Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19621 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19621 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20032/2024 R.G. proposto da :
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME
-ricorrenti- contro
COMUNE DI CAMPAGNA, elettivamente domiciliato in SALERNO INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 4435/2024 depositata il 20/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorso riguarda l’ordinanza con cui questa Corte ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Salerno emessa nel giudizio di rinvio all’esito della cassazione di propria precedente decisione, e che ha respinto la domanda degli odierni ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME volte a conseguire la somma di lire 200.985.689, a titolo di contributo ex l. n. 219/1981 per la ricostruzione di un fabbricato danneggiato dal sisma del 1980 e ritenuto di non poter vagliare la domanda di risarcimento del danno, per mancato erogazione della somma stessa ‘ in quanto non riproposta nell’atto di riassunzione del giudizio di rinvio ‘.
-Nella vicenda processuale -che aveva preso avvio nel 1996 -il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di condanna del Comune di Campagna al pagamento del contributo ex lege n. 281/98, quantificato in euro 103.800,44; nessuna pronuncia era resa sulla domanda risarcitoria.
Tale pronuncia veniva confermata dalla Corte di Appello, che -come si legge nella successiva sentenza che l’ha cassata – riteneva che con il decreto sindacale n. 1359 del 30 novembre 1990, emesso in assenza di disponibilità finanziarie a fronte di una domanda presentata il 31 marzo 1984, i fratelli COGNOME avevano acquisito il diritto alla concreta erogazione del contributo una volta che il Comune avesse acquisito la necessaria copertura finanziaria; che al riguardo non potevano operare i criteri preferenziali stabiliti dalla L. n. 32 del 1992, art. 3, destinata ad operare soltanto per le pratiche contributive non ancora definite; che il diritto degli attori poteva essere soddisfatto con l’importo (pari ad euro 157.552,00) recuperato dal Comune sui finanziamenti ricevuti ai sensi della l. n. 219 del 1981 e, quindi, riservato alla copertura finanziaria delle pratiche già approvate, a seguito di
apposita graduatoria, da redigere secondo l’ordine di approvazione delle pratiche giacenti.
3.- La Corte di legittimità aveva cassato tale ultima pronuncia accogliendo il motivo vertente sulla violazione dell’art. 3, secondo comma, l. 23 gennaio 1992, n. 32, affermando che:
la legge predetta, art. 3, comma 2, aveva fissato inderogabili criteri di priorità nella distribuzione delle risorse disponibili per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982, e faceva riferimento alle disponibilità finanziarie di cui al precedente art. 2, comma 4, finalizzate alle esigenze di completare l’opera di ricostruzione abitativa nei settori privati e pubblici colpiti dagli eventi sismici;
che da ciò conseguiva: a) l’applicabilità dei predetti criteri di priorità a tutte le risorse destinate alla prosecuzione degli interventi, indipendentemente dal momento di approvazione della pratica e, quindi, anche nel caso, ricorrente nella specie, di avvenuta emissione del decreto sindacale di “indicazione” del contributo “in mancanza di disponibilità finanziarie”, di cui al t.u. n. 76 del 1990, art. 19, comma7 ‘; b) che, ‘ dall’ambito di applicazione dei criteri di priorità sono escluse quelle disponibilità riconducibili ai finanziamenti della L. n. 219 del 1981, alle quali deve applicarsi il precedente criterio cronologico, sulla base della data di approvazione della domanda di contributo ‘;
che i restanti motivi, così come il ricorso incidentale, tutti relativi alla ammissibilità della domanda di risarcimento dei danni e dei relativi elementi di prova, erano inammissibili, poiché la sentenza impugnata, aveva solo confermato la sentenza di primo grado sul presupposto che la stessa aveva accolto l’originaria domanda di pagamento nei confronti del Comune; che le considerazioni sulla ammissibilità della domanda risarcitoria o sui ritardi procedimentali erano estranee, quindi, alla ratio decidendi,
ed esposte soltanto ad colorandum , mentre la domanda subordinata di risarcimento del danno doveva ritenersi essere rimasta assorbita, giacché mancava un qualsiasi accertamento della responsabilità del Comune.
3.- La Corte di Appello di Salerno – in sede di rinvio -aveva, quindi, accolto l’appello del Comune, respingendo le domande degli attori, evidenziando che nella specie doveva applicarsi – in forza del principio di diritto enunciato da RAGIONE_SOCIALE nella richiamata pronuncia rescindente – non già i criteri di priorità di cui alla L. n.32 del 1992, bensì il previgente criterio cronologico, essendo nella specie le disponibilità finanziarie riconducibili ai finanziamento di cui alla L. n.219 del 1981; che in base alla ‘graduatoria’ stilata dal Comune di Campagna la posizione in ordine cronologico dei fratelli COGNOME non consentiva di affermare l’esistenza di copertura finanziaria, essendo essi preceduti da ben 28 richieste antecedenti essendo incapiente la somma residua; quanto alla domanda risarcitoria per il colpevole ritardo del Comune di Campagna nell’esame e nell’approvazione della richiesta di contributo, la Corte territoriale ha ritenuto di non poterla vagliare, in quanto non riproposta nell’atto di riassunzione del giudizio di rinvio.
4.Detta sentenza è stata, appunto, confermata con l’ordinanza n. 4435/2024, oggetto del ricorso per revocazione, che, per quanto qui interessa, ha ritenuto inammissibili i motivi di censura (quarto e quinto) che riguardavano l’omesso esame della domanda risarcitoria, in quanto detta domanda ‘ presuppone la sussistenza del diritto al conseguimento del contributo ‘, per cui l’accertamento definitivo in ordine alla non spettanza di siffatto diritto faceva venir meno l’interesse della parte alla decisione sui motivi relativi a tale domanda.
-Contro l’ordinanza i sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso affidato a un motivo di revocazione, e corredato di memoria. Il comune di Campagna resiste con
contro
ricorso anch’esso corredato di memoria
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il motivo denuncia errore di fatto ex art. 395 n. 4 c.p.c. e riguarda l’ordinanza nella parte in cui ha dichiarato assorbiti i motivi di cassazione riguardanti il mancato esame da parte della Corte d’appello di Salerno della domanda risarcitoria proposta per la mancata erogazione del contributo. Deducono i ricorrenti che l’ordinanza sarebbe frutto di un evidente errore di fatto e di percezione dei fatti oggetto della vicenda processuale, laddove ha affermato, nell’esame dei motivi quarto e quinto di ricorso, che vi sarebbe stato un ‘ accertamento definitivo in ordine alla non spettanza ‘ del diritto al contributo ex lege n. 219/1981, in quanto la Corte non si sarebbe avveduta che era agli atti del processo il decreto del sindaco del Comune di Campagna n. 1359 del 30 novembre 1990 con il quale il diritto al contributo in favore dei fratelli COGNOME era stato riconosciuto (ancorché, come da disciplina speciale vigente e con la prescritta riserva di successiva liquidazione), pure con richiamo al parere favorevole della Commissione ex lege 219/1981: ‘fatto’ processuale acquisito e certo -poiché i fatti e le questioni di diritto oggetto di contestazione e di contenzioso erano stati altri, nel corso dell’annoso processo, ed in particolare avevano riguardato i requisiti per la concreta successiva liquidazione – che costituiva proprio il presupposto della gradata domanda di risarcimento dei danni con cui i COGNOME censuravano le condotte negligenti dell’amministrazione nella individuazione dei criteri e dei requisiti per la successiva liquidazione.
Quindi il mancato rilievo di tale circostanza (ossia dell’avvenuto riconoscimento del diritto al contributo con riserva di successiva liquidazione) costituirebbe una evidente falsa percezione della realtà portata alla cognizione della Corte, che ha portato la Corte stessa a supporre l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e
documenti di causa risultava (e risulta), invece, positivamente accertato, e, quindi, un errore chiaramente (e meramente) percettivo, un errore sul fatto e del giudizio sul fatto, che attiene all’accertamento e alla ricostruzione della verità dei dati oggetto di lite e rilevanti per il diritto, qualificabile come ‘errore di fatto’ ai sensi dell’art. 395, n. 4) c.p.c., e quindi un vizio revocatorio ex art. 391 bis c.p.c. Se -insistono i ricorrenti – correttamente fosse stata percepita la circostanza di fatto dell’esistente e non contestato riconoscimento del diritto al contributo ex l. 219/1981 con riserva di successiva liquidazione (come risultante dal decreto sindacale n. 1359 del 30 novembre 1990), la Corte si sarebbe dovuta determinare ad esaminare nel loro contenuto i motivi quarto e quinto di ricorso, dunque, in tal senso l’errore sarebbe stato decisivo.
