbricato rurale in due corpi, sito nel Comune di Lavagna (GE).
Si costituiva il Notaio Dr.ssa NOME COGNOME che: in via preliminare, eccepiva la carenza di legittimazione attiva del COGNOME in merito alla invocata responsabilità contrattuale, nonché l’intervenuta prescrizione di qualsivoglia domanda a titolo di responsabilità extracontrattuale; nel merito, contestava la fondatezza della domanda attorea, contenendo l’atto di conferimento (non la costituzione di servitù, ma) la mera ricognizione della presenza di una servitù apparente e/o per destinazione del padre di famiglia (e, pertanto, non trascrivibile); in via subordinata, in punto di an debeatur , rilevava il concorso colposo sia della parte attrice, nella sua duplice veste, che della parte venditrice e, in punto di quantum , contestava le poste di danno richieste.
Istruita documentalmente la causa ed esperito inutilmente un tentativo di definizione transattiva della vertenza, il Tribunale di Milano con sentenza non definitiva n. 10279/2018:
accertava l’inadempimento contrattuale del Notaio COGNOME alle obbligazioni assunte con il contratto d’opera intellettuale stipulato con la RAGIONE_SOCIALE S.p.A.;
provvedeva, con separata ordinanza, in merito all’ulteriore corso del giudizio, rimettendo al definitivo la regolamentazione delle spese processuali.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado il Notaio COGNOME proponeva appello.
Si costituivano con distinte comparse la società RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME chiedendo il rigetto dell’impugnazione, con conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 1870/2020, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, dichiarava prescritti i diritti azionati dal COGNOME e respingeva la domanda risarcitoria proposta da quest’ultimo nei confronti del Notaio COGNOME
Avverso la sentenza della corte territoriale proponeva ricorso a questa Corte il COGNOME, in proprio e nella sua qualità di l.r.p.t. ed Amministratore Unico della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e ancor prima RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, chiedendo l’annullamento della sentenza di secondo grado, che denunciava per violazione e falsa applicazione degli art. 2253 e 2947 c.c., degli artt. 1176, co. 2°, e 2947 c.c.; artt. 1362 e 1363 c.c. ed, infine, degli artt. 1176, co. 2°, e 2236 cc unitamente all’art. 47 L. Notarile.
Resisteva con controricorso il Notaio COGNOME.
Per l’adunanza del 18 maggio 2023 il procuratore Generale non rassegnava conclusioni scritte, mentre i Difensori delle parti depositavano memoria a sostegno delle rispettive richieste.
Questa Corte, con ordinanza n. 20990/2023, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alla refusione delle spese.
Avverso la predetta ordinanza il COGNOME, sempre in proprio e nella sua qualità di l.r.p.t. ed Amministratore Unico della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE e ancor prima RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Angelo RAGIONE_SOCIALE), ha proposto ricorso ex art. 391 c.p.c. per la revocazione chiedendo:
l’annullamento dell’ordinanza impugnata per errore di fatto (‘mancata percezione della società RAGIONE_SOCIALE quale parte ricorrente’), in tesi difensiva decisivo rispetto all’esito del procedimento; e, a seguito di annullamento della ordinanza impugnata,
b) il riesame integrale del primigenio ricorso per cassazione Ha resistito con controricorso il Notaio COGNOME
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre i Difensori di entrambe le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive ragioni.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il COGNOME censura l’ordinanza di questa Corte per <>.
Osserva il ricorrente che nella ordinanza impugnata la Corte dopo aver ritenuto infondati i primi due motivi del suo ricorso (reputandolo non legittimato in proprio a far valere la responsabilità contrattuale del Notaio, e ritenendo ormai prescritta l’azione di responsabilità extracontrattuale che il COGNOME avrebbe potuto avviare) – ha affermato che il rigetto di detti motivi rendeva sic et simpliciter ‘ assorbito l’esame degli altri ‘, senza avvedersi del fatto che il ricorso per cassazione era stato proposto anche dalla RAGIONE_SOCIALE incontestabilmente legittimata a proporre l’azione di
responsabilità contrattuale nei confronti del Notaio, sul cui merito insistevano proprio il terzo e il quarto motivo di ricorso.
Sottolinea che tale errore di fatto emerge sia nella parte dell’ordinanza dedicata alla ricostruzione della vicenda processuale (in cui si indica il solo ‘ NOME COGNOME ‘ – e non anche la RAGIONE_SOCIALE quale parte ricorrente nel giudizio di legittimità e quale unica parte attrice nel giudizio di primo grado), sia nel dispositivo (ove si è condannato ‘ il ricorrente ‘ – e non invece entrambi i ricorrenti – ‘ al pagamento delle spese di lite nella misura di 10.000 euro, oltre 200,00 euro di esborsi ‘ ( ivi , p. 6) nonché ‘ dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso ‘ ( ivi , pp. 6-7).
