Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 15876 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 15876 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 17739-2023 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE;
– controricorrente –
per revocazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza n. 4778/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 15/02/2023.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2024 dal Consigliere COGNOME;
Oggetto
RICORSO PER REVOCAZIONE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 27/02/2024
CC
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte dichiari inammissibile il ricorso per revocazione.
FATTI DI CAUSA
E’ impugnata, con ricorso per revocazione, l’ordinanza n.4778 del 2023 di queste Sezioni Unite, di rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Consiglio di Stato, n. 5793 del 2021, emessa in sede di giudizio di revocazione.
Occorre premettere che il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 868 del 2013, ha riconosciuto COGNOME NOME vittima del dovere e condannato il RAGIONE_SOCIALE a riconoscere i benefici di cui all’art. 3 legge n. 466 del 1980, art.1, co.563, 564 legge n. 266 del 2005 (con cui sono stati estesi alle vittime del dovere i benefici previsti in favore RAGIONE_SOCIALEe vittime RAGIONE_SOCIALEa criminalità e del terrorismo) e al d.P.R. n. 243 del 2006, ritenuto l’incidente stradale, dal quale erano derivate gravi lesioni, verificatosi in condizioni necessitate da esigenze di servizio.
Detta sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna, con sentenza n.875 del 2015, che ha ribadito lo status di vittima del dovere ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge n. 466 del 1980, recante ‘speciali elargizioni per vittime del dovere e di atti terroristici’, e 1, co.563 legge n.266 del 2005 , e ha del pari confermato la sussistenza dei relativi presupposti applicativi RAGIONE_SOCIALEe disposizioni appena citate ed escluso l’applicabilità RAGIONE_SOCIALEa legge n.302 del 1990.
Il Tribunale di Bologna, adito per il riconoscimento anche dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo RAGIONE_SOCIALEa legge n. 206/2004, con sentenza n. 997 del 2017 ha riconosciuto il diritto di COGNOME a tutti i benefici previsti dalle leggi n. 302 del 1990 e n. 206 del 2004 e, per l’effetto, ha condannato il
RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione di quanto ancora dovuto, oltre accessori sulle somme da corrispondere.
La sentenza da ultimo menzionata non è stata gravata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘interno e conseguentemente è passato in giudicato il dictum cristallizzato nel dispositivo (rito del lavoro), benchè non supportato da alcuna motivazione, con l’attribuzione al carabiniere, già con giudicato riconosciuto quale vittima del dovere, di tutti i benefici dovuti per le vittime del terrorismo (la legislazione in materia distingue, invero, quali siano le provvidenze dovute ad entrambe le categorie, includendo anche le vittime RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata).
Nelle more del giudizio di ottemperanza, innanzi al giudice amministrativo, RAGIONE_SOCIALEa sentenza da ultimo richiamata, il RAGIONE_SOCIALE emetteva un nuovo provvedimento (notificato in data 6.2.2019) con il quale (in difformità a quanto stabilito dal giudice ordinario nelle sentenze n. 868/2013 del Tribunale di Bologna, n. 875/2015 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Bologna e n. 997/2017 del Tribunale di Bologna), riqualificato l’evento e lo status , dichiarava COGNOME (non più ritenuto vittima del dovere, ai sensi RAGIONE_SOCIALEa l. n.466/1980, come indicato nel primo provvedimento del 17.2.2017), ma vittima RAGIONE_SOCIALEa mafia ai sensi RAGIONE_SOCIALEa l. n.302/90 e gli riconosceva, all’uopo, l’assegno di cui alla l. n.407/98 nella misura di euro 500,00 anziché euro 258,23, come invece riconosciuto con il precedente provvedimento.
Nel giudizio di ottemperanza, nel frattempo incardinato, il TAR, con sentenza n.580/2019, per quanto in questa sede rileva, ha dichiarato improcedibile il ricorso per avere il RAGIONE_SOCIALE provveduto all’ottemperanza RAGIONE_SOCIALEa decisione del Tribunale di Bologna n. 997 del 2017, prima e dopo la notificazione del ricorso.
La sentenza del TAR è stata gravata dall’attuale ricorrente , per avere sostenuto che l’Amministrazione avesse dato piena attuazione al giudicato, laddove, invece, non erano stati riconosciuti i benefici previsti dalla legge n.206/2004 né al carabiniere né ai familiari, nonostante la chiara previsione del giudicato.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3540/2020, ometteva di pronunciare sul gravame, pur premettendo l’ambito del dictum del giudice civile a ‘tutti’ i benefici di cui alla legge n.206 del 2004, e, dunque, l’interpretazione del giudicato, per negare il diritto RAGIONE_SOCIALEa moglie e del figlio allo speciale assegno vitalizio, per non avere mai il militare dichiarato di agire anche nel loro interesse o in loro rappresentanza (profilo evocato come argomento a favore del riconoscimento, con giudicato del giudice civile, dei benefici previsti dalla legge n.206 del 2004 in un impianto argomentativo volto ad affermare un diritto jure proprio dei familiari e ad escludere che il giudizio di ottemperanza potesse costituire la sede per assicurare efficacia indiretta al giudicato nella sfera giuridica di terzi soggetti, come pretendeva il carabiniere).
Adito dal carabiniere per la revocazione di tale ultima pronuncia, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5793/2021 interpretava il ridetto giudicato del Tribunale civile, formatosi sul diritto ai benefici previsti per le vittime del dovere (così riconosciuto il carabiniere con la sentenza di Bologna) ovvero vittime RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata (così riconosciuto e definito con decreto del 6 febbraio 2019, del RAGIONE_SOCIALE di esecuzione RAGIONE_SOCIALEa sentenza ottemperanda).
In sintesi, l’ottemperanza poteva essere accordata, riteneva il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5793/2021, solo ad un giudicato conforme alle fonti normative, non potendo
accordarsi prestazioni a favore del carabiniere non previste dalla legge; il criterio d’interpretazione logico -sistematico doveva condurre ad assegnare alla statuizione del giudice un significato rispondente al dettato normativo; bene aveva ottemperato il RAGIONE_SOCIALE per avere interpretato l’espressione ‘tutti’ i benefici dovuti, come riferita ai soli benefici previsti per la categoria di appartenenza del carabiniere, riconosciuto, a seguito RAGIONE_SOCIALEa qualificazione RAGIONE_SOCIALE‘evento e RAGIONE_SOCIALEo status , prima vittima del dovere e dopo, con decreto ministeriale (dianzi richiamato e adottato nelle more del giudizio di ottemperanza), vittima RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata; nel novero dei benefici estesi dal legislatore non rientravano quelli relativi al trattamento pensionistico rivendicato, con la conseguenza che il RAGIONE_SOCIALE aveva correttamente ottemperato al giudicato.
Tale ultima decisione, gravata da impugnazione per motivi di giurisdizione, è stata decisa da queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 4778 del 2023 (RAGIONE_SOCIALEa quale si chiede, con il ricorso all’esame, la revocazione).
Ebbene, p remesso l’ambito RAGIONE_SOCIALEo scrutinio RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite avverso una sentenza del Consiglio di Stato pronunciata su impugnazione per revocazione – nel senso che l’adito alla questione di giurisdizione può involgere solo il potere giurisdizionale espresso dalla statuizione sulla revocazione medesima, esclusa la possibilità di ridiscutere detto potere in riferimento alla precedente decisione di merito (con orientamento consolidato, v. per tutte, Cass.,Sez.Un., 31 ottobre 2019, n. 28214) – queste Sezioni Unite si sono soffermate, con la sentenza RAGIONE_SOCIALEa quale si richiede la revocazione, sul potere interpretativo esercitato, nella specie, dal Consiglio di Stato e sul sindacato integrativo svolto, tracciandone la cornice.
Di seguito si appalesa utile riportare gli snodi argomentativi RAGIONE_SOCIALEa sentenza n.4778 cit.
Il problema del sindacato avverso le decisioni emesse dal Consiglio di Stato, in sede di giudizio di ottemperanza relativo a sentenze rese dall’Autorità giudiziaria ordinaria , è stato risolto, dalla consolidata giurisprudenza, nel senso che il potere interpretativo del giudice amministrativo relativo al giudicato da eseguire, che è insito nella struttura stessa del giudizio di ottemperanza in quanto giudizio di esecuzione, quando attiene ad un giudicato formatosi davanti ad un giudice diverso da quello amministrativo, non può che esercitarsi sulla base di elementi interni al giudicato da ottemperare e non su elementi esterni, la cui valutazione rientra, in ogni caso, nella giurisdizione propria del giudice che ha emesso la sentenza.
Ciò comporta che, se il Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza di una sentenza definitiva del giudice ordinario, ha effettuato un sindacato integrativo -individuando, in tal modo, un diverso contenuto precettivo del giudicato, con una pronuncia sostanzialmente autoesecutiva – ciò si traduce in un eccesso di potere giurisdizionale, sindacabile ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 111, ottavo comma, Cost., inteso quale esorbitanza dai limiti esterni che segnano l’ambito RAGIONE_SOCIALEa sua giurisdizione (così Cass.,Sez.Un., sentenza 27 dicembre 2011, n. 28812, ribadita dalle successive sentenze 14 dicembre 2016, n. 25625, e 14 aprile 2020, n. 7825), i n ossequio al principio RAGIONE_SOCIALE‘effettività RAGIONE_SOCIALEa tutela giurisdizionale che caratterizza il giudizio di ottemperanza, la verifica RAGIONE_SOCIALE‘esattezza RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione data dall’amministrazione alle disposizioni da applicare al caso concreto, per accertare che del contenuto RAGIONE_SOCIALEa decisione passata in giudicato non sia stato dato un
adempimento parziale, incompleto se non addirittura elusivo.
Il Consiglio di Stato si è perciò trovato, nel dare ottemperanza al giudicato suindicato, in una situazione di comprensibile difficoltà, dovuta al fatto che la sentenza del Tribunale di Bologna si caratterizza per la totale genericità; là dove, invece, la complessità RAGIONE_SOCIALEa questione e la stratificazione RAGIONE_SOCIALEe leggi successive avrebbe richiesto maggiore impegno, ricognitivo e classificatorio.
Nella totale genericità di un giudicato che prevedeva il diritto a tutti i benefici previsti dalle leggi n. 302 del 1990 e n. 206 del 2004, il giudice RAGIONE_SOCIALE‘ottemperanza era chiamato necessariamente ad un’interpretazione RAGIONE_SOCIALEa decisione e a tanto il Consiglio di Stato ha provveduto partendo da alcune premesse in fatto e in diritto.
La prima, in fatto, è che l’attuale ricorrente era stato riconosciuto vittima del dovere e poi, con decreto del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘interno del 6 febbraio 2019, vittima RAGIONE_SOCIALEa criminalità organizzata (e, pertanto, non vittima del terrorismo); la seconda, in diritto, è che non c’è perfetta parificazione tra l e varie categorie, non c’è una norma che estenda i benefici di cui agli artt. 2, 3, 4, 7 e 9 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 206 del 2004 anche alle vittime del dovere e, pertanto, i benefici rivendicati dal ricorrente potevano essere riconosciuti solo alle vittime di azioni terroristiche.
20.
Con l’inevitabile conclusione per cui l’interpretazione letterale del giudicato avrebbe attribuito all’attuale ricorrente prestazioni che a lui non spettano in base alla legge sicché , in conclusione, l’espressione «tutti i benefici» contenuta nella sentenza da ottemperare non poteva che essere interpretata nel senso che al ricorrente spettavano
solo i benefici riconosciuti alla sua categoria di appartenenza, e non altri.
Il ricorso di NOME COGNOME, ulteriormente illustrato con memoria, è affidato a quattro motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale.
L’Ufficio del Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo la declaratoria di inammissibilità per essere stato, il fatto oggetto del dedotto errore revocatorio, oggetto di esame da parte RAGIONE_SOCIALEa sentenza del Consiglio di Stato, nell’ambit o del contraddittorio tra le parti in sede di giudizio di ottemperanza e nei limiti RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione amministrativa, come statuito dalla sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
L’errore di fatto , denunciato con il primo motivo di ricorso, risiederebbe nella circostanza che la Suprema Corte, per mera svista, non si sarebbe accorta del tenore decreto emesso dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in pendenza del giudizio di ottemperanza, palesemente in contrasto col giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Bologna n. 997/2017 e sulla sentenza n. 868/2013 del medesimo Tribunale.
L’errore di fatto enunciato c on il secondo motivo attiene alla circostanza che la Suprema Corte non avrebbe rilevato l’esistenza di un orientamento del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice del lavoro, risultante dalla sentenza n. 396/2022, in base al quale sarebbe stata affermata l’equiparazione alle vittime del terrorismo.
L’errore di fatto , denunciato con il terzo motivo, deriverebbe dal non essersi la Suprema Corte avveduta del contrasto di giudicato tra la sentenza n. 5793/2021 del Consiglio di Stato
e la sentenza n. 3540/2020, anch’essa emessa dal Consiglio di Stato tra le stesse parti, la prima RAGIONE_SOCIALEe quali passata in giudicato su un punto decisivo, vale a dire il riconoscimento, ai familiari, dei benefici di cui alla l. n.206/2004 art. 5 co. 3bis e quater spettanti loro personalmente, sull’evidente presupposto del riconoscimento, alla vittima, RAGIONE_SOCIALEo status che consente di avvedere ai benefici di cui alla legge n. 206/2004.
La doglianza svolta c on l’ultimo motivo inerisce al l’omessa percezione, additata alla Suprema Corte, RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta concessione ed erogazione dei benefici previsti dalla legge n. 266/2005 riconosciuti alle vittime del dovere, prima del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Bologna, al fine di ottenere il riconoscimento di tutti i benefici di cui alla legge n. 206/2004, e non solo quelli di cui all’art. 4 del d. P.R. n. 243/2006, considerata la specifica attestazione, sul punto, da parte RAGIONE_SOCIALEo stesso RAGIONE_SOCIALE.
In sintesi, si assume che i benefici previsti ex lege alle vittime del dovere erano già stati tutti riconosciuti e il ricorso era, invece, finalizzato alla richiesta di altri e ulteriori benefici; che l’unica valutazione espressa dalle Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALEa Corte poggia sull’inesistenza di una norma che riconosca alle vittime del dovere i benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo, valutazione/giudizio che ha indirizzato l’interpretazione del dispositivo RAGIONE_SOCIALEa sentenza da ottemperare sul solco conforme al decisum del C.d.S. ma che si fonda sull’errata percezione RAGIONE_SOCIALE‘inesistenza di un fatto – diverso orientamento interpretativo del quadro normativo del Tribunale di Bologna – e sulla svista RAGIONE_SOCIALE‘esistenza di due fatti – già avvenuto riconoscimento dei benefici e modifica RAGIONE_SOCIALEa matrice RAGIONE_SOCIALE‘evento – che l’avrebbero condotta a una diversa decisione.
Infine, assume il ricorrente che l ‘esistenza di un orientamento giurisprudenziale ben definito, sposato anche dalla Corte di merito di Bologna, che riconosce alle sole vittime del dovere e del terrorismo di cui alla legge n.466/1980 i medesimi benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo di cui alla legge n.206/2004, assurge a fatto RAGIONE_SOCIALEa cui esistenza la Corte non si è avveduta.
Il ricorso è inammissibile.
Gli errori in tesi imputati alla ordinanza RAGIONE_SOCIALEa quale è chiesta la revocazione non sono riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., richiamato per le sentenze RAGIONE_SOCIALEa Corte di cassazione dall’art. 391 bis cod. proc. civ.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, si configura come una falsa percezione RAGIONE_SOCIALEa realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; l’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi RAGIONE_SOCIALE‘ errore di giudizio.
L’errore revocatorio presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni RAGIONE_SOCIALEo stesso fatto, RAGIONE_SOCIALEe quali una emerge dal provvedimento oggetto di revocazione, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dal provvedimento non sia frutto di giudizio; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi RAGIONE_SOCIALEa sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico o siano frutto di un qualsiasi apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe risultanze processuali, ossia di una viziata valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove o RAGIONE_SOCIALEe allegazioni RAGIONE_SOCIALEe parti, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (v. tra le altre, Cass.,Sez.Un., n. 4367 del 2021 ed ivi ulteriori precedenti).
Nel caso in esame, il fatto oggetto del dedotto errore revocatorio, nei plurimi profili articoli e convergenti verso l’erronea interpretazione del giudicato civile , è stato oggetto di esame da parte RAGIONE_SOCIALEa sentenza del Consiglio di Stato, nell’ambito del contraddittorio tra le parti in sede di giudizio di ottemperanza e nei limiti RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione amministrativa, come statuito dalla sentenza di queste Sezioni Unite oggetto di ricorso per revocazione.
Si tratta, quindi, non di una errata identificazione degli atti sibbene di un ‘ attività d ‘ interpretazione e valutazione del giudicato civile senza sconfinamento dal crinale dei limiti esterni RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione nel dare ottemperanza al giudicato.
Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a
carico RAGIONE_SOCIALEa parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese, liquidate in euro 2500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.13,co.1 -quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico RAGIONE_SOCIALEa parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 febbraio