1.1- Di conseguenza i ricorrenti denunciano omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria. Violazione e/o falsa applicazione degli artt.112, 99, 392, 394 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3) e n.4), c.p.c.; omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria. Violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 1362 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n. 3) e n.4), c.p.c.; all’esito della richiesta e auspicata revocazione, con effetto rescindente, della statuizione contenuta nell’impugnata ordinanza n. 4435/2024, di inammissibilità dei motivi quarto e quinto del ricorso, i ricorrenti chiedono, perciò, in fase rescissoria, che la Corte esamini nel loro contenuto i detti motivi quarto e quinto del ricorso proposto in data 23/9/2020 avverso la sentenza n. 722/2019 della Corte di Appello di Salerno, che ripropongono in questa sede.
2.- Il motivo revocatorio è inammissibile.
La censura non coglie la ratio decidendi che disattende le censure relative alla domanda risarcitoria sul rilievo, incontestato, della insussistenza del diritto – non al contributo, che non è mai stato, appunto, in contestazione ma al ‘conseguimento del
contributo’ in concreto, in assenza di una collocazione nell’ordine cronologico degli aventi diritto che consentisse -stante i fondi a disposizione l’erogazione del finanziamento.
Dal tenore dell’intera ordinanza impugnata si evince come sottolinea la parte controricorrente – che il Giudice di legittimità era consapevole del fatto che la res litigiosa era costituita -all’esito del precedente giudizio rescindente – dalla esistenza o meno di fondi per la ricostruzione post-sisma del 1980 idonei e sufficienti al fine della esigibilità del credito esistente, ovvero dall’ ‘ inesigibilità, per carenza di disponibilità finanziarie a valere sulla l. n. 219 del 1981, del diritto vantato ‘», a prescindere, quindi, logicamente dal provvedimento di ‘indicazione’ (così definito nella prima sentenza di legittimità) dell’entità del contributo spettante in astratto ai richiedenti in ragione del diritto soggettivo in capo al beneficiario riconosciuto dalla legge 219/81, che era stato tutt’altro che non considerato.
2.1Peraltro la decisone circa l’uno o l’altro aspetto non attiene, comunque, ad una questione di fatto, bensì di diritto.
2.2- Invero, questa Corte, a Sezioni Unite, ha più volte avuto modo di delineare il corretto perimetro dell’errore di fatto ai fini revocatori di cui al combinato disposto degli artt. 391bis e 395, n. 4), c.p.c. e da ultimo (cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 627/2/2024, n. 15876, ord.) ha ribadito ‘ che l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente
percepite nella loro oggettività; l’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’ errore di giudizio. »
2.3Nel caso di specie tanto ove si intendesse l’ordinanza in punto gravata come pronuncia che sancisce la definita insussistenza del diritto a ricevere il finanziamento in astratto quanto ove la si intenda -come il Collegio reputa – come pronuncia che sancisce la definitiva insussistenza del diritto a ricevere quei fondi cui, in astratto, la parte aveva diritto (come presupponeva il decreto del sindaco sindacale n. 1359 del 30 novembre 1990), non si tratterebbe di errore revocatorio in quanto riguarderebbe la valutazione (implicita) del giudice di legittimità circa il contenuto del diritto ‘ indicato’ dal decreto sindacale invocato e le condizioni di sua esigibilità, ovvero come diritto condizionato alla sussistenza e capienza dei fondi destinati dallo Stato.
2.4Parte ricorrente sotto quest’ultimo aspetto, ed in replica alle difese della controparte, nella memoria afferma che, laddove si intendesse l’ordinanza riferita al condizionato ‘ diritto alla effettiva percezione del contributo ‘, ugualmente l’ordinanza conterrebbe un grave errore materiale, non essendosi il giudice di legittimità avveduto che proprio la mancanza del diritto alla effettiva percezione era stata allegata come presupposto fondante la domanda di risarcimento, e non poteva essere una circostanza impediente alla sua delibazione, o meglio, alla delibazione dei motivi quarto e quinto di ricorso che si riferivano alla pronuncia sul punto della Corte d’Appello.
Tuttavia anche questa argomentazione è -tanto più – fallace agli effetti dell’errore revocatorio invocato, giacche il giudice di
legittimità ha compiuto una valutazione di diritto laddove ha ritenuto che una volta escluso il diritto alla concreta erogazione dei fondi fosse venuto meno il presupposto della domanda risarcitoria.
3.- In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della parte controricorrente, liquidate nell’importo di euro 6200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile