Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 26/06/2024
REVOCAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
NOMECOGNOME NOME, nella qualità di titolare dell’omonima ditta, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su separato foglio allegato materialmente al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL;
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME, nella qualità di erede del padre COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su separato foglio allegato materialmente al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL;
– controricorrente –
e
COGNOME NOME; – intimato –
avverso l’ordinanza della Corte di cassazione Sesta Sezione civile2, n. 5286/2023 (pubblicata il 20 febbraio 2023);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la memoria depositata dal ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 1534/2021, con la quale era stata accolto parzialmente il gravame formulato da COGNOME NOME, con la conseguente revoca del decreto ingiuntivo emesso per crediti derivanti dall’esecuzione di lavori edili su un terreno di proprietà dell’appellante.
Decidendo su tale ricorso nella resistenza degli intimati NOME e NOME COGNOME, quali eredi di COGNOME NOME (nelle more deceduto), la Sezione VI-2 di questa Corte, con ordinanza n. 5286/2023 (pubblicata il 20 febbraio 2023), lo rigettava, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Avverso l’indicata ordinanza della Corte di cassazione COGNOME NOME ha proposto ricorso per revocazione basato su due motivi, resistito con controricorso dal solo intimato COGNOME NOME.
Il difensore del ricorrente ha anche depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo proposto, il ricorrente dopo aver ricostruito e rievocato i precedenti gradi di merito ed evidenziato il contenuto dell’ordinanza di questa Corte emessa a seguito del ricorso avanzato avverso la sentenza di appello della Corte di appello di Palermo n. 1534/2021 -ha impugnato per revocazione, in relazione all’art. 395, n. 4, c.p.c., la suddetta ordinanza di questa Corte n. 5286/2923.
Il COGNOME ha denunciato che quest’ultima ordinanza sarebbe affetta dal dedotto vizio revocatorio perché ‘adottata sulla base della supposta inesistenza di un fatto, ovvero che la Corte di appello di Palermo avesse escluso la sussistenza della prova della effettiva esecuzione dei lavori oggetto del decreto ingiuntivo opposto, positivamente acquisito nella realtà del processo’.
In particolare, il ricorrente ha inteso sostenere che la suddetta ordinanza della Corte di cassazione costituirebbe la conseguenza di un errore di fatto risultante dalla stessa sentenza di appello oltre che dal verbale del Tribunale di Termini Imerese di assunzione delle prove testimoniali dell’11 novembre 2015 e delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME.
In altri termini, se la Corte di cassazione -con l’ordinanza qui impugnata -avesse percepito che c’era la prova dell’effettiva realizzazione dei lavori avrebbe ritenuto decisive le affermazioni di COGNOME NOME relative all’entità del credito. Ne sarebbe derivato ad avviso del ricorrente -che l’ordinanza oggetto di revocazione era stata fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità era incontrastabilmente esclusa dalla sentenza n. 1534/2021 della Corte di appello di Palermo, oltre che dagli atti e documenti processuali contenuti nel giudizio di primo e secondo grado.
2. Il motivo è all’evidenza inammissibile non vertendosi nell’ipotesi del denunciato vizio ricondotto al n. 4 dell’art. 395 c.p.c., poiché con lo stesso si tende, in effetti, a sollecitare una rivalutazione dei motivi posti a fondamento del precedente ricorso per cassazione definito con l’ordinanza qui impugnata avuto riguardo al riapprezzamento delle deduzioni prospettate con riferimento alle risultanze di merito acquisite e considerate dalla Corte di appello di Palermo, con la cui sentenza -pur facendosi riferimento alla conseguente mancata prova dell’entità del corrispettivo dovuto -era stata esclusa, ancor prima, la prova dell’effettività della realizzazione dei lavori (laddove si era posto riguardo alla mancata specificazione di quantità, materiali, manodopera e tempo occorso).
E’, quindi, evidente che, tutt’al più, con il formulato ricorso per revocazione si è inteso denunciare un supposto errore nell’attività di giudizio (quindi di tipo valutativo ma non percettivo) compiuta con l’ordinanza impugnata, ma non si ricade certamente in un caso di vizio revocatorio ex art. 360, n. 5, c.p.c.
La giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 10466/2011, Cass. n. 3760/2018 e Cass. SU n. 31032/2019) è, infatti, consolidata nell’affermare che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, configurabile solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo, non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perché in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni svolte, il proposto ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Per effetto della sua soccombenza, il COGNOME va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, con distrazione in favore del difensore del controricorrente, AVV_NOTAIO, per dichiarato anticipo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P .R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano, in complessivi euro 2.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltra contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge, con distrazione in favore del difensore del controricorrente, AVV_NOTAIO.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della