Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13128 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13128 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/05/2025
della Corte di cassazione ex art.391- bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 13/02/2025 CC Cron. R.G.N. 20605/2023
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20605/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa da sé medesima, ex art.86 cod. proc. civ., con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
nei confronti di
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore pro tempore ; rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato , con domiciliazione digitale ex lege ;
-resistente con procura-
per la revocazione dell’ordinanza n. 9571/2023 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, depositata il 7 aprile 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME con separati atti, impugnò davanti al Tribunale di Firenze due cartelle esattorial i, emesse l’una per il mancato pagamento della tassa di registro , l’altra per il mancato pagamento della tassa sui rifiuti.
il Tribunale adìto, con sentenza n. 2634/2016, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice tributario per la prima cartella; la medesima statuizione emise, con sentenza n. 2633/2016, in ordine all ‘impugnativa della seconda cartella.
NOME COGNOME appellò entrambi i provvedimenti dinanzi alla Corte d’appello di Firenze, la quale, con sentenza del 5 ottobre 2021, respinse l’impugnazione .
I l ricorso per cassazione proposto dall’appellante soccombente avverso quest ‘ultima decisione è stato rigettato da questa Corte di legittimità con ordinanza 7 aprile 2023, n. 9571.
NOME COGNOME ricorre ora per la revocazione dell’ordinanza n. 9571 del 2023 di questa Corte.
L’ Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine della partecipazione all’ eventuale udienza di discussione della causa, ai sensi dell’art.370 , primo comma, cod. proc. civ..
I n seguito all’abrogazione del disposto di cui all’art.391 -bis , quarto comma, cod. proc. civ. -ed avuto riguardo alla nuova formulazione dell’art. 375 cod. proc. civ. (che prevede la pubblica udienza nei casi di revocazione di cui all’art. 391quater cod. proc. civ., ma non anche nei casi di cui al precedente art. 391bis ) -la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
La ricorrente ha depositato memoria, unitamente ad alcune « istanze di incostituzionalità ».
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vanno dichiarate inammissibili per irrilevanza -prima ancora che rigettate per manifesta infondatezza -le istanze, depositate con la memoria illustrativa, contenenti generiche questioni di legittimità costituzionale
riferite ad interi corpora normativi, quali il «R.D. 1443/1940 ‘ Codice di procedura civile ‘» , nella sua interezza e con particolare riguardo all’art. 82, terzo comma, cod. proc. civ., all’art. 365 cod. proc. civ., all ‘ art. 163, terzo comma, n.7 cod. proc. civ. e all’art. 5 cod. proc. civ.; il «Dlgvo 545/1992 ‘Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413′ art. 1 e ss», il «Dlgvo 546/1992 art.1 e ss», l’ « art. 30 L. 413/1991 ‘ Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 ‘ », la «L. 9 ottobre 1971 n. 825 ‘ Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria’ ».
Passando ora al ricorso per revocazione dell’ordinanza n. 9571/2023 di questa Corte, esso va dichiarato inammissibile per diverse ragioni.
2.1. Una prima ragione di inammissibilità discende direttamente dalla circostanza posta in evidenza dalla stessa ricorrente (avvocato che si difende da sé medesimo ai sensi dell’art. 86 cod. proc. civ.) in apertura dell’atto, ovverosia la circostanza di non essere iscritta ne ll’albo speciale degli abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.
Tale circostanza implica l’inammissibilità del ricorso avuto riguardo alla normativa contenuta nel codice di rito che impone, in questa sede di legittimità, la rappresentanza e difesa ad opera di un avvocato iscritto al suddetto albo speciale (art. 66, terzo comma, R.D. n. 37 del 1934).
Come è già stato evidenziato da questa Corte, nel suo massimo consesso, viene infatti in considerazione un requisito previsto dal legislatore nel conformare il corretto esercizio del diritto di difesa tecnica nel grado di legittimità cui si giunga all’esito dell’esperimento delle fasi di merito , senza porre precl usioni od ostacoli irragionevoli all’accesso alla giustizia , diversamente da quanto sembra ipotizzare la ricorrente prospettando questioni di costituzionalità di cui si è già rilevata la manifesta infondatezza, atteso che non ne risulta alcun
impedimento ingiustificatamente oneroso così come non lo è per i soggetti che non svolgono la professione forense (Cass., Sez. Un., 2/12/2024, n. 30777).
2.2. Una seconda ragione di inammissibilità discende dalla circostanza che nel corpo del ricorso vengono disordinatamente e disorganicamente affastellate lunghissime digressioni storiche e deduzioni difensive ai limiti della decifrabilità, la cui non piana lettura inibisce la compiuta ricostruzione dei fatti della causa, con conseguente manifesta violazione della prescrizione dettata dall’art. 366 n. 3 cod. proc. civ. (cfr., in tema di revocazione, Cass., Sez. Un., 6/07/2015, n. 13863).
2.3. Una terza ragione di inammissibilità discende dall ‘esito della faticosa ricostruzione del significato e della portata dei motivi di ricorso per revocazione -peraltro, di non perspicua intelligibilità e che a stento e con insuperabile incertezza possono essere discreti tra le lunghissime digressioni e deduzioni di cui sopra si è detto -con i quali la ricorrente assume che l’ordinanza n. 9571 del 2023 di questa Corte sarebbe affetta da diversi errori di fatto, ai sensi degli artt.391bis e 395 n.4 cod. proc. civ..
2.3.1. Un primo errore (denunciato alla pag.41, lett. C, del ricorso per revocazione) sarebbe consistito nel supporre, da un lato, che la descrizione del fatto fosse relegata in una dozzina di righe (ovverosia ai punti A2 e A4 del ricorso per cassazione: v. pag. 3 dell’ordinanza ordinanza impugnata), mentre esso sarebbe stato descritto anche nel punto A9 del ricorso e poi nel punto A10 del ricorso con le riportate istanze di incostituzionalità, e dall’altro lato, nel supporre che la lamentata nullità del Testo Unico sulla imposta di registro fosse, come affermato dalla ordinanza impugnata, una ‘ illustrazione del quadro normativo in tema di riscossione, imposta di registro, delega legislativa in tema di riforma tributaria ‘ (pag. 41 del ricorso per revocazione).
Un secondo errore (denunciato alla lett. D) sarebbe consistito nel ritenere che i motivi/cause di doglianza fossero illustrati dalla pag. 37 alla pag. 39 del ricorso per cassazione (pag. 3 dell’ordinanza impugnata), mentre essi ci sarebbero stati «sino a pag. 56» (pag. 41 del ricorso per revocazione).
Un terzo errore (denunciato con la lettera E) sarebbe ravvisabile nella seguente affermazione della ordinanza impugnata: ‘ la ricorrente sostiene che, nella specie, la giurisdizione sarebbe del giudice ordinario, ponendo il ricorso, tra l’altro, dubbi di costituzionalità sui decreti legislativi nn. 545 e 546 del 1992 e sul d.P.R. n. 636 del 1972 e sul regio decreto n. 639 del 1910 …’ (pag. 3 dell’ ordinanza impugnata); si tratterebbe di un «errore di lettura/fatto poiché non è vero non rivelato incostituzionalità del r.d. 639/1910, per il resto sì come anche nelle istanze qui a parte» (pag. 41 del ricorso per revocazione).
Un quarto errore (denunciato alle lettere F e G) sarebbe consistito nell’aver indicato i precedenti ‘ Cass. n. 2432 del 2003; n. 8476 del 2001 ‘ (pag. 4 dell’ordinanza impugnata) che non si applicherebbero «qui» (pag. 41 del ricorso per revocazione), applicandosi, viceversa, «le leggi sopra riportate come sopra dedotto ex artt. 360-366 -art. 121 c.p.c. e il mio atto contiene oltremodo tutte le fattispecie e potete fermarvi a pag. 5 ex art. 156 c. III -Art. 159 c.p.c.», nonché per aver indicato i precedenti ‘C ass. n. 2097 del 2007; n. 11501 del 2006 ‘ (pag. 4 dell’ordinanza impugnata) .
Un quinto errore (denunciato alla lettera H) sarebbe quello di aver ritenuto «privi dei necessari riferimenti alla motivazione del provvedimento impugnato -sia la generica denuncia di ‘violazione dell’art. 360 n. 1 -3-4-5 cpc ‘» (pag. 4 dell’ordinanza impugnata) ; si tratterebbe di un errore di lettura, perché la Corte «ha sbagliato a leggere, come si evince dai punti sopra riportati che qui solo per fare un es. si riportano nuovamente in ulteriore stralcio; ‘2) la sentenza altresì è in violazione e falsa applicazione dell’ar t. 183 c. VI c.p.c. ex art. 359 c.p.c. poiché questa difesa come si evince sempre dalla trattazione di udienza 5.10.2021’; ‘2) Chiedo termini ex art. 183 c. VI c.p.c. ex art. 359 c.p.c.’ » (pag. 42 del ricorso per revocazione).
Un sesto errore (denunciato alle lettere I, L e M) sarebbe ravvisabile, in primo luogo, in quanto statuito dalla Corte d’appello che avrebbe supposto che l’appellante, odierna ricorrente , non avrebbe riportato « l’iter logico giuridico sulla base del quale in prime cure era stato rilevato il difetto di
giurisdizione/competenza dell’A.g.o. in favore di quella della Commissione tributaria provinciale (pag. 5 dell’ordinanza impugnata)»; il giudice avrebbe sbagliato a leggere, dal momento che « non l’ho riportato perché non c’era, materia tributaria CT per il g.o. Mentre la comparente ha come dispongono le norme ex art. 360-366 c.p.c. portanto le norme che invece comportano il g.o.» ; in secondo luogo, l’errore sarebbe evidenziato dal fatto che la ricorrente ha riportato stralci della decisione d’appello impugnata, «Come attestato dal quasi integrale ricorso in cassaz. ‘dell’art. 366 cod. proc. civ.’ »; infine, il fatto che «non consente la precisa individuazione dell’oggetto di impugnazione» si risolverebbe in un errore di lettura, essendo la impugnazione allegata in atti (pag. 43 del ricorso per revocazione).
In sintesi, per quanto si riesce a comprendere, la ricorrente lamenta che con l’ordinanza impugnata si sia commesso più di un «errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio» e che tale errore sia stato «aggravato dal raffronto dichiarato dalla stessa cassaz. del mio atto con illecite norme non di ‘leggi’ ex art. 1 art. 2 ‘disposizioni sulla legge in generale’ mentre come visto la materia anche delle forme , dell’inte rpretazione e della nullità degli atti di parte è regolata interamente dalle ‘leggi’ (cit.) a cui i giudici sono sog getti ex art. 101 c. II Cost. -art. 3-4 ‘disposizioni sulla legge in generale’ art. 5 l. 2248/1865 all. e) -art. 113 c. I c.p.c. -art. 10 bis l. 241/1990 -art. 111 c. 1 Cost. -XVIII disp. Trans. e finale ult. c.» (pag. 44 del ricorso per revocazione).
Le illustrate censure, nei limiti in cui è possibile ricostruirne -peraltro, come detto, con insuperabile incertezza -il significato, sono inammissibili, oltre che per le ragioni già enunciate, in quanto non denunciano errori di fatto sindacabili con il rimedio revocatorio.
2.3.2. Ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art.395 n.4 cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) deve consistere non in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o
l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere caratter e autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass. 18/02/2014, n. 3820);
il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019,
n. 26890; Cass. 4/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 8/06/2018, n. 14929);
sotto quest’ultimo profilo, va rilevato che nella nozione di punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare rientra non solo il fatto che è stato controverso in ragione di un effettivo dibattito fra le parti, ma anche quello che, introdotto da una parte per mezzo di un atto difensivo, è divenuto per ciò solo controvertibile, così da formare comunque oggetto, implicito o esplicito, della successiva pronuncia con cui il giudice ha definito il processo; invero, un qualsiasi punto (anche se concerne una questione rilevabile d’ufficio) -una volta che sulla base di poteri esercitabili dalla parte (come la presentazione di una memoria) o dal giudice (nel corso dell’ordinaria direzione del processo o nell’esercizio dei suoi poteri di controllo offici osi) è divenuto oggetto potenziale, per la sua stessa prospettazione, di dibattito processuale e, dunque, di decisione -diviene per ciò stesso un punto controverso tra le parti (Cass. 15/03/2023, n. 7435);
f) movendo da tale configurazione dell’errore revocatorio, questa Corte ha, sin da epoca ormai risalente, affermato -e in tempi più recenti reiteratamente ribadito -che, non solo, ovviamente, non rientra nella previsione dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., il vizio che, nascendo da una falsa percezione di norme giuridiche, integri gli estremi dell’ error iuris , sia che attenga ad obliterazione delle norme m edesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia che si concreti nella distorsione della loro effettiva portata, riconducibile all’ipotesi della violazione (Cass. 21/02/2020, n. 4584; Cass. 29/12/2011, n. 29922); ma neppure sussiste errore di fatto revocatorio quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata interpretazione dei motivi del ricorso o di una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n. 7064/2022; Cass. n. 13915/2005; Cass. n. 14608/2007; Cass. n. 20635/2017; Cass. n. 10179/2020; Cass. n. 10040/2022);
pertanto, non è configurabile un errore revocatorio né nel giudizio espresso dalla sentenza di legittimità in ordine alla violazione dei principi di autosufficienza, di tassatività e specificità che devono caratterizzare i motivi di ricorso per cassazione (Cass. 31/08/2017, n. 20635, cit. ; Cass. 12/10/2022, n. 29750; Cass. 13/05/2024, n. 13109), né nella pronuncia che abbia omesso l’esame di alcune delle argomentazioni svolte nei motivi di ricorso, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cas., Sez. Un., n. 31032 del 2019).
2.3.3. Nel caso in esame, alla stregua delle stesse allegazioni della ricorrente, nessuno dei presunti errori denunciati rientra nel paradigma della svista revocatoria.
È infatti agevole rilevare che, dietro lo schermo dell ‘ errore revocatorio, i motivi di revocazione dissimulano, per un verso, una critica all ‘ interpretazione che la pronuncia impugnata ha dato dei principi di autosufficienza, chiarezza espositiva, tassatività e specificità del ricorso per cassazione e all ‘ applicazione che ne ha fatto nel caso concreto, in particolare per aver ritenuto non perspicuo sia il ricorso sia la portata delle censure con esso articolate nei confronti della sentenza impugnata; per al tro verso, una censura all’interpretazione resa dalla Corte dell’ oggetto del ricorso che era chiamata a delibare e dei motivi con esso proposti e, quindi, la denuncia di un errore di giudizio.
Consimili doglianze non possono trovare ingresso in questa sede, deputata a porre rimedio ai soli errori di fatto.
Ne discende una ulteriore ragione di (manifesta) inammissibilità del ricorso per revocazione.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, atteso che l’ intimata Agenzia delle Entrate non ha risposto al ricorso con controricorso, ma si è limitata a depositare atto di costituzione in vista dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
4. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competete ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile in data 13