Il ricorso è infondato.
2.1. Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’errore revocatorio consiste nella percezione, in contrasto con gli atti e le risultanze di causa, di una falsa realtà documentale, in conseguenza della quale il giudice si sia indotto ad affermare l’esistenza di un fatto o di una dichiarazione che, invece, incontrastabilmente non risulta dai documenti di causa.
In particolare, l’errore di fatto previsto dall’art. 395 cod. proc. civ., n. 4 , per essere idoneo a costituire motivo di revocazione delle sentenze di Cassazione ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ.:
deve consistere, al pari dell’errore revocatorio imputabile al giudice di merito, nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto, la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa;
deve essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l’erronea supposizione e la decisione resa;
non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;
deve infine presentare i caratteri della evidenza ed obiettività.
In sintesi, l’errore revocatorio deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero in una critica del ragionamento del giudice sul piano logico-giuridico.
Basti, al riguardo, un richiamo a quanto, da ultimo, sul punto precisato dalle Sezioni Unite con ord. 19/07/2024, n. 20013 (con ampi richiami giurisprudenziali).
2.2. Orbene, nel caso in esame, l’errore di fatto, denunciato dal ricorrente, non presenta affatto il requisito della decisività, in quanto, anche includendo espressamente la posizione della società RAGIONE_SOCIALE quale parte ricorrente (di cui, si ricorda, il COGNOME era ed è amministratore unico) non per questo avrebbe dovuto mutare la conclusione a cui è addivenuta questa Corte. In altri termini, non sussiste alcun nesso causale diretto fra l’errore di fatto lamentato dal ricorrente ed il contenuto della ordinanza censurata.
Invero, nella censurata ordinanza, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, è stato esaminato ciascuno dei quattro motivi, che erano stati articolati nel ricorso originario, compresi quindi – quelli relativi alla posizione della società che si pretende pretermessa (e quand’anche non sia stata espressamente richiamata nella disamina di ognuno di quelli e neppure nel dispositivo, del resto potendo agevolmente intendersi la condanna del ricorrente come rivolta alla parte ricorrente, evidentemente considerata in senso complessivo), dichiarandoli infondati ad esito di valutazioni giuridiche.
Pertanto, qualunque valutazione al riguardo attiene a profili di diritto e non di fatto.
Giova qui ribadire che il combinato disposto di cui all’art. 391-bis ed all’art. 395 n. 4) cod. proc. civ. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto sostanziale
o processuale e l’errore di giudizio o di valutazione. Avuto riguardo al disposto di cui all’art. 111 Cost., non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendone gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione (per tutte, conf. Cass., Sez. U., n. 30994/2017).
D’altra parte, quanto all’effettività della tutela giudiziaria, anche la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia (Corte giust., 03/09/2009, Olimpiclub; 30/09/2003, Kobler; 16/03/20016, Kapferer; conf. Corte EDU, 28/07/1998, Omar c. Francia; 27/03/2014, NOMEAvef c. Grecia; 03/07/2012, COGNOME c. Bulgaria); il che convalida il contenimento del rimedio revocatorio per le decisioni di legittimità ai soli casi di «sviste» o di «puri equivoci» senza che rilevino pretesi errori di valutazione (Corte cost. n. 17/1986, n. 36/1991, n. 207/2009; conf. Cass., Sez. U., n. 30994/2017).
In definitiva, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sent. n. 8984/2018), le interpretazioni letterale e sistematica, ma pure quelle costituzionalmente e convenzionalmente orientate, degli artt. 391-bis e 395 n. 4) cod. proc. civ. portano a non ammettere la revocazione delle decisioni di legittimità della Corte di cassazione per pretesi errori giuridici (sostanziali o processuali), oppure circostanziali, diversi dalla mera svista su fatti non resi oggetto di precedente controversia, rispondendo la «non ulteriore impugnabilità in generale» all’esigenza, tutelata come primaria dalle stesse norme della Carta fondamentale e della CEDU, di conseguire l’immutabilità e definitività della pronuncia all’esito di un sistema variamente strutturato (Cass. n. 8472/2016). Il carattere d’impugnazione eccezionale della
revocazione, prevista per i soli motivi tassativamente indicati dalla legge, comporta l’inammissibilità di ogni censura ivi non compresa (Cass. n. 9865/2014).
Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue, oltre alla condanna alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla controparte, la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
-condanna parte ricorrente alla rifusione, in favore della controparte, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 6.600 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2025, nella camera di consiglio