Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5818 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5818 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
COGNOME
– intimato – avverso e per la revocazione dell ‘ordinanza n. 4062/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il giorno 14 febbraio 2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
REVOCAZIONE ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8315/2024 R.G. proposto da
COGNOME difensore di sé medesimo
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
Nonché contro
con l ‘ordinanza n. 4062/2024, in epigrafe meglio indicata, questa Corte rigettò il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del la Corte d’appello di Ancona n. 494/2020 la quale, in conferma della decisione di prime cure , accertato l’inadempimento dell’avvocato NOME COGNOME ai propri obblighi professionali di difensore di NOME COGNOME aveva condannato il primo alla restituzione in favore del secondo delle somme da questi anticipate quale compenso;
con ricorso articolato in un unico motivo, NOME COGNOME domanda la revocazione della sopra richiamata ordinanza;
resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE mentre non svolge difese in questo giudizio l’altra parte intimata, NOME COGNOME disposta la trattazione in adunanza camerale, il P.G. non ha depositato conclusioni scritte;
parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa;
il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
l’unico motivo del ricorso per revocazione, riferito agli artt. 391 -bis e 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., denuncia « errori di fatto contenuti nella ordinanza » impugnata;
ad avviso di parte ricorrente, « le affermazioni circa la mancata allegazione dell’atto di appello che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità dei tre motivi di ricorso, sono viziate da una svista materiale: il contenuto dell’atto di appello era stato infatti riportato nell’ambito dei singoli motivi di ricorso e, soprattutto, l’atto di appello era stato puntualmente allegato, unitamente alla sentenza di primo grado, nell’ambito del fascicolo di cui all’art. 369 cod. proc. civ. »;
l’istanza di revocazione è inammissibile;
r.g. n. 8315/2024 Cons. est. NOME COGNOME
è doveroso premettere che ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, num. 4, cod. proc. civ., occorre siano integrati i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto – risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive – tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, num. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinan te della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
r.g. n. 8315/2024 Cons. est. NOME COGNOME
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
tanto precisato (e richiamata, a compendio della giurisprudenza sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi per revocazione per errore di fatto, la più recente Cass., S.U., 19/07/2024, n. 20013), nella specie, il denunciato errore di fatto (peraltro – come meglio in appresso si chiarirà – nemmeno sussistente) è privo di decisività nella trama argomentativa della gravata ordinanza;
invero, quest’ultima, a giustificare la reiezione dei primi due motivi di ricorso per cassazione, oltre al rilievo della inosservanza del requisito prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ. (in ordine al quale si appuntano le doglianze esposte a suffragio della revocazione), ha posto, con valutazione preminente, l’in sussistenza in punto di diritto degli allora lamentati vizi di omessa pronuncia (ed invero, i due motivi del ricorso sono stati giudicati « complessivamente infondati »: pag. 3 della ordinanza impugnata), ravvisando nella sentenza d’appello una decisione implicita di rigetto (pag. 7, ultimo capoverso), con conseguente non configurabilità della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. oggetto di contestazio ne;
quanto al terzo motivo, poi, l’impugnata ordinanza ha rilevato, sempre in aggiunta alla trasgressione all’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ., un ‘altra ragione di inammissibilità, consistente nell’aver evocato la pretesa violazione dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., sulla base di elementi tratti aliunde rispetto al solo testo del provvedimento impugnato;
su queste ulteriori rationes decidendi non spiega incidenza l’errore in questa sede dedotto: il quale, attingendo – in tesi – soltanto una delle autonome rationes , non potrebbe inficiare la decisione finale;
ad ogni modo, è opportuno osservare come la Corte abbia espresso un apprezzamento valutativo sull’assolvimento dell’onere ex art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ., ritenendo che il ricorrente avesse «omesso di fornire alcuna idonea e completa indicazione (né alcuna adeguata localizzazione negli atti del processo) circa gli atti processuali e i documenti»: sicché, a tutto concedere, l’errore sul punto non integrerebbe una svista percettiva, ma avrebbe natura valutativa, concernendo la conformità del contenuto del ricorso per cassazione al paradigma formale disegnato dal codice di rito;
il ricorso per revocazione è pertanto inammissibile;
il regolamento delle spese della impugnazione per revocazione segue la soccombenza;
attesa l’inammissibilità dell’impugnazione , va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
r.g. n. 8315/2024 Cons. est. NOME COGNOME
dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;
condanna NOME COGNOME al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 1.500 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell ‘ art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione