Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5792 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5792 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
REVOCAZIONE ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14230/2023 R.G. proposto da COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE – intimati –
avverso e per la revocazione dell ‘ordinanza n. 3626/2023 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il giorno 7 febbraio 2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
con l ‘ordinanza n. 3626/2023, in epigrafe meglio indicata, questa Corte dichiarò inammissibile il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 3041/2021 la quale – confermando la decisione
di prime cure – aveva rigettato la domanda formulata dai ricorrenti nei confronti del notaio NOME COGNOME (a sua volta chiamante in garanzia la Reale Mutua Assicurazioni S.p.A.) volta ad accertare la responsabilità del professionista in relazione alla predisposizione di una minuta di uno stipulando rogito di compravendita immobiliare, poi mai conclusa;
con ricorso articolato in un unico motivo, NOME COGNOME e NOME COGNOME domandano la revocazione della sopra richiamata ordinanza;
non svolgono difese in questo giudizio le parti intimate, in epigrafe dettagliatamente specificate;
disposta la trattazione in adunanza camerale, il P.G. non ha depositato conclusioni scritte;
parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa;
il Collegio si è riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
in via preliminare, non occorre verificare la correttezza della evocazione nel presente giudizio delle parti in epigrafe distintamente elencate come intimate, in ragione della inammissibilità del ricorso per le ragioni in appresso esplicate;
il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti; ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato o
r.g. n. 14230/2023 Cons. est. NOME COGNOME
inammissibile, appare superflua, pur potendone sussistere i presupposti, la fissazione del termine per la rinnovazione della notifica del ricorso ad una parte o per l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di un litisconsorte pretermesso, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei tempi di definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr., sulla scia di Cass., Sez. U, 22/03/2010, n. 6826, tra le tante, Cass. 13/10/2011, n. 21141; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 10/05/2018, n. 11287; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980; Cass. 20/04/2023, n. 10718);
con l’unico motivo di revocazione, parte ricorrente imputa alla ordinanza gravata di aver trascurato « rilevanti circostanze » (così in sintesi descritte in ricorso: la predisposizione del rogito; la coeva predisposizione della scrittura di garanzia da parte del notaio a supporto dei rischi generati dal rogito che egli stesso proponeva; l’ ammissione, da parte del notaio, di una collaborazione con la sola parte venditrice e con il di lei avvocato; il tentativo di elusione dei problemi urbanistici evidenziati dal sindaco nonché da parte del professionista dell ‘ acquirente; la consistente presenza del ‘ consiglio ‘ del notaio, che aveva orientato verso una lite in luogo di dissuadere le parti dalla vendita; la rilevanza della sentenza della Corte di cassazione n. 16795/2018) integranti vizio revocatorio, dacché, ove valutat , « il ‘rogito’ (inteso come atto professionale tipico che fa sorgere responsabilità) non avrebbe avuto un peso determinante nella logica della sentenza » ( rectius, ordinanza), la quale invece « non ha percepito né motivato sulla consistente e determinante attività professionale svolta dal notaio nel momento antecedente il rogito »;
l’istanza di revocazione è inammissibile;
è doveroso premettere che ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395, num. 4, cod. proc. civ., occorre siano integrati i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto – risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive – tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, num. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’er rore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820);
r.g. n. 14230/2023 Cons. est. NOME COGNOME
d) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);
tanto precisato (e richiamata, a compendio della giurisprudenza sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi per revocazione per errore di fatto, la più recente Cass., S.U., 19/07/2024, n. 20013), a suffragio della declaratoria di inammissibilità del ricorso, l’ordinanza qui impugnata ha così per quanto d’interesse – motivato: « il dovere di consiglio – come, del resto, quello di dissuasione – del notaio assume rilievo in relazione ad attività professionale dallo stesso espletata (attività, qui, invece mancata, non avendo il COGNOME provveduto alla redazione del rogito, essendosi limitato alla predisposizione di una minuta), e non ad attività solo prodromiche alla sua prestazione, mancando la quale, dunque, nessuna responsabilità può farsi valere »;
orbene, a fronte di tale ragionamento, l’intera argomentazione dei ricorrenti si risolve nel prospettare un erroneo apprezzamento dei presupposti di insorgenza della responsabilità professionale del notaio, sussistenti – secondo la tesi dei ricorrenti – anche con riferimento ad attività svolte dal notaio esulanti dalle sue prestazioni tipiche;
si tratta, come evidente, di valutazioni di natura propriamente ed esclusivamente giuridica, esito cioè non della inesatta percezione di
fatti risultanti ex actis ed insuscettibili di diversa valutazione, bensì dell’attività di sussunzione della concreta vicenda nell’àmbito di fattispecie giuridiche astratte: sicché il ricorso in vaglio si concreta nella denuncia di un error iuris (peraltro, nemmeno configurabile, per la correttezza della tesi in diritto sviluppata) , non di un error facti;
il ricorso per revocazione è pertanto inammissibile;
l’inammissibilità della istanza di revocazione assorbe il vaglio sulla questione rescissoria illustrata in ricorso;
non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio per revocazione, non avendo in esso le parti intimate svolto difese;
attesa l’inammissibilità dell’impugnazione , va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dell ‘ art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione