Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11798 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 11798 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
SENTENZA
sul ricorso 17906-2024 proposto da:
NOMECOGNOME NOME COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME; NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME NOMECOGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME; NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di NOMECOGNOME NOME NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME e, quali eredi di COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME tutti nella qualità di eredi di COGNOME NOME;
Oggetto
R.G.N. 17906/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 14/01/2025
PU
NOME, NOMECOGNOME nella qualità di eredi di NOME già erede di NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOMENOME COGNOME NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOMEtutti nella qualità di eredi di NOME e già eredi di NOME), tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME NOMECOGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 16878/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 19/06/2024 R.G.N. 3809/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega avvocato NOME COGNOME
udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME nella qualità di erede di NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME; NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME nella qualità di eredi di COGNOME NOME COGNOME NOME nella qualità di erede di NOME COGNOME; NOME COGNOME NOME e NOME quali eredi di NOMECOGNOME NOME e NOME NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOMECOGNOME e, quali eredi di COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME tutti nella qualità di eredi di COGNOME NOME; NOMECOGNOME NOMECOGNOME nella qualità di eredi di NOMECOGNOME a sua volta erede di NOME COGNOME e COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME nonchè COGNOME NOME e NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME tutti nella qualità di eredi di NOME già eredi di NOME chiedono la revocazione della sentenza di questa Corte n. 16878/2024: lamentano che la Corte avrebbe omesso di esaminare la seconda memoria difensiva, depositata in vista dell’udienza pubblica del 14 febbraio 2024, laddove veniva eccepita l’esistenza di un giudicato esterno.
INPS ha depositato controricorso in cui rileva preliminarmente che il contraddittorio non sarebbe integro,
non essendo il ricorso per revocazione stato notificato al Fondo pensioni per il personale della Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele per le Province Siciliane, che pure era parte (benché non costituita) del giudizio definito dalla sentenza impugnata nonché a NOME COGNOME nella qualità di coerede di NOME COGNOME anch’ella parte (controricorrente) del predetto giudizio.
Inoltre, eccepisce l’inammissibilità del ricorso proposto da NOME e NOME, che non erano parti del giudizio definito con la sentenza impugnata, da COGNOME NOME e COGNOME NOME, che spendono un’indimostrata qualità di eredi di NOME COGNOME, da COGNOME NOME e COGNOME NOME, che spendono un’indimostrata qualità di eredi di NOME COGNOME.
Conclude per l’inammissibilità della censura o in subordine per l’infondatezza.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il PG ha depositato memoria concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
In sede di camera di consiglio il collegio ha riservato il termine di 90 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Catania, con sentenza n. 27/2016, aveva condannato «l’Inps ed il Fondo Pensioni per il Personale della Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane -ciascuno in proporzione alle quote di legge di rispettiva spettanza – al
pagamento in favore dei ricorrenti (e gli eredi pro quota ereditaria) delle relative differenze» dovute in applicazione dello speciale criterio perequativo previsto dallo statuto del Fondo.
Con ricorso proposto nei confronti dei pensionati istanti e del Fondo, l’INPS aveva chiesto, ed ottenuto, la cassazione della suddetta pronuncia.
Con la sentenza n. 16878/2024 di cui è chiesta la revocazione, questa Corte, in accoglimento dell’unico mezzo di censura proposto dall’Istituto, ha stabilito che «l’INPS è responsabile della perequazione, nei termini di cui al comma 3 dell’art. 3 cit. , esclusivamente in relazione alla propria quota di pertinenza di trattamento pensionistico obbligatorio, non certo per soddisfare le richieste di adeguamento pensionistico, in ragione della ‘clausola oro’; per queste, uni co legittimato è il Fondo pensione, titolare del trattamento pensionistico complementare», cassando con rinvio alla Corte catanese.
Ad avviso degli odierni ricorrenti, il Collegio non si sarebbe avveduto del deposito di una memoria ex art. 378 cod. proc. civ. in cui era illustrata un’eccezione di giudicato esterno: il Tribunale di Catania aveva pronunciato la sentenza n. 3678/2021, pas sata in giudicato, condannando l’INPS al pagamento delle somme dovute ai pensionati in forza della sentenza della Corte d’appello n. 27/2016, di tal chè il passaggio in giudicato della sentenza sul quantum debeatur avrebbe precluso l’ulteriore corso del giudizio sull’ an , con la conseguenza che questa Corte non avrebbe potuto esaminare nel merito il ricorso proposto dall’INPS avverso la sentenza n. 27/2016 ma avrebbe dovuto rilevarne l’inammissibilità. Ciò perché, «il giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Catania n. 3678/2021 copre oltre alla statuizione finale in ordine al quantum dovuto dall’INPS
anche il suo presupposto logico giuridico costituito dall’esistenza di una legittimazione passiva dell’INPS sulla cd. clausola oro» (così a pagina 13 del ricorso per revocazione).
Premesso che NOME e NOME non risultano essere state parti del giudizio definito con la sentenza impugnata, COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono in qualità di eredi di NOME COGNOME senza darne dimostrazione, COGNOME NOME e COGNOME NOME spendono un’indimostrata qualità di eredi di NOME COGNOME il ricorso per revocazione è inammissibile.
Con specifico riferimento alle sentenze (o ordinanze) della Suprema Corte, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod.proc.civ., secondo le acquisizioni della giurisprudenza di questa Corte, da ultimo ribadite da Cass. SU n.20013/2024:
consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti;
non può concernere l’attività interpretativa e valutativa;
deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche;
deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso;
e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione ed incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa (Cass. n. 20013/2024 e giurisprudenza ivi citata).
Dunque, l’errore di fatto che legittima la revocazione delle sentenze della Corte di cassazione consiste in un’erronea percezione dei fatti di causa, che -oltre a rivestire i caratteri di assoluta evidenza e di semplice rilevabilità nonché quelli di essenzialità e di decisività -deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità: ossia quegli atti che la Corte deve e può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, all’interno dei motivi di ricorso, dovendo incidere unicamente sulla sentenza di legittimità (Cass. SU n.3312/2024 e giurisprudenza ivi citata).
Ne deriva che deve escludersi il vizio revocatorio tutte le volte che la pronunzia sul motivo di ricorso in cassazione sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile) bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass. SU n.7170/2024 e giurisprudenza ivi richiamata).
L’esame delle ragioni di censura deve essere condotto alla luce dei principi qui richiamati.
I ricorrenti si dolgono che la Corte avrebbe omesso di esaminare la memoria difensiva depositata in vista dell’udienza pubblica del 14 febbraio 2024, nella quale era esposta un’ eccezione di giudicato esterno, trattandosi di causa inizialmente assegnata alla trattazione camerale, in
relazione alla quale avevano già depositato una prima memoria.
Nella parte in fatto della sentenza di cui è chiesta la revocazione, che è stata resa all’esito della suddetta udienza pubblica, questa Corte , dopo aver precisato che ‘il PG ha concluso in udienza nel senso dell’accoglimento del ricorso’ , dà, altresì, atto che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEhanno depositato memoria’, così riferendosi alla memoria depositata in vista dell’udienza.
Pronunciando sul merito, la Corte ha, quindi, implicitamente respinto la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso in ragione del pregresso giudicato.
Non sono state esplicitate le ragioni in diritto del rigetto: peraltro, la conclusione di respingere l’eccezione è giuridicamente corretta, essendo la stessa manifestamente infondata. Di conseguenza, il lamentato errore revocatorio non sarebbe, comunque, decisivo.
Infatti, nell’ipotesi di contemporanea pendenza dei giudizi vertenti, rispettivamente, sull’ an debeatur e sul quantum debeatur , il giudicato eventualmente calato sulla sentenza resa nel giudizio relativo al quantum è meramente apparente, poiché condizionato e dipendente dalla soluzione della questione, logicamente pregiudiziale, afferente all’ an . Si legge, ex multis , in Cass. n. 4442/2017 che, «a norma dell’art. 336, secondo comma c.p.c., la riforma o la cassazione della sentenza sull’an debeatur determina l’automatica caducazione della sentenza sul quantum, anche se su quest’ultima si sia formato un giudicato apparente, con conseguente esclusione del conflitto di giudicati (Cass. 3 maggio 2007, n. 10185; Cass. 14 febbraio 2013, n. 3656)» (in termini SS.UU. n. 14060/2004 nonchè da urtlimo, Cass. n. 34896/2024, in precedenza Cass. n. 21456/2019; n. 28727/2008; n. 2125/2006).
Del resto, secondo quanto si legge al penultimo capoverso di pagina 3 della sentenza n. 3678/2021 del Tribunale di Catania, come trascritta nel ricorso per revocazione nonchè nel controricorso e prodotta dai ricorrenti, il Giudice ha esplicitamente affermato che in quel giudizio non potevano trovare ingresso le argomentazioni difensive dell’INPS in ordine all’inesistenza di un suo debito a titolo di perequazione per clausola oro, poiché erano «questioni inerenti l’an debeatur già vagliato e definito con la suddetta pronuncia della Corte d’Appello» di Catania n. 27/2016: il Tribunale, quindi, quanto all’ an debeatur , si è limitato ad invocare l’autorità della precedente sentenza resa da altro Giudice, senza affatto valutare detta questione.
L’inammissibilità della revocazione va, quindi, rapportata altresì alla non decisività dell’ipotetico errore, in considerazione del la manifesta infondatezza dell’eccezione di giudicato esterno.
L’inammissibilità del ricorso per le suddette ragioni rende superfluo l’esame del le questioni prospettate da INPS in punto integrità del contraddittorio, stanti le esigenze di sollecita definizione del giudizio, che pende dal 1996 (Cass. SU n. 6826/2010, Cass. n. 800/2020 ex multis ).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 10.000,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori come per legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME