Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18669 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18669 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
qualificazione della domanda.
NOME COGNOME
Presidente
Consigliere-Rel.
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 13/05/2025 CC CC
R.G.N. 22386/2023
NOME COGNOME
Consigliere
RITA RAGIONE_SOCIALE A. COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 22386/2023, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappres. e difesa dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappres. p.t., rappres. e difese dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-controricorrenti- avverso l’ordinanza pronunciata dalla Corte di Cassazione, pubblicata il 17 marzo 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE convenne dinanzi al Tribunale di Bari- Sezione specializzata in materia di proprietà industriale- la RAGIONE_SOCIALE con azione di contraffazione di un disegno- o modello comunitario registrato a proprio nome il 10-5-2005, avente ad oggetto una bacinella per uso domestico contraddistinta dal marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Dedusse che il carattere individualizzate del prodotto era dato dalle linee, dai contorni e dalle forme della bacinella e dalla presenza di due manici che, in posizione abbassata di non uso, si adagiavano lungo il bordo perimetrale superiore dando un effetto innovativo di linearità, ordine e pulizia.
Affermò che la contraffazione era stata realizzata dalla convenuta mediante la commercializzazione di un analogo modello di bacinella avente codice a barre 8027501373596.
Formulò domande di concorrenza sleale per imitazione servile, inibitoria, ritiro dal commercio e risarcimento dei danni.
Costituitosi il contradditorio con la convenuta e la terza chiamata RAGIONE_SOCIALE, che alla prima aveva concesso la distribuzione e commercializzazione del prodotto, l’adito tribunale dichiarò il difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE e, in accoglimento della riconvenzionale della terza chiamata, dichiarò la nullità della registrazione del disegno o modello comunitario vantato dall’attrice, rigettando tutte le altre domande.
La sentenza è stata riformata dalla Corte d’appello di Bari su gravame della Stefanplast.
La C orte d’appello, respinta la domanda di nullità della registrazione del disegno o modello comunitario, ne ha accertato la contraffazione da parte di entrambe le società convenute, mediante la commercializzazione del modello di bacinella sopra detto; ha quindi inibito la fabbricazione, il commercio e l’uso di tale bacinella e ne ha disposto il ritiro dal commercio anche mediante richiamo nei confronti di terzi, imponendo penali in caso di mancata esecuzione; ha infine in tal guisa accertato il compimento di atti di concorrenza sleale per imitazione servile e ha condannato entrambe le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni.
Contro la sentenza, depositata il 5-6-2020 e notificata il 9-6-2020, le due società soccombenti hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, successivamente riuniti.
Con ordinanza emessa l’8.3.2023, la Cassazione accoglieva due motivi del ricorso, osservando che: la circostanza che la bacinella della Stefanplast fosse connotata dalla novità e dal carattere individualizzante alla stregua di disegno e modello è stata affermata dalla Corte territoriale in base alla mera presunzione discendente dalla ritenuta regolarità della registrazione; la C orte d’appello erroneamente ha ritenuto che la registrazione fosse da considerare valida in ragione della semplice mancanza di prova dell’altrui anteriore divulgazione del modello di bacinella concorrente e da ciò, in un ragionamento del tutto circolare, ha tratto il convincimento del carattere di novità del trovato; viceversa il tema da affrontare era interamente condensato nella esistenza di un’utilità nuova e ulteriore che il modello della Stefanplast potesse presentare rispetto alle caratteristiche d’impiego di oggetti analoghi pree sistenti e (ben vero) assolutamente consueti; invero, come più volte affermato dalla Cassazione, il modello di utilità, seppur diverso ontologicamente
dall’invenzione, per esser tutelato richiede pur sempre un carattere di intrinseca novità, sebbene operante sul piano dell’efficacia e della comodità di impiego di un oggetto preesistente; a tale oggetto deve cioè ine rire, in certa misura, un’utilità nuova ed ulteriore (di recente Cass. Sez. 1 n. 21565-21, Cass. Sez. 1 n. 16949-16); ne segue che il regime di protezione previsto per i brevetti si estende ai modelli, nello specifico senso (e per la specifica ragione) che anche codesti, benché con un grado ‘minore’ di novità, debbono migliorare l’attuazione di ciò che è ‘già noto’ conferendogli un’utilità nuova (v. pure Cass. Sez. 1 n. 19715-12); ora, è evidente che tanto più rigorosa deve essere la verifica di simile elemento quanto maggiore è il livello di semplicità del prodotto, è altresì evidente che quello di cui si discute -una bacinella -è di tale usualità da imporre al giudice di non limitare la valutazione al solo formale profilo della presunzione discendente dall’essere stato il relativo disegno o m odello previamente registrato, allorché del tutto diversa sia stata la stima del connotato individualizzante del giudice di primo grado; la concludenza di tutto il ragionamento della corte territoriale è quindi minata dal riferito errore di prospettiva.
Pertanto, la Cassazione, cassata la sentenza impugnata, rinviava la causa alla medesima C orte d’appello di Bari, dettando il seguente principio: ‘ il modello di utilità, sebbene diverso ontologicamente dall’invenzione, per essere tutelato richiede pur sempre un carattere di intrinseca novità, benché operante sul piano dell’efficacia e della comodità di impiego di un oggetto preesistente; spetta al giudice del merito accertare la sussistenza di tale carattere sulla base di una verifica tanto più rigorosa quanto maggiore sia il livello di semplicità del prodotto; ove il prodotto sia banale, come una bacinella, non è
consentito di soffermare l’indagine al solo formale profilo della presunzione ‘.
La RAGIONE_SOCIALE spa impugna l’ordinanza della cassazione con ricorso per revocazione, ex art. 391 bis , cpc, lamentando che, inspiegabilmente, e senza alcun apparente motivo, la Corte di Cassazione ha censurato il fatto che la Corte territoriale non abbia indagato circa la presenza o meno, nella bacinella di Stefanplast, dei requisiti di legge richiesti per la brevettabilità di un valido modello di utilità, ed in particolare circa il fatto che detta bacinella possieda o meno una utilità nuova e ulteriore oper ante sul piano dell’efficacia e della comodità di impiego.
In particolare, la ricorrente assume che: la Corte è incorsa nel palese travisamento di un fatto, credendo erroneamente che la tutela del prodotto di RAGIONE_SOCIALE fosse affidata in causa ad un modello di utilità, e in una falsa percezione della realtà, avendo ritenuto azionato in causa un titolo di proprietà industriale che invece non era mai stato né azionato, né mai richiamato da alcuna delle parti.
Secondo la ricorrente, era evidente che la Corte abbia avuto una falsa percezione di quanto emerge dagli atti, concretatasi in una svista materiale su una circostanza decisiva, emergente direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali, in quanto l’attrice non ha svolto alcuna domanda basata su un (inesistente) modello di utilità, né mai le convenute hanno al riguardo svolto domande, difese (e nemmeno considerazioni o argomentazioni di sorta); poiché l’istituto del modello di utilità esula totalmente dal perimetro del contendere, è evidente che emerga una manifesta svista della Corte, obiettivamente e immediatamente
rilevabile, ed al tempo stesso ad un errore decisivo, in quanto ha portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo (l’azionamento in causa di un modello di utilità, di cui valutare i requisiti di validità) incontestabilmente e totalmente escluso dagli atti e dai documenti; quindi non si tratta di censurare un’attività valutativa del fatto, né un vizio di motivazione, compiuti dalla Corte, ma solo di rilevare il travisamento palese di un fatto; la Corte di cassazione, nell’ordinanza impugnata, ha confermato l’accertamento effettuato dalla Corte di appello di Bari circa la mancanza della prova della divulgazione anteriore del modello di bacinella della RAGIONE_SOCIALE, da cui discende la regolarità della registrazione del disegno o modello comunitario di Stefanplast, ma non ha però ritenuto esaustivo tale accertamento, richiedendo (erroneamente) l’ulterior e verifica del requisito della particolare efficacia e comodità di impiego ai fini del riconoscimento di un valido modello di utilità. Due RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RITENUTO CHE
Il ricorso per revocazione è inammissibile.
Preliminarmente, va osservato che è infondata l’eccezione della parte controricorrente di carenza d’interesse della ricorrente, in ragione della pendenza del giudizio di rinvio in grado d’appello, trattandosi di giudizi distinti. Sebbene tra i due giudizi esista una connessione di fatto (nel senso che un’eventuale revocazione dell’ordinanza della Cassazione determinerebbe la caducazione del giudizio di rinvio), il ricorso in esame è sorretto da uno specifico interesse ad agire, che è differente da quello riguardante il suddetto giudizio di rinvio.
Premesso ciò, la ricorrente lamenta che la Cassazione sarebbe incorsa in errore di fatto, emergendo una manifesta svista della Corte, obiettivamente e immediatamente rilevabile, ed al tempo stesso un errore decisivo che avrebbe portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo (l’azionamento in causa di un modello di utilità, di cui valutare i requisiti di validità) incontestabilmente e totalmente escluso dagli atti e dai documenti.
Invero, l’inammissibilità della revocazione delle decisioni, anche della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., per errore di fatto, qualora lo stesso abbia costituito un punto controverso oggetto della decisione, ricorre solo ove su detto fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, in ragione della quale la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass., n. 27897/2024).
In tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al
giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte (SU, n. 2001372024).
Nella specie, alla luce dei suesposti principi, non ricorrono i presupposti dell’invocato errore di fatto .
Invero, va osservato che la società ricorrente ha promosso un’ azione di contraffazione di un disegno o modello comunitario registrato a proprio nome il 10-5-2005, avente ad oggetto una bacinella per uso domestico contraddistinta dal marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Ora, l’errore di fatto invocato dalla ricorrente consiste nel fatto che la Cassazione avrebbe ritenuto che l’oggetto della domanda sarebbe stato, invece, la tutela di un modello d’utilità, che esulava invece dalla materia del contendere.
Pertanto, la ricorrente contesta la qualificazione della domanda introduttiva del giudizio operata dalla Cassazione, censurando dunque un’attività interpretativa di quest’ultima che, come detto, non può essere oggetto del ricorso per revocazione.
Non è possibile dunque affermare che la decisione impugnata sia stata fo ndata sulla supposizione dell’ esistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa dagli atti di causa, anche perché la qualificazione della domanda ha certo costituito oggetto della discussione delle parti.
Ne consegue che non rientra nell’ambito di questo giudizio accertare se la suddetta attività interpretativa compiuta dalla Cassazione nell’ordinanza impugnata sia stata, o meno, corretta.
Le spese seguono la soccombenza.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle
spese del giudizio che liquida nella somma di euro 7.700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% per rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso, in Roma, nella Camera di Consiglio del 13 maggio 2025.