Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17506 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17506 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25670/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME questi ultimi tre nella qualità di eredi legittimi di NOME COGNOME (deceduto in data 3 maggio 2017), tutti rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale come per legge
-ricorrenti -contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, MINISTERO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
avverso l ‘ ordinanza della Corte Suprema di cassazione n. 8096/2022, pubblicata in data 14 marzo 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 maggio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME queste ultimi tre nella qualità di eredi legittimi di NOME COGNOME propongono, sulla base di un unico articolato motivo, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ricorso per revocazione ex art. 391bis cod. proc. civ. avverso l ‘ ordinanza di questa Corte n. 8096/2022.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Questi i fatti delle precedenti fasi del giudizio, come esposti nella ordinanza oggetto di istanza di revocazione.
2.1. Con atto di citazione notificato il 3 aprile 2019 varie centinaia di medici convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero della Salute, esponendo che, durante il periodo di specializzazione, non avevano percepito remunerazione da
parte della scuola e che, sebbene le direttive comunitarie n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, così come modificate dalla Direttiva 82/76/CEE, avessero imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione, l’Italia aveva ad esse dato tardiva e parziale attuazione solo con la legge 8.8.1991 n. 257. Chiesero, pertanto, la condanna delle Amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto.
2.2. Nel giudizio intervennero volontariamente, con un unico atto, unitamente ad altro gruppo di medici, anche NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME queste ultimi tre nella qualità di eredi legittimi di NOME COGNOME che formularono le medesime conclusioni.
Il Tribunale di Roma rigettò la domanda, ritenendo prescritto il diritto azionato dagli attori e dagli intervenuti.
2.3. La Corte d’appello di Roma, disattesa l’eccezione di prescrizione, accolse il gravame dei soli appellanti che avevano frequentato una scuola di specializzazione a far data dall’anno accademico 1983/1984 e che avevano conseguito la specializzazione in una delle materie contemplate dagli artt. 5 o 7 della Direttiva n. 75/362.
2.4. Avverso tale sentenza sono state proposte plurime impugnazioni, autonome e separate, e precisamente, per quel che rileva in questa sede, dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (ricorso principale) e, tra gli altri, dagli odierni ricorrenti, con ricorso successivo (incidentale) – iscritto al n.r.g. 7363-2018 – fondato su tre motivi.
2.5. Con la ordinanza n. 8096 del del 2022 qui impugnata, per quel che rileva in questa sede, questa Corte, previa riunione del
ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a quello proposto dagli odierni ricorrenti avverso la medesima sentenza d’appello n. 4898/2017, ha accolto il primo, dichiarando, per l’effetto, l’intervenuta prescrizione dei diritti fatti valere da coloro contro i quali il ricorso risultava proposto che avessero rivestito la qualifica di interventori nel giudizio di primo grado, con assorbimento del ricorso proposto dagli odierni ricorrenti.
Il ricorso ex art. 391bis cod. proc. civ. è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. cod. proc civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti denunciano, ai fini della revocazione, un errore di fatto consistito nell’avere questa Corte di cassazione omesso di menzionarli, nella intestazione e nella parte motiva dell’ordinanza in questa sede impugnata, tra i soggetti contro i quali risultava proposto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, sotto altro profilo, nell’avere omesso qualsiasi verifica sulla ritualità dell’instaurazione del rapporto processuale.
Precisano che l’omessa valutazione della rituale instaurazione del contraddittorio scaturisce dal fatto che la Corte ha rilevato che ‹‹ il ricorso principale era stato notificato dall’Avvocatura Generale dello Stato all’avv. NOME COGNOME quale difensore domiciliatario…›› (§ 2.5.1 dell’ordinanza impugnata), non avvedendosi dell’inequivoco contenuto della sentenza d’appello , dalla quale risultava che gli stessi ricorrenti erano, invece, stati rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Sostengono, al fine di sottolineare la rilevanza di tale duplice errore revocatorio, che la Corte, se non fosse incorsa nella denunciata ‘svista’, avrebbe dovuto valutare la ritualità della notificazione dell’atto nei loro confronti ed avrebbe potuto rilevare la inesistenza
della notificazione del ricorso principale, in quanto effettuata ad un soggetto ed in un luogo non avente alcuna connessione con i destinatari o, in alternativa, valutare come affetto da nullità il procedimento di notificazione e, per l’effetto, disporre, in presenza dei necessari presupposti, la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. Rappresentano, al riguardo che il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, pur includendo i ricorrenti fra i soggetti intimati, non era stato notificato presso il domicilio eletto dai procuratori costituiti in appello, bensì all’avv. NOME COGNOME che risultava invece difensore in secondo grado di altri soggetti intimati.
Lamentano, pertanto, che questa Corte con la ordinanza impugnata non avrebbe potuto dichiarare ‘assorbito’ il ricorso dagli stessi proposto in ragione dell’intervenuto accoglimento del ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che alla medesima conclusione dovrebbe pervenirsi anche alla luce della circostanza che la Presidenza del Consiglio dei Ministri si era a sua volta costituita, con apposito controricorso, nel giudizio promosso dagli odierni ricorrenti (iscritto al n. 7363/2018 r.g.) senza fare alcun cenno al ricorso principale già dalla stessa proposto avverso la medesima sentenza e senza far valere, mediante ricorso incidentale, l’intervenuta prescrizione dei diritti fatti valere.
Gli odierni ricorrenti censurano anzitutto l ‘ impugnata ordinanza dolendosi che, all’atto di elencare i soggetti destinatari del ricorso principale proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sia stato omesso un qualsiasi riferimento ai loro nominativi e da tanto deducono di non essere stati considerati quali parti processuali del giudizio.
2.1. È be n vero che nella intestazione dell’ordinanza impugnata e nella parte motiva manca un qualsiasi riferimento agli odierni
ricorrenti; ciò, tuttavia, non integra vizio revocatorio, ma mero errore materiale.
Tuttavia, secondo giurisprudenza costante di questa Corte, l’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 cod. proc. civ., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce (Cass., sez. 1, 23/05/2023, n. 14106; Cass., sez. 6 – 3, 18/07/2019, n. 19437 Cass., sez. 1, 25/09/2017, n. 22275; Cass., sez. 3, 28/09/2012, n. 16535; Cass., sez. L, 26/03/2010, n. 7343; Cass., sez. 3, 24/05/2003, n. 8242).
2.2. Una tale situazione di incertezza, nel caso in esame, è certamente da escludere, dal momento che, oltre ad essere indicati nella intestazione della ordinanza quali soggetti che hanno proposto, avverso la medesima sentenza d’appello, ricorso notificato in data successiva a quello principale, poi a questo riunito e trattato alla medesima udienza, la posizione degli odierni ricorrenti è stata presa in considerazione nella ordinanza impugnata proprio per le considerazioni che questa Corte ha compiuto allorché ha giudicato il ricorso dagli stessi autonomamente proposto (iscritto al n. 7363/2018 r.g.). Difatti, a pag . 47 della motivazione dell’ordinanza, al paragrafo 10), dedicato all’esame del ‘ricorso proposto da NOME ed altri’, questa Corte, nel precisare che anch’essi, nel primo grado del presente giudizio, hanno avuto la veste di interventori volontari, ha espressamente ritenuto assorbito il loro ricorso per effetto
dell’accoglimento del ricorso principale proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in tal modo considerandoli quali soggetti nei cui confronti tale ultimo ricorso era stato rivolto e parti del distinto giudizio iscritto al n. 25808/17 r.g. e, come tali, quali destinatari della statuizione di accoglimento della eccezione di prescrizione sollevata con il ricorso principale.
L’omessa indicazione dei nomi dei ricorrenti nell’intestazione della sentenza, non generando incertezza circa i soggetti ai quali si riferisce la decisione, assurge a mera irregolarità emendabile con la procedura di correzione prevista dagli arti 287 e 288 cod. proc. civ., emergendo dal contesto della decisione e dagli atti processuali che le parti pretermesse sono inequivocamente individuabili, ciò che rende possibile stabilire che la pronuncia è stata emessa anche nei loro confronti (v. Cass., sez. 3, 05/07/2001, n. 9077; Cass., sez. L, 27/08/2002, n. 12577).
Essendo dunque questa Corte incorsa in un mero errore di redazione del documento cartaceo, e non già in un errore sulla formazione del giudizio di fatto contenuto nella decisione, il ricorso, benché denominato e strutturato come ricorso per revocazione, va qualificato, sotto tale profilo, come ricorso per la correzione di errore materiale.
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di porre in rilievo (Cass., sez. U, 14/04/2022, n. 12210), mentre il ricorso per correzione di errore materiale non può essere convertito in ricorso per revocazione, in quanto con questo ricorso si assume l’erroneità del deciso per effetto di un’errata percezione delle risultanze di fatto (Cass., sez. 1, 17/01/2003, n. 657), con la conseguente necessità di un’impugnazione, non vale il contrario, proprio perché la correzione di errore materiale implica l’esattezza della decisione, nonostante l’erroneità dell’indicazione dei dati documentali.
Ritenuta la sussistenza dell’errore materiale denunciato, va, dunque, disposta, in parte qua , la correzione dell’ordinanza impugnata nei seguenti termini: nell’epigrafe dell’ordinanza, le parole ‹‹COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati a Roma, v. INDIRIZZO (c/o avv. COGNOME), difesi dall’avv. NOME COGNOME, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso -ricorrenti -››, vengano sostituite con le parole ‹‹controricorrenti al ricorso principale e ricorrenti incidentali››. Inalterato il resto.
Inammissibile è, invece, il motivo revocatorio sotto l’altro profilo dedotto, con il quale i ricorrenti ascrivono all’ordinanza gravata l’ errata percezione della circostanza che il ricorso era stato notificato a tutte le parti intimate presso il procuratore costituito nel grado di appello, avv. COGNOME mentre ciò non era avvenuto nei loro confronti, posto che in secondo grado erano rappresentati da diverso procuratore, e precisamente dall’avv. NOME COGNOME
La revocazione della sentenza di cassazione è consentita per vizi del procedimento di cui non si sia tenuto conto per un errore di fatto, ovvero per un errore percettivo che può riguardare anche l’esame degli atti dello stesso processo di cassazione (fra le tante, Cass., sez. 2, 04/01/2006, n. 24). Affinché sia ammissibile il ricorso per revocazione è necessario che la valutazione di corretta instaurazione del rapporto processuale, che è quanto corrisponde al caso di specie, sia inficiata non da un errore di diritto, per avere considerato valida una notificazione altrimenti invalida, ma da un errore di fatto, rilevante quale errore percettivo per avere il giudice supposto esistente un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa e viceversa, secondo quanto chiaramente espresso dall’art. 395, primo
comma, n. 4, cod. proc. civ.
3.1. In tale quadro è stato affermato che nel caso in cui venga denunciato che la Corte Suprema di Cassazione non si sia avveduta della nullità della notificazione del ricorso, perché effettuata presso l’Avvocatura distrettuale e non presso l’Avvocatura generale dello Stato, ciò che viene in rilievo è non già la percezione di un fatto inesistente, affermato come esistente, ma unicamente il mancato apprezzamento in termini di nullità della notificazione del ricorso e dunque la denuncia di un errore di giudizio (Cass., sez. 6 – 2, 15/11/2013, n. 25654). È stato ritenuto inammissibile il ricorso per revocazione proposto sull’assunto che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto validi l’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi a sé e la relativa notificazione, trattandosi di prospettato errore di diritto e non di fatto (Cass., n. 24/06, cit.); si è anche affermato che non integra un errore di fatto ex art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. l’omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell’atto di impugnazione sotto il profilo del luogo in cui è stata eseguita (Cass., sez. 5, 20/12/2016, n. 26278). È stata, inoltre, ritenuta inammissibile la domanda di revocazione della sentenza emessa a conclusione di giudizio in cui l’avviso di udienza sia stato notificato presso la cancelleria, e non all’avvocato domiciliatario, trasferito altrove, quando risulti che questi non aveva comunicato in cancelleria il mutamento di indirizzo dello studio, non assumendo alcun rilievo la conoscenza del nuovo indirizzo, che l’ufficiale giudiziario abbia potuto acquisire in qualsiasi modo (Cass., sez. 1, 31/08/2005, n. 17593).
3.2. Determinante ai fini dell’esistenza dell’errore revocatorio è che vi sia stata un’attività percettiva da parte del giudice, la quale si sia tradotta nel supporre esistente un fatto la cui esistenza sia incontrovertibilmente esclusa dagli atti.
Si è già avuto modo di chiarire (Cass., sez. 1, 21/07/2010, n. 17110) la differenza fra il supporre (erroneamente) l’esistenza del fatto e l’omessa (attività) di valutazione: «la viziata percezione, la supposizione errata della sussistenza o insussistenza del fatto, dovrà necessariamente essere espressa e mai implicita, posto che in tal caso sussisterebbe piuttosto vizio di motivazione, di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. In tal senso, ove l’errore del giudice non sia frutto di un’errata supposizione, direttamente desumibile dagli atti e documenti di causa, circa la sussistenza di un fatto decisivo e non contestato, ma di un’omessa percezione di tale fatto, essa non potrà integrare gli estremi dell’errore revocatorio, ricadendo, al contrario, nell’ambito di un’omessa valutazione dei fatti di causa, che sarebbe censurabile ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ., se si riferisse a fatti sostanziali, ovvero ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., ove si trattasse di omesso esame di fatti processuali ›› .
In continuità a tale impostazione si è precisato (in termini significativi per la presente fattispecie) che l’implicita declaratoria di rituale instaurazione del contraddittorio – che questa Corte deve effettuare ex officio – non costituisce errore di percezione tale da configurare un vizio revocatorio (Cass., sez. L, 13/02/2019, n. 4235).
Deve, al contrario, considerarsi affetta da errore di fatto revocatorio la decisione della Corte di cassazione che si fondi sull’asserita mancanza della notifica del ricorso per cassazione ove questa invece risulti dagli atti (Cass., sez. L, 10/07/2015, n. 14420), o ancora la decisione in cui il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile il gravame sull’erroneo presupposto della non corretta notifica del suo atto introduttivo (Cass., sez. 6 – 5, 14/11/2016, n. 23173); costituisce errore revocatorio anche l’erronea individuazione della data di notifica dell’atto (Cass., sez. 2, 30/01/2019, n. 2712). In tutti questi ultimi casi emerge, infatti, un’attività percettiva, la
quale si è tradotta nella positiva supposizione in motivazione di un fatto, incontrovertibilmente contraddetta dagli atti, e non la mera difformità a diritto della decisione.
3.3. Nel caso de quo , il motivo di revocazione in esame non denuncia l’esistenza di un’erronea supposizione che sarebbe stata compiuta dalla Corte e che si sarebbe manifestata nella motivazione, ma la mera circostanza della mancata notifica del ricorso al difensore nella persona dell’avv. NOME COGNOME e tale fatto processuale viene nel motivo qualificato come vizio integrante la violazione dell’art. 330 cod. proc. civ.
Ciò che quindi si denuncia è la mera irritualità della notificazione. A quest’ultimo proposito i ricorrenti si limitano ad affermare che il ricorso era stato notificato a tutte le altre parti presso il procuratore costituito nel grado di appello, mentre ciò non era avvenuto nei loro confronti, ma così facendo si ribadisce il fatto processuale della mancata notifica alla persona del procuratore, senza denunciare una specifica supposizione che sia stata espressione di un errore di percezione degli atti processuali.
Peraltro, la mera mancanza di disamina della questione, integrando una omissione e non un’attività percettiva (sia pure erronea), è suscettibile di configurare astrattamente una violazione processuale, ma non l’errore revocatorio, che implica la positiva (ed erronea) supposizione di un fatto (in tal senso, Cass., sez. 3, 04/05/2023, n. 11691; Cass., sez. 3, 26/05/2021, n. 14610; Cass., sez. 3, 29/03/2022, n. 10040, in tema di erroneo accertamento di un giudicato interno).
Le parti ricorrenti confondono, in definitiva, l’effetto giuridico (in termini di invalidità per la asserita violazione processuale) con l’attività del giudice, la quale comporta una percezione e la relativa supposizione, come recita l’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc.
civ. Ne segue che quello che si addebita a ll’ordinanza impugnata n on integra un errore di fatto, bensì solo un error in iure , come tale non deducibile ai sensi dell ‘ art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all ‘ art. 391bis cod. proc. civ., anche laddove si sostiene che la Corte, a fronte della non rituale notificazione del ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, non avrebbe potuto dichiarare ‘assorbito’ il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti.
Tanto determina, sotto il secondo profilo denunciato, l ‘ inammissibilità del ricorso per revocazione.
Non v’è luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svoto attività difensiva.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione. Dispone che n ell’epigrafe dell’ordinanza Cass. n. 8096/2022 le parole ‹‹ COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, COGNOME Giovanni, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati a Roma, INDIRIZZOINDIRIZZO INDIRIZZO (c/o avv.