Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26626 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26626 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20727/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata PEC dell ‘ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende presso l’indicato indirizzo – ricorrente –
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE
– intimato avverso il decreto cron. n. 506/2019, depositato dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto il 16.5.2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE presentò domanda di rivendica di quattro imbarcazioni inventariate all’attivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE
A fronte del rigetto della domanda da parte del giudice delegato, la ricorrente presentò opposizione ai sensi dell’art. 98 legge fall., che venne a sua volta respinta dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
RAGIONE_SOCIALE impugnò per revocazione il decreto del Tribunale, prospettando un errore di fatto nell’affermazione che «l’area c.d. ‘ ex N.A.C.’ fosse di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e che questa deduzione si ricavava dalla documentazione in atti, mentre si ignorava l’esistenza della relazione del Curatore al Giudice Delegato che confessoriamente dichiarava di avere inventariato imbarcazioni rinvenute su aree in concessione a società terze».
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto dichiarò l’impugnazione «inammissibile, prima ancora che infondata».
Contro tale decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la «violazione, per omessa applicazione, dell’art. 395, n. 4, c.p.c., in relazione a ll’ art. 360, n. 3, c.p.c.».
La ricorrente contesta l’affermazione del Tribunale secondo cui la critica mossa con l’impugnazione per revocazione avrebbe avuto ad oggetto un (preteso) errore di valutazione della prova e non un errore di percezione rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.
Il secondo motivo censura la «violazione, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. , dell’art. 395, n. 4, c.p.c. , dell’art. 112 c.p.c. , dell’art. 115 c.p.c. ».
RAGIONE_SOCIALE attribuisce al tribunale un malinteso sul reale contenuto dell’impugnazione e precisa che «l’errore revocatorio in verità denunciato non consiste nel fatto che tale relazione dia la prova positiva di proprietà delle imbarcazioni in capo alla rivendicante (cosa mai sostenuta dalla rivendicante), bensì dà la prova ‘negativa’ che tali imbarcazioni non sono o quantomeno si doveva presumere che non fossero di proprietà della fallita».
L’esame congiunto dei due motivi rende evidente l’i nammissibilità del ricorso, che non si confronta né con la complessiva ratio decidendi che regge il decreto impugnato, né con i necessari presupposti dell’impugnazione per revocazione.
3.1. L ‘ errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza presuppone innanzitutto un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti, una dalla sentenza impugnata e l ‘ altra dagli atti processuali; occorre altresì che l’errore : a) consista in un difetto di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l ‘ esistenza o l ‘ inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risulti con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) sia essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (v., tra le tante, Cass. nn. 16439/2021; 3190/2006).
Ebbene, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha rilevato l’assenza di tutti e tre questi requisiti, in quanto ha ritenuto: a) che l’errore denunciato fosse relativo al la valutazione delle prove e non alla percezione di un fatto; b) che
il fatto che si assume erroneamente tenuto per vero nel decreto e invece negato dalla ricorrente (ovverosia la proprietà della società fallita su ll’area su cui insisteva l’azienda) non fosse affatto smentito dagli atti con immediatezza ed obiettività, senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive, perché anzi la stessa ricorrente aveva affermato , nell’atto di opposizione, che RAGIONE_SOCIALE «aveva rilevato la proprietà di quell’area»; c) che la questione della proprietà dell’area non fosse essenziale e decisiva, ai fini del rigetto dell’opposizione, tant’è che a questo (il rigetto) il tribunale era giunto senza accertare quella (la proprietà dell’area) , ma limitandosi a rilevare come « l’area e il ramo d’azienda fossero di pertinenza della fallita».
3.2. Ebbene, il primo motivo di ricorso si concentra soltanto su uno dei tre requisiti che devono concorrere perché possa essere accolta la revocazione (che l’errore denunciato sia relativo alla percezione di un fatto e non alla valutazione delle prove), senza farsi alcun carico dei rimanenti. Il che rende superfluo esaminare e argomentare l’infondatezza d i un motivo che non potrebbe portare comunque alla cassazione del decreto impugnato.
3.3. Ma ancor più significativo e rivelatore della inammissibilità del ricorso è il chiarimento che la ricorrente fornisce, illustrando il secondo motivo, su come essa intende l’oggetto della proposta revocazione. Infatti, RAGIONE_SOCIALE precisa di non avere mai sostenuto che la relazione del curatore «dia la prova positiva di proprietà delle imbarcazioni in capo alla rivendicante» e di sostenere invece che da quella relazione si ricavi «la prova ‘negativa’ che tali imbarcazioni non sono o quantomeno si doveva presumere che non fossero di proprietà della fallita».
Con tale precisazione si rende palese la mancanza di decisività del preteso errore revocatorio, perché la ricorrente non considera il dato essenziale che oggetto del giudizio nella rivendica dei beni inventariati all’attivo del fallimento e nella successiva opposizione allo stato passivo non è la proprietà dei beni rivendicati in capo a ll’imprenditore fallito, bensì la proprietà in capo alla rivendicante; e che, quindi, per respingere la domanda e l’opposizione, non è necessario provare che i beni sono di p roprietà dell’impresa fallita, ma è sufficiente che manchi la prova che essi sono di proprietà del soggetto che li rivendica.
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, non avendo svolto difese la parte intimata.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME