Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25435 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25435 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20765/2024 R.G. proposto da
DI NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME quali successori a titolo universale, in quanto soci, della RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-ricorrenti – contro NOME COGNOME COGNOME COGNOMENOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME; -intimati –
avverso l’ordinanza n. 4035/2024 emessa dalla Corte Suprema di Cassazione di Roma, Sezione Seconda, il 17/1/2024 e depositata il 14/2/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Sulmona, le società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE, proponendo azione revocatoria ex art. 2901 cod. civ. di un contratto del 12/05/2011 di vendita di un terreno (dalla prima alla seconda delle due società convenute), sostenendo di essere creditori della somma di € 11.900,00 nei confronti della venditrice per i vizi delle opere di ripristino dell’asfalto sui piazzali esterni all’edificio condominiale, la rimozione dei materiali di risulta e il rifacimento dell’intonaco sui muri di cinta.
La domanda fu accolta in primo e secondo grado.
I giudici d’appello, in particolare, ritennero che il giudice di primo grado avesse correttamente evidenziato che, nella fattispecie in esame, la dichiarazione di cui al fax del 28/7/2010 costituisse riconoscimento dei vizi (limitatamente alle aree di pertinenza condominiale) e integrasse rinuncia ad avvalersi della prescrizione, che l’interruzione della prescrizione per effetto di riconoscimento ex art. 2944 cod. civ. potesse conseguire anche da una proposta transattiva, qualora questa, anziché presupporre la contestazione del diritto della controparte, venisse formulata in circostanze e con modalità tali da implicare ammissione del diritto stesso e fosse rivolta solo ad ottenere un componimento sulla liquidazione del
quantum , e che comportassero interruzione della prescrizione anche le trattative per ottenere il risarcimento del danno quando dal comportamento di una delle parti fosse risultato il riconoscimento del contrapposto diritto di credito, configurando una tale condotta rinuncia tacita alla prescrizione analogamente all’interruzione della stessa per effetto del riconoscimento.
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE proposero ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, mentre gli attori resistettero con controricorso.
Il consigliere delegato NOME COGNOME propose la definizione del giudizio per manifesta infondatezza del ricorso ex art. 380bis cod. proc. civ., alla quale si opposero i ricorrenti chiedendo la decisione.
Con ordinanza n. 4035/2024, pubblicata il 14/2/2024, questa Corte rigettò il ricorso, condannando la parte ricorrente alle spese del giudizio e alle sanzioni ai sensi dell’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ.
Contro la predetta ordinanza, COGNOME Giacomo, COGNOME Enzo, COGNOME Tony NOME e la RAGIONE_SOCIALE propongono ricorso per revocazione ex art. 391bis cod. proc. civ., sulla base di un motivo. COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME sono rimasti intimati.
Considerato che :
Con l’unico motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’errore ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., per avere questa Corte disatteso il secondo motivo di ricorso, concentrando la sua attenzione sulla natura giuridica del fax del 28/7/2010, col quale la società aveva proposto agli acquirenti di eliminare i vizi sul bene da essi lamentati, e sostenendo che
l’impegno in tal modo assunto costituisse obbligazione di fare autonoma rispetto alla garanzia originaria, soggetta alla prescrizione ordinaria decennale. In tal modo, ad avviso dei ricorrenti, non era stato valutato che gli acquirenti non avevano inteso agire facendo valere l’impegno assunto dalla società con detto fax, ricollegabile all’obbligazione di esatto adempimento assunta dalla venditrice con separato atto e soggetta a prescrizione decennale, ma avevano chiesto che venisse riconosciuto il proprio credito relativo alle somme necessarie per l’eliminazione dei vizi dei beni acquistati, inquadrabile nelle obbligazioni edilizie soggette a prescrizione annuale. Senza questo errore, questa Corte avrebbe dovuto correttamente inquadrare la domanda proposta tra le azioni edilizie e ritenere conseguentemente applicabile il termine di prescrizione annuale, sicché, ai fini del ricorso per revocazione, avrebbero dovuti essere esaminati 1) l’oggetto dell’azione proposta dai controricorrenti, qualificabile come edilizia; 2) l’eccezione di prescrizione sollevata in relazione alla stessa; 3) l’oggetto della seconda censura del ricorso per cassazione, decisa con errore di fatto in relazione alla domanda proposta dai compratori, rientrante nel contenuto delle norme edilizie poste a garanzia del compratore, come emergente dal ricorso, e non nella richiesta di eliminazione dei vizi.
La pronuncia di questa Corte conteneva allora un errore revocatorio, consistito nell’erronea lettura del ricorso, quanto alla domanda edilizia proposta dagli acquirenti e alla correlativa eccezione di prescrizione, e nella considerazione del fax del 2010 come riconoscimento dei vizi e contestuale rinuncia alla prescrizione.
La censura è inammissibile.
Ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, n.4, cod. proc. civ., occorre, infatti, che si integrino i
seguenti presupposti (vedi da ultimo, Cass., Sez. U, 19/7/2024, n. 20013; Cass., Sez. 2, 21/6/2024, n. 17169; Cass., Sez. 3, 1/3/2024, n. 5574):
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio, ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile), che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa e che non abbia formato oggetto di discussione nel processo, e postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza e obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. U, 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass.
22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820; Cass., Sez. 3, 28/6/2005, n. 13915);
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929).
La realtà del processo cui va fatto riferimento è, dunque, quella propria del giudizio di cassazione, nel senso che l’errore deve riguardare gli atti interni di tale giudizio, quelli cioè che la Corte esamina direttamente con una propria e autonoma indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, presupponendo la configurabilità di tale contrasto che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull’affermazione di esistenza o inesistenza di quel fatto che, per converso, la realtà effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di Cassazione (e non meramente assunto per la rappresentazione, che si vuole erronea, fattane dal giudice di merito, a tale giudice essendo, in tal caso, ascrivibile l’errore revocatorio o il vizio di argomentazione deduttiva), nonché posto a fondamento dell’argomentazione logico-giuridica
conseguentemente adottata dal giudice di legittimità, mentre resta esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilità di errori formatisi sulla base di una pretesa errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico, perché siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 1, 14/4/2017, n. 9673; Cass., Sez. L, 29/10/2010, n. 22171; Cass., Sez. 3, 15/7/2009, n. 16447; Cass., Sez. U, 30/10/2008, n. 26022; Cass., Sez. 1, 25/6/2008, n. 17443; Cass., Sez. L, 26/2/2008, n. 5075; Cass., Sez. 2, 22/6/2007, n. 14608; Cass., Sez. 1, 22/11/2006, n. 24856; Cass., Sez. 1, 20/4/2005, n. 8295). Orbene, la questione prospettata nella specie non costituisce affatto vizio revocatorio.
Col secondo motivo di ricorso proposto davanti a questa Corte, gli odierni ricorrenti si erano, infatti, doluti della violazione o falsa applicazione degli artt. 1492, 1493 e 1494 cod. civ., nella parte in cui i giudici di merito avevano attribuito al fax del 28/10/2010 con cui la società RAGIONE_SOCIALE aveva proposto di porre rimedio ai vizi della cosa compravenduta lamentati dagli acquirenti – la valenza di atto di rinuncia alla prescrizione, senza considerare che tale proposta non rientrava nel contenuto dell’obbligazione di garanzia, non disponendo gli acquirenti di un’azione di esatto adempimento.
A questa censura, questa Corte ha dato risposta alla pag. 4 dell’ordinanza in esame, con la quale ha affermato che la suddetta argomentazione non considerava il fatto che l’impegno assunto dal venditore aveva determinato l’insorgere di un’obbligazione autonoma che, pur non determinando l’estinzione per novazione della garanzia originaria, si affiancava a quest’ultima, rimanendone
distinta, sicché l’insorto diritto all’eliminazione dei vizi era assoggettato alla prescrizione ordinaria decennale, restando invece soggetto alla prescrizione annuale ex art. 1495 cod. civ. l’originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto.
La questione sopra descritta non rientra affatto nel vizio revocatorio, come preteso dai ricorrenti, in quanto era stata fatta oggetto di discussione nel processo e costituiva senz’altro un punto controverso sul quale la sentenza di merito si era pronunciata, posto che l’azione proposta dagli originari attori aveva ad oggetto la revocazione di un atto dispositivo della società alienante che avrebbe vanificato il credito da essi vantato in relazione a parti comuni non ancora completate, di cui si chiedeva parimenti l’accertamento, e che i giudici avevano ritenuto non prescritto, come eccepito dalla società stessa, in quanto con il ridetto fax del 28/7/2010 la stessa aveva riconosciuto i lamentati vizi, rinunciando ad avvalersi della prescrizione.
E poiché allora l’errore lamentato non attiene a una svista percettiva, ma assume natura valutativa delle risultanze processuali, la questione non può che porsi al di fuori del perimetro di ammissibilità del rimedio revocatorio.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nulla deve disporsi in ordine alle spese, non avendo gli intimati svolto difesa.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte d ichiara l’inammissibilità del ricorso .
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 7 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME