Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1878 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1878 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso per revocazione iscritto al n. R.G. 4330 anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura speciale su foglio separato, domiciliata presso il di lui studio in Napoli, INDIRIZZO
ricorrente
contro
FALLIMENTO N. 80 TRIBUNALE NAPOLI NORD RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE
intimati avverso l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 3092/2023 della prima sezione civile.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 81/2020 il Tribunale di Napoli Nord dichiarava il fallimento della società RAGIONE_SOCIALE rilevando la regolarità della notifica del ricorso e del decreto di comparizione dinanzi al giudice delegato, nonché la sussistenza dei presupposti per l’apertura della procedura concorsuale.
Tale sentenza veniva impugnata in appello per vizi relativi alla notifica, deducendosi che l’ ufficiale giudiziario aveva eseguito la stessa senza recarsi all’interno del palazzo al Piano INDIRIZZO, int. 5 quale indirizzo risultante dalla visura camerale, nonché per mancanza del presupposto dello stato di insolvenza.
La Corte di Appello di Napoli respingeva il reclamo escludendo la nullità della notificazione e ravvisando la situazione di insolvenza.
Avverso tale pronuncia la società fallita proponeva ricorso per Cassazione affidato a sei motivi di censura.
La Corte di Cassazione respingeva il ricorso rilevando che l’art. 15, comma 3°, l.fall. non prevede l’espletamento di ulteriori formalità quando il mancato rinvenimento dell’imprenditore presso la propria sede debba a lui imputarsi, come avvenuto nel caso di specie in cui risulta pacifico che l’ufficiale giudiziario si è recato presso la sede della fallenda senza poter eseguire la notificazione perché nessuno gli ha risposto. Tale condotta dell’imprenditore è risultata vieppiù negligente nella misura in cui lo stesso è risultato irreperibile all’indirizzo PEC quale risultante dal registro delle imprese.
Inoltre, la Corte rilevava l’ininfluenza della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà posta a fondamento del ricorso per le genericità del suo contenuto in quanto vi si legge che ‘ se arrivava qualche atto, chi stava in casa lo riceveva…’
senza alcuna specificazione che il giorno dell’accesso dell’ufficiale giudiziario qualcuno stesse effettivamente in casa.
Infine, la Corte respingeva i motivi aventi ad oggetto le censure relative alla sussistenza dello stato di insolvenza.
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava la ordinanza emessa da questa Corte con ricorso per revocazione affidato ad un solo motivo di ricorso, cui non resistevano né la procedura fallimentare né il creditore istante.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ unico motivo la società ricorrente deduce l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa l’ordinanza nella misura in cui afferma, da un lato, che l’ufficiale giudiziario deve recarsi personalmente presso la sede della società, dall’altro che è ciò che è esattamente avvenuto nel caso in esame.
Ed invero la Cassazione non avrebbe tenuto conto che l’ufficiale giudiziario si sarebbe dovuto recare presso la sede, come risultante dalla visura camerale, ossia ad Arzano (NA) alla INDIRIZZO int. INDIRIZZO, operazione che invece l’ufficiale giudiziario non ha compiuto limitandosi a certificare l’esito negativo della notificazione ‘poiché in loco non si rinviene alcuna targa, insegna o indicazione ai citofoni della società e da informazioni presso i condomini rinvenuti non è più in loco la sede’. Piuttosto l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto certificare che all’ interno 5 la società era irreperibile o il domicilio era chiuso, anziché limitarsi a certificare il mancato reperimento dell’imprenditore all’esterno del palazzo presso il numero civico indicato nella visura camerale.
Il motivo è inammissibile.
Va preliminarmente premesso che l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della
Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. 16439/2021). Si osserva, altresì, come in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio di cui all’art. 391 bis c.p.c. presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione. (Nella fattispecie, la S.C. ha escluso la rilevanza dell’erroneo accertamento dell’esistenza di un giudicato interno, non trattandosi di un errore di fatto rilevante ai fini dell’art. 395, comma 4, c.p.c., bensì dell’apprezzamento in diritto delle risultanze processuali. Cass. 10040/2022).
Ciò posto in termini generali, nel caso di specie la ricorrente deduce che l’ordinanza impugnata non avrebbe tenuto conto
dell’errore compiuto dall’ufficiale giudiziario nelle operazioni di notifica limitandosi ad accertare la mancata presenza al numero civico della sede della società dell’imprenditore o di altro addetto alla ricezione degli atti, piuttosto che a verificare a ll’interno dell’edificio all’interno indicato nella visura la presenza di persone riconducibili alla società.
Al riguardo, è da osservarsi che il motivo di censura, contestando la valutazione delle risultanze processuali ed in particolare degli esiti negativi della notifica presso la sede sociale compiuta dalla ordinanza impugnata, è inammissibile essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio.
Peraltro, il motivo è, altresì, inammissibile per difetto di specificità essendo stato genericamente dedotto nel ricorso per revocazione il contenuto della attività compiuta dall’ufficiale giudiziario senza dar conto in modo specifico delle risultanze della visura camerale presso il registro delle imprese.
Inoltre, il motivo di censura non coglie la ratio decidendi dell’ordinanza impugnata che ha correttamente ritenuto che l’ufficiale giudiziario ha provveduto al compimento dell’attività notificatoria con il deposito dell’atto presso la sede del comune, perché nessuna persona riconducibile alla società gli aveva risposto presso l’indirizzo indicato nella visura camerale, in cui non vi era alcuna indicazione anche sui citofoni della presenza della società.
Inoltre, la Corte rilevava come l’atto sostitutivo di notorietà non aveva carattere specifico nella misura in cui si dichiarava che il giorno dell’accesso qualcuno stesse in casa e potesse pertanto ricevere l’atto.
Su questi profili motivatori il ricorrente non si confronta
rilevando viceversa un errore di fatto ai fini revocatori insussistente.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla sulle spese. Